Corriere della Sera - La Lettura
Johnson= Catilina Corbyn= Cicerone Così la Brexit rovescia i ruoli
Duelli Il premier si scopre quasi sovversivo e il laburista radicale diventa uomo d’ordine
Quando mi è stato proposto — azzardo infine accettato — di trovare un parallelo plausibile tra due politici odierni e due celebri figure della Roma tardo-repubblicana, Cicerone e Catilina, ho avuto la sensazione che sull’idea del confronto abbia agito il ricordo di una scena precisa, il j’accuse rivolto in Senato da Giuseppe Conte a Matteo Salvini il 20 agosto scorso. Molti gli apparenti paralleli tra i due homines novi, Cicerone e Conte appunto, e le rispettive requisitorie. Troppe, tuttavia, le differenze. Altro è, ovviamente, il tono e il livello delle Catilinarie, capolavoro dell’oratoria di ogni tempo. Altra la temperie politica, sicché l’omnis potestas poi conferita davvero ad unum, Ottaviano Augusto, come rimedio al risorgere delle guerre civili, è malgrado ogni suggestione diversa dai «pieni poteri» improvvidamente invocati dall’ex ministro dell’Interno. Pur discutibile (e discussa…), la soluzione trovata ad esorcizzare una svolta politica sgradita è ben diversa dall’emarginazione di Catilina voluta da un’aristocrazia corrotta.
Quanto ai valori più volte invocati, di libertà e sicurezza, sono di fondo addirittura antinomici per i Romani, la cui securitas, pur «bene fondamentale della società civile e politica, si paga o si acquista con il prezzo dell’obbedienza a leggi
imposte da un potere “sovrano”…»; e con il bene comune non si identifica mai. A Roma il cittadino ha «il dovere di arrischiare la vita per la patria…»; al contrario, la nozione di securitas — «libertà negativa di chi è esentato dalla cura (= se-curitas)… della cosa pubblica», secondo la definizione di Federico De Sanctis) — si afferma con il tramonto del regime repubblicano, durante il quale il populus è teoricamente sovrano, portando alla fine di ogni vera attività politica. È allora che la libertas si perverte. Quel valore, che con la nozione di res publica coincideva fino a identificarsi, muta in modo profondo: e ci si contenta di definire libertas uno Stato nel quale i cittadini senza libertà politica non sono più esposti ai capricci di un tiranno, godendo della securitas.
Differenza per differenza, vorrei però tentare un altro parallelo, ancor più sfrontato: quello tra i duellanti per la Brexit, Boris Johnson e Jeremy Corbyn. Cercare oggi due «nuovi» Cicerone e Catilina significa cercare vite che richiamino all’archetipo di un certo tipo di lotta politica, contrapponendo chi si erge contro un apparato di potere a chi viceversa quell’apparato difende. Perché ci si possa figurare un «nuovo» Cicerone e un «nuovo» Catilina, è necessario trovarsi in presenza di un Senato, e dunque di un’assemblea che, espressione collettiva di un popolo, sia al tempo stesso (o venga percepita come…) epifenomeno dell’apparato. Catilina e Cicerone sorgono in un Occidente dove le strutture del potere hanno una legittimità derivante da leggi e istituzioni che rappresentano la sacralizzazione (sia pure oligarchica…) di un mandato popolare. Sono così inevitabili un dibattito e una lotta politica (infine drammatica, con il rischio di derive violente), perché il potere giustifica anche pretestuosamente sé stesso.
In realtà, nessuno dei due inglesi contemporanei può essere assimilato in toto a Cicerone o a Catilina. E, però, entrambi possiedono alcune caratteristiche dei due antichi avversari romani. Cerchiamo dunque, in Johnson e in Corbyn, gli emuli di antichi archetipi. In primo luogo è necessario il milieu, una realtà politica che, essendo quella del più antico Parlamento europeo, è l’arena ideale per un dibattito tra i più profondi e serrati. Poi occorre il drama, una situazione d’emergenza che potrebbe precipitare in tragedia.
Johnson può essere assimilato a Catilina, poiché si appella a una volontà popolare che vorrebbe, attraverso la Brexit, rimuovere apparati di un potere il quale, grazie anche al legame con l’Europa comunitaria, tarperebbero le ali alla concezione Britain First del premier. Dalla sua linea trapela però, al tempo stesso, il rimpianto per i fasti imperiali inglesi e affiora il retaggio dei suoi studi classici. Quando si fa retore e cita Roma a modello per la Gran Bretagna della Brexit, il suo personale retroterra di cultura umanistica non può non vedere Cicerone come un modello.
Nel dibattito drammatico (e potenzialmente disgregativo…) della Brexit il suo rivale Corbyn non è da meno. Corbyn — vorrei dire — è stato «Catilina» per buona parte della sua esistenza politica: socialista di stampo marxista, ai margini nel suo stesso partito, vegetariano, antinuclearista, pacifista implacabile. Un radicale fuori dagli schemi. Ma Corbyn è anche un politico sottile, un uomo che sa attendere, un oratore fluente e tribunizio che può conquistare il favore del proletariato, ma anche colui che conosce il linguaggio e i tempi della politica. Un capopopolo quindi, ma anche un uomo che riesce a non perdere i contatti con la sinistra intellettuale di Londra e delle grandi città. Se quindi, in Corbyn l’anima di Catilina parrebbe connaturata con gran parte della sua storia politica, un’altra dimensione del personaggio lo rende in grado di far sentire la sua voce autorevole alla Camera dei Comuni, di lasciare che l’avversario entri da solo nell’intricato labirinto delle modalità della Brexit, usando una sorta di «forza d’inerzia» per farlo precipitare nelle sue stesse contraddizioni. Corbyn il retore, l’astuto parlamentare, l’attendista che critica duramente senza mai offendere è, a suo modo, anche un «Cicerone». Nell’opporsi strenuamente alla Brexit senza accordo, il leader laburista vuol mantenere in essere alcuni aspetti dell’esistente: accordi, apparati, regole nazionali ed internazionali. Come Cicerone, vuol salvare un ordine contro l’avventurismo del Johnson-Catilina.
Il teatro del mondo ha aperto il sipario sulla scena inglese: chi sarà Cicerone e chi Catilina? Si assiste per ora allo spettacolo di due contendenti speculari nella loro duplicità. Ma il tempo stringe; e forse, dopo il 31 ottobre, vedremo se fra loro emergerà, compiuto, un Cicerone o un Catilina. Sia consentito qui uno scherzoso ricorso a quell’astrologia in cui tanto credevano i Romani: Johnson e Corbyn appartengono entrambi al segno dei Gemelli, che si dice esser contraddistinto da una pluralità di anime talvolta non riconciliate tra loro. Chissà…