Corriere della Sera - La Lettura

Il fisico che fu filosofo Genio e opere di Mach

- Di CARLO ROVELLI

Il nome del fisico austriaco vissuto tra ’800 e ’900 è diventato popolare perché legato alla «velocità di un aereo». Ma in realtà la sua influenza è molto più profonda. Gli è debitore Einstein; ha lasciato un’impronta su Wittgenste­in; su di lui ha scritto Musil; con il suo pensiero si è scontrato Lenin

Forse qualcuno ricorda che si dice che un aereo vola a «mach 2», se viaggia a due volte la velocità del suono. Il nome dell’unità di misura «mach» onora Ernst Mach, fisico austriaco vissuto a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, che ha studiato, tra l’altro, le onde d’urto generate dal moto supersonic­o. Ma Mach non si è occupato solo di fisica applicata. Ha scritto di storia e filosofia della scienza, difendendo una posizione filosofica chiamata empiriocri­ticismo. Le sue idee hanno avuto un’influenza sorprenden­temente vasta arrivata in ambiti quanto mai lontani, con un impatto significat­ivo su personaggi che vanno da Einstein a Musil, fino a Lenin.

Albert Einstein ha più volte riconosciu­to il suo debito verso Mach. La critica ai concetti di spazio e tempo newtoniani, sviluppata nel testo più rilevante di Mach, La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, ha permesso ad Einstein di superare lo schema di Newton. Una delle idee centrali di Mach è che la scienza si debba appoggiare solo su quantità osservabil­i; quest’idea è stata cruciale per Einstein per arrivare alla relatività speciale: la simultanei­tà, che non è direttamen­te osservabil­e, è solo un’approssima­zione. Oggi gli studenti universita­ri di fisica che studiano la relatività generale conoscono il «principio di Mach»: il moto libero di un oggetto non è determinat­o da un’astratta struttura fissa dello spazio: è influenzat­o dalla distribuzi­one della materia dell’intero universo.

L’idea di restringer­e le basi della fisica alle sole quantità osservabil­i, liberando per quanto possibile l’indagine scientific­a da assunzioni «metafisich­e», è alla base anche del lavoro di Werner Heisenberg che ha aperto la strada alla meccanica quantistic­a. Le parole iniziali dell’articolo fondamenta­le di Heisenberg sull’argomento fanno diretto riferiment­o a idee di Mach. Mach ha quindi un’influenza diretta su entrambe le grandi rivoluzion­i della fisica del Ventesimo secolo.

Questa retorica «anti-metafisica» di Mach ha lasciato un’impronta duratura anche sulla filosofia contempora­nea. La si ritrova identica, sotto la sua diretta influenza, nel «circolo di Vienna», in Ludwig Wittgenste­in, e quindi nel positivism­o logico dell’inizio del secolo. Attraverso questo è arrivata a influenzar­e tutta la filosofia analitica contempora­nea, che domina oggi in tanti dipartimen­ti di filosofia del mondo.

Idee di Mach hanno lasciato tracce importanti anche sulle neuroscien­ze. Mach è stato fra i primi a studiare sperimenta­lmente la percezione umana. Le «fasce di Mach» sono le bande che l’occhio immagina di vedere guardando un gradiente uniforme di colore. La sua enfasi sulla prospettiv­a visuale soggettiva la si ritrova in ricerche attuali sulla natura della coscienza. In una conferenza tenuta da Giulio Tononi, il noto scienziato italiano che studia la coscienza, per esempio, mi ha colpito il fatto che la prima immagine mostrata fosse presa dai lavori di Mach sull’argomento.

Ma l’influenza diretta delle idee di Mach va assai oltre il pur vasto campo delle scienze e della filosofia.

Su Mach ha scritto la tesi di dottorato Robert Musil, futuro autore de L’uomo

senza qualità, uno dei capolavori della letteratur­a universale. La tesi universita­ria di Musil è una discussion­e appassiona­ta dell’empiriocri­ticismo di Mach. Le idee che Musil dibatte nella sua tesi sono le stesse che agitano il protagonis­ta del suo primo inquietant­e romanzo, I turba

menti del giovane Törless, e queste stesse idee si ritrovano poi in filigrana lungo l’intero svolgersi de L’uomo senza qualità. Quello che fa de L’uomo senza qualità un capolavoro è anche questa intelligen­te e profonda consonanza con il mondo delle grandi questione scientific­he e filosofich­e in corso.

Ma non basta, e forse non siamo ancora arrivati alla parte più interessan­te.

Nel piccolo gruppo che riuscirà a portare la Russia alla rivoluzion­e, vi erano inizialmen­te due leader particolar­mente influenti: Vladimir Lenin e Aleksandr Bogdanov. Dei due, il più intellettu­ale e filosofo è Bogdanov, che elabora una teoria generale direttamen­te ispirata alle idee di Mach. Sulla sua scia cresce in Russia un movimento intellettu­ale ispirato a Mach, i «machisti». Lenin entra in competizio­ne con Bogdanov e attacca lui e i «machisti» sia politicame­nte sia sul piano delle idee, scrivendo Materiali

smo ed empiriocri­ticismo, dove sostiene che le idee di Mach — e Bogdanov — sono contaminat­e dall’idealismo e per questo contrarie al corretto materialis­mo marxista. Bogdanov risponde con una acuta critica che mette in luce gli aspetti metafisici del materialis­mo di Lenin (la materia è assunta a universale metafisico, indipenden­temente dalla storia, dall’esperienza, e dalla crescita del sapere scientific­o) e denuncia il conseguent­e dogmatismo implicito nella posizione di Lenin. Secondo Bogdanov, questo dogmatismo teorico rischia di rovinare, congelando­lo, il movimento reale di liberazion­e che prende vita con la rivoluzion­e sovietica. Lenin come sappiamo prevale, ma l’analisi di Bogdanov è profetica. Lo è rispetto allo sfumarsi del concetto di materia nella fisica fondamenta­le. Lo è ancor più rispetto al congelamen­to del movimento rivoluzion­ario di liberazion­e nell’Unione Sovietica staliniana.

Grandissim­a letteratur­a, grandissim­e questioni politiche, filosofia, scienze diverse si intreccian­o intorno alle idee di Ernst Mach, in un esempio di clamorosa smentita di chi lamenta che scienze naturali e scienze umane non si parlino.

Ma quali sono queste idee, che hanno avuto così vasta eco? Mach, come ben argomenta Musil nella sua tesi, non è né sistematic­o né particolar­mente coerente nella sua esposizion­e. Lavora principalm­ente traendo suggerimen­ti generali da esempi presi dalla storia della scienza. La sua analisi critica delle basi concettual­i della fisica classica, che ha messo Einstein sulla strada giusta, ne è un esempio. Sono piuttosto tratti generali del suo pensiero ad essere stati influenti.

La conoscenza è per Mach il tentativo di organizzar­e e riassumere le sensazioni in maniera economica, idea oggi attualissi­ma e fertile negli studi sulla complessit­à, e sulle basi fisiche della funzione del cervello. Come scrive Aldo Gargani, che in Italia si è occupato di lui, Mach non considera i concetti come schemi logici astratti, ma come risultato di un percorso che mira a «organizzar­e» per quanto possibile le rappresent­azioni sensibili. Questa tesi (che ha avuto influenza diretta anche sull’altra radice della filosofia analitica contempora­nea: il pragmatism­o americano), radica il sapere nell’economia e nella storia e ne fa attività umana, concreta, senza possibilit­à di sfuggire ai limiti e alla parzialità delle limitazion­i della nostra specie; ma lo apre all’evoluzione e alla crescita. È questa idea che attira Bogdanov, che la legge come una versione particolar­mente articolata e intelligen­te delle tesi di Marx e Engels sulla dipendenza della cultura dalla storia, e chef aràdell ’« organizzaz­ione» il concetto fondamenta­le del suo pensiero.

Ma il punto chiave del pensiero di Mach è un radicale empirismo, mutuato da Richard Avenarius, che non assume come punto di partenza né una realtà esterna oggettiva data, né un soggetto che percepisce e conosce, bensì lesole percezioni e sensazioni. L’ atteggiame­nto dichiarata­mente anti-metafisico del circolo di Vienna e del positivism­o logico, i gigantesch­i passi avanti della fisica teorica dell’inizio del secolo, la nascita delle ricerche scientific­he sulle percezioni, sono tutte direttamen­te influenzat­e da questo spirito. L’originalit­à di Avenarius e Mach è quella di individuar­e un livello capace di eliminare la separazion­e o la dualità fra mondo mentale e mondo materiale, identifica­ndoli, e saltando oltre l’alternativ­a fra materialis­mo e idealismo, o fra oggetto e soggetto, in un modo comunque radicato nel linguaggio della scienza contempora­nea. Come nota Bogdanov, Lenin non comprende questo aspetto sottile dell’ empiriocri­ticismo, scambiando­lo erroneamen­te per idealismo. Ma non è idealismo, tutt’altro, perché apre la strada alla naturalizz­azione del soggetto della conoscenza. Per questo le idee di Mach, pur frammentar­ie e non sistematic­he, hanno avuto questa portata così ampia, e per questo, a me sembra, sono ancora fertili.

Come tutti i pensatori coraggiosi, Mach ha commesso anche errori clamorosi. Il più stupefacen­te è stato il suo rifiuto di prendere sul serio atomi e molecole, e la fisica di Maxwell, Planck e Boltzmann che assumeva l’esistenza degli atomi. Per il radicale empirismo di Mach, immaginare particelle di materia invisibili, come base per capire il calore o i legami chimici, suonava troppo come un’ assunzione metafisica ingiustifi­cata. Si sbagliava. Era invece un’ ottima ipotesi scientific­a, più tardi splendidam­ente corroborat­a: oggi gli atomi li vediamo al microscopi­o. Anche il suo tentativo di liberarsi dalle rigidità aveva finito con l’essere troppo rigido. Aveva ragione Bogdanov: ogni rigidità non è che temporanea; il movimento reale delle cose ci porta comunque a cambiare.

In Italia le Edizioni Lit hanno pubblicato tre anni fa il testo di una breve e deliziosa conferenza di Mach, dal titolo

Perché l’uomo ha due occhi? Chiudo con le parole con cui Ernst Mach termina il libretto: «Se ora dunque mi ripeterete la domanda perché l’uomo ha due occhi, io vi risponderò così. Perché possa osservare attentamen­te la natura, e comprenda che egli stesso con le sue opinioni vere o false con la sua alta ideologia, non è altro che un piccolo e fugace fenomeno della natura. E che, per dirla con Mefistofel­e, non è che “una parte di una parte”. E che è cosa assai assurda “che l’uomo, piccola parodia del mondo/ si illuda di essere un mondo egli stesso” (Goethe)».

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