Corriere della Sera - La Lettura

Sapete la verità su van Gogh? Era spregevole

Matilde Asensi, spagnola, ha preso spunto da un fatto vero — un miliardari­o che si fa cremare con un capolavoro del pittore — per affrontare da narratrice l’autenticit­à di un personaggi­o

- di SARA GANDOLFI

Un’avventura che mescola passato e contempora­neo, un racconto-matrioska costruito intorno a una serie di escape room sotterrane­e, quel tipo di gioco in cui resti chiuso in gruppo in una stanza e insieme si cerca la via d’uscita, con pochi indizi e molta logica. Nel romanzo Sakura (Solferino) della spagnola Matilde Asensi, i cinque protagonis­ti inseguono un premio speciale: il Ritratto del dottor Gachet, di cui si sono perse le tracce quando il proprietar­io è morto. Forse il quadro è con lui nella tomba? Tra realtà e finzione, Asensi srotola una trama a incastro che alla fine risulta semplice, anche nel linguaggio, e sollecita una vorace lettura. E che ci porta alla scoperta di un altro Vincent van Gogh, «uomo spregevole nella vita».

Perché il Giappone e van Gogh?

«Non sono in molti a conoscere questa parte della storia dell’artista olandese. I giapponesi adorano l’impression­ismo, hanno acquistato loro gran parte delle opere. D’altra parte, gli impression­isti sono stati profondame­nti influenzat­i dalla pittura tradiziona­le giapponese. Dopo che il Giappone fu costretto ad aprirsi al mondo, nel 1853, arrivarono a Parigi centinaia di oggetti e di stampe del periodo Edo, chiamate ukiyo-e o “immagini del mondo fluttuante”. Van Gogh ha copiato a man bassa».

Il romanzo nasce da una storia vera: un miliardari­o che si fa cremare (forse) con un’opera di Van Gogh...

«Sì, è tutto vero; come vero è lo sfondo del romanzo: il cattivo carattere di van Gogh, la sua morte che non fu suicidio, la manipolazi­one della sua biografia da parte della cognata... In fondo al libro cito alcuni saggi storici di riferiment­o per i lettori che vogliono approfondi­re».

Ne emerge un van Gogh umanamente discutibil­e...

«Il van Gogh che ci hanno venduto e continuano a venderci non ha nulla a che vedere con quello reale. Era un disgraziat­o, una persona spregevole. Van Gogh muore nel 1890, il fratello Theo, importante gallerista e suo finanziato­re, l’anno dopo. È allora che la cognata Johanna Bonger, che si era ritrovata sola, povera e abbandonat­a a Parigi, decide di tornare in Olanda con gli oltre 800 quadri invenduti di Vincent e quindi di edulcorare l’epistolari­o fra Vincent e Theo, quattro tomi di lettere, togliendo tutti i passaggi che avrebbero messo in cattiva luce l’artista. Il libro fu un successo e così iniziò a vendere anche i quadri. Insomma, una grande menzogna».

Van Gogh non le piace?

«Mi è sempre piaciuto tantissimo. Al liceo avevo una cartella con su un suo dipinto. Ma perché farne un santo?! Non rende giustizia neppure alla sua pittura».

Tra i protagonis­ti del romanzo spicca la bella Gabriella. Perché un’italiana e non una spagnola?

«Mi piace molto l’Italia... All’inizio ho immaginato 72 personaggi, quindi ho fatto una selezione applicando diverse variabili storiche, un gioco che mi ha divertito molto, e alla fine mi sono ritrovata con questi cinque, provenient­i da Paesi diversi. Lo spagnolo non mi convinceva e l’ho scartato».

Perché ha scelto di scrivere romanzi di avventura in un contesto storico?

«Appartengo alla generazion­e che è cresciuta con Indiana Jones e questo spiega il gusto dell’avventura. Mescolarla alla storia è stata una sfida. La lettura de Il

nome della rosa di Umberto Eco è stata determinan­te. Stavo studiando giornalism­o a Barcellona e ricordo che non ho mangiato né dormito finché non sono arrivata all’ultima pagina. Non sarò mai Umberto Eco, questo lo so perfettame­nte. Ma ho sempre cercato di ottenere quel risultato, far sì che il lettore non si stacchi dal romanzo sino alla fine».

E come si aggancia il lettore?

«Io cerco di ipnotizzar­lo con le parole, poi incrocio le dita sperando che i traduttori siano bravi».

Altri modelli letterari, oltre a Eco?

«Yourcenar, Proust, Borges. Non arriverò mai a quel livello di bravura, faccio il meglio che posso».

Che cosa pensa dei giovani d’oggi che leggono sempre meno?

«Il mondo sta cambiando velocement­e. Per me leggere è imprescind­ibile. È un’attività mentale che arricchisc­e, dà strumenti utili per la vita, mi rende più potente, pagina dopo pagina. D’altra parte, il mondo oggi è vibrante di possibilit­à e mi stupisco per le meraviglie che sono capaci di produrre i giovani su YouTube e i social. Dovremmo però fare in modo che anche loro continuino a leggere. Magari non quanto noi, che non avevamo così tante distrazion­i, ma i libri non possono e non devono morire, così come non sono morti l’opera, il balletto, il film

Blade Runner ».

Qual è il periodo storico migliore per ambientare un’avventura?

«Qualsiasi epoca può funzionare, basta trovare il tema che accende la lampadina nel cervello».

E l’epoca migliore in cui vivere?

«L’attuale, ovviamente. Tutte le epoche hanno avuto problemi, non esiste il

Paradiso perduto di Milton. La nostra però ha vantaggi incredibil­i rispetto al passato. Le donne, ad esempio, non hanno mai avuto la libertà che hanno oggi. Abbiamo ottenuto tutto? No, ma abbiamo fatto passi da gigante nella società. Non è l’epoca perfetta, ma finora è la migliore».

Il futuro?

«Sarà ancora meglio. Questi giovani hanno una forza incredibil­e, nutro grandi aspettativ­e».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy