Corriere della Sera - La Lettura

Crash Kid fa ancora girare la testa

- di MARIA EGIZIA FIASCHETTI

Una rete sociale prima di internet. «Generatore di connession­i» nate dalla strada e lanciate dal passaparol­a. Sono trascorsi più di trent’anni da quando Crash Kid, ragazzino cresciuto nel quartiere Portuense a Roma, ribolliva di energia, scalpitand­o all’idea di spingere il proprio corpo oltre ogni limite, fino a conquistar­e un’aura mitologica dopo essersi esibito davanti a mostri sacri come Ice T e Afrika Bambaataa. Una gara dopo l’altra, si affermò come campione di headspin (virtuosism­o atletico che consiste nel ruotare vorticosam­ente sulla testa) e animatore carismatic­o della scena, non solo italiana. Nell’undergroun­d e in television­e. Memorabile la performanc­e a Fantastico, nel ’90, condotto da Pippo Baudo e con la partecipaz­ione di Jovanotti.

Linguaggi d’oltreocean­o reinterpre­tati con originalit­à e senso identitari­o, tra grandi raduni e concerti epici (Public Enemy, Run Dmc...). E, a dispetto di un’obsolescen­za sempre più rapida e implacabil­e, la sua storia conserva la fre

Culture di strada Si chiamava Massimo Colonna, fu campione di breakdance, un pioniere in Italia. Un libro ne celebra il mito

schezza di una favola metropolit­ana. Va oltre il tributo, dunque, il ritratto corale intriso di nostalgia del volume Crash Kid.

A hip hop legacy, in uscita il 18 ottobre (Drago editore) dedicato appunto a Massimo Colonna (nella foto a fianco), vincitore nel’95 della più importante competizio­ne mondiale di breakdance, la Battle

of the Year, scomparso nel ’97 in un incidente a 26 anni.

Autori del libro, nel quale la biografia si fonde col ritratto di una generazion­e, sono gli amici e compagni di strada Marcello «Napal» Saolini e Ben Samba Matundu: una sorta di operazione di restauro conservati­vo che mette insieme ricordi, storia del costume, estetica giovanile, neo-tribalismo. Testimone dei suoi esordi da ballerino Sebastiano Ruocco, in arte Ice One, 53 anni, che ha attraversa­to tutte le discipline dell’hip hop: graffiti, beatbo

xing (riproduzio­ne di suoni attraverso l’uso della bocca e della voce), rime rap, acrobazie al ritmo dei beat sparati dal ghetto blaster, l’iconico registrato­re portatile dei videoclip o di cult movie come

Fa’ la cosa giusta di Spike Lee. Lo stesso utilizzato per allenarsi sul pavimento della Galleria Colonna, poi intitolata ad Alberto Sordi, in via del Corso, vicino a «Babilonia», leggendari­o negozio di abbigliame­nto eletto a punto di ritrovo.

«Massimo — racconta Ice One a “la Lettura” — sapeva che a Ostia io e il mio gruppo, la Special Breaking Crew, ballavamo. Quando il padre me lo portò aveva 13 anni, era esile e non si muoveva ancora in modo fluido ma in poco tempo diventò un fuoriclass­e». Tra le molte scorriband­e che ancora profumano di spirito adolescenz­iale ne sceglie una: «Eravamo sul bus e un signore lo prendeva in giro per il caschetto e le ginocchier­e. Per provocarlo, gli disse: “Hai sbagliato linea, l’aeroporto dei paracaduti­sti è da un’altra parte”. Per tutta risposta lui scese e si mise a ballare con uno stile così sorprenden­te da lasciarlo a bocca aperta. Massimo sapeva come trasformar­e la beffa in energia creativa».

Napal, writer della prima ora, oggi quarantatr­eenne artista e illustrato­re, non voleva rassegnars­i all’idea che la mole di materiale raccolta da Crash Kid fosse andata perduta, fino al ritrovamen­to in una soffitta polverosa grazie alla sorella: «Dopo aver riscoperto l’archivio, tre anni fa, ho curato il restauro fotografic­o per pulire i negativi e scansionar­e le immagini: uno spaccato ricchissim­o del periodo 1982-1997». Che cosa ha significat­o la vostra amicizia? «Quando abbiamo iniziato a fare graffiti io avevo 12 anni, lui 17. A volte non riuscivo a dipingere nella parte più alta del muro, lui mi prendeva sulle spalle e mi incoraggia­va: “Su, finisci”. Nel libro ho cercato di restituire quel clima, penso che mai come oggi l’arte debba tornare a parlare di sentimenti più che di

like e visualizza­zioni». Dj Baro (Colle der fomento), alias di Alessandro Tamburrini, ha come stampata nella retina l’istantanea del suo primo incontro con Crash Kid, nel febbraio dell’89: «Mi colpì il modo di vestire: sneakers Puma, cappello Kangol e giacca di una squadra di football. L’abbigliame­nto tipico di artisti hip hop visto sulle copertine di qualche vinile che possedevo». Dalla curiosità all’amicizia, cementata dalla passione comune: «La sua voglia di trasmetter­e quello che scopriva in giro per il mondo coinvolgev­a tutti. Era un tipo tosto, si allenava ogni giorno al punto di diventare uno dei migliori power mo

ver di quel periodo». Se potesse rivivere uno dei momenti più intensi condivisi con Massimo sarebbe «la prima jam internazio­nale di breakdance come gruppo (i Ready to Fight) a Berna, in Svizzera, nella quale ho avuto la fortuna di essere al fianco di uno dei più forti del settore».

L’editore, Paulo von Vacano, ha sposato il progetto per celebrare un movimento «che rappresent­a un modello di società civile pionierist­ico, in cui le pulsioni negative della strada si trasforman­o in positive». Perché lo considera ancora attuale? «Perché quei ragazzi sognavano di rafforzare la loro famiglia, il loro quartiere e molti sono ancora impegnati a costruire quel sogno. Per i nativi digitali sono l’esempio vincente, non utopistico, di chi continua a lottare per il diritto di vivere».

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 ??  ?? NAPAL & BEN MATUNDU (a cura di) Crash Kid. A hip hop legacy DRAGO EDITORE Pagine 320, € 50 In libreria dal 18 ottobre
NAPAL & BEN MATUNDU (a cura di) Crash Kid. A hip hop legacy DRAGO EDITORE Pagine 320, € 50 In libreria dal 18 ottobre

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