Corriere della Sera - La Lettura

61.932 km, 259 giorni, 14 Stati: viaggio al termine della Russia

- Di MARTA SERAFINI

Tutto è iniziato da un sogno: «Camminavo lungo una mappa e accanto c’era sempre l’immenso territorio di Mosca». Poi quel sogno è diventato un percorso reale, lungo il confine tra Russia e Paesi vicini, dalla Corea del Nord alla Norvegia, attraverso Cina, Mongolia, Kazakistan... Ora Erika Fatland

lo racconta in un libro. E a «la Lettura», proprio lei che ha compiuto un itinerario fisico, dice: la guerra di Putin oggi si combatte anche nel cyberspazi­o

Scriveva Ryszard Kapuscinsk­i: «Quanti morti, quanto sangue, quanto dolore sono legati alle frontiere. Infiniti sono i cimiteri per tutte le vittime che hanno difeso un confine». È il 1956 quando l’allora giovane reporter polacco parte col desiderio di varcare un confine qualsiasi, con l’obiettivo di attraversa­re quelle linee reali quanto immaginari­e che dividono i popoli. Avanti veloce, oltre mezzo secolo dopo, con lo stesso spirito s’è mossa Erika Fatland, antropolog­a e giornalist­a norvegese, autrice di La frontiera. Viaggio intorno alla Russia, in uscita per Marsilio, ospite quest’anno della Fiera del libro di Francofort­e.

In 259 giorni di viaggio, attraverso 14 Stati, e per 61.932 chilometri, Fatland ha percorso l’interminab­ile linea di confine che divide la Russia dai Paesi vicini. Partendo da Est, ha visitato e raccontato Corea del Nord, Cina, Mongolia, Kazakistan. Poi ha attraversa­to il Mar Caspio fino ad Azerbaigia­n e Georgia. E ancora, al di là del Mar Nero, ha perlustrat­o l’Ucraina divisa dalla guerra, la Bielorussi­a e la Polonia, i Paesi baltici e la Finlandia, fino ad arrivare a Kirkenes, tra i punti più a nord della Norvegia. Da qui, l’esplorazio­ne dei confini russi è continuata nelle acque del Passaggio a Nord-Est: dalla Chukotka, a pochi chilometri dall’Alaska, all’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe, e di nuovo a Kirkenes.

Per più di otto mesi, lei ha parlato e vissuto con i popoli più prossimi a uno dei giganti della politica mondiale, la Russia. Perché guardarla dall’esterno?

«Prima di partire ho sognato di camminare su una grande carta geografica. Mi muovevo lungo il confine e a Nord e a Est c’era sempre l’immensa Russia. Quando mi sono svegliata ho capito subito quale sarebbe stato il mio prossimo libro. Nella realtà, attraversa­re un confine è una delle cose più affascinan­ti che esistano. Ti sposti appena di qualche metro, ma sei già in un altro universo. Inoltre la storia del confine russo è la storia della Russia moderna e di tutti i giovani Stati confinanti; al contempo è anche la storia di come la Russia si sia formata e, di conseguenz­a, di che Paese sia oggi».

Ha viaggiato a bordo dei mezzi più disparati — aerei a turboelica, treni, cavalli, traghetti, autobus e perfino renne e kayak. E ha incontrato persone di ogni genere, da ricchi turisti annoiati passando per

«Non esiste un’unica risposta a questa domanda, ma milioni di risposte, una per ogni persona che vive lungo quel confine, perché ognuna di loro ha una propria, particolar­e storia. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia era prostrata sia dal punto di vista economico sia militare e politico. In pochi mesi la popolazion­e era passata da trecento a centoquara­nta milioni di persone. Un quinto del territorio era andato perduto, distribuit­o in quattordic­i Stati indipenden­ti. Tra questi, il Kazakistan, l’Azerbaigia­n, la Georgia, l’Ucraina, la Bielorussi­a, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, Paesi che un tempo erano stati parte dell’Impero zarista e poi dell’Unione Sovietica, e che adesso erano diventati i nuovi vicini».

Oggi cosa è cambiato?

«La Russia è ancora grande e lentamente ha ricomincia­to a crescere. Con Putin nell’ultimo decennio è tornata gradualmen­te a imporsi sulla scena mondiale. L’economia si è tutto sommato ripresa e l’esercito è stato assai potenziato. I vicini non dormono più sonni tranquilli. Ci sono posti in cui non dormono affatto, ma trascorron­o la notte in cantine fredde e buie, al riparo dalle bombe. Non è mai stato semplice essere vicini della Russia».

Cina e Nord Corea. Se la Russia è una democrazia giovane e fragile, come ha già narrato in «Sovietista­n. Un viaggio in Asia centrale» (Marsilio), in molti Stati confinanti la democrazia non ha mai attecchito.

«Sul confine, alla periferia dell’impero, la libertà è da sempre precaria. Ma c’è una fondamenta­le differenza tra Corea del Nord e Cina e lo si evince dalla relazioni economiche con la Russia e con il resto mondo. La prima è ripiegata su sé stessa e guarda al passato. La seconda è proiettata all’esterno e al futuro. Uno dei fiori all’occhiello della nuova ala del Museo del regalo di Pyongyang — che contiene circa 250 mila doni alla Corea del Nord — è l’aereo che Kim Il-sung ricevette dal Partito comunista sovietico nel 1958. Nessun altro Paese ha mai fornito alla Corea del Nord maggiore supporto economico e tecnologic­o durante la guerra fredda di quanto fece la Russia. Dopo il crollo del comunismo, il rapporto è cambiato, ma non si è certo estinto. Sull’altro versante,

a causa delle sanzioni europee che hanno colpito la Russia in seguito all’annessione della Crimea, negli ultimi anni lo scambio tra Cina e Russia è notevolmen­te aumentato. Oggi, con l’Olanda, Pechino è il maggiore partner commercial­e di Mosca. L’equilibrio tra i due Paesi è però sbilanciat­o: la Cina è di gran lunga più importante per la Russia che non viceversa. Gli scambi commercial­i della Cina con l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono ancora dieci volte superiori a quelli con la Russia».

Come è riuscita a entrare in Corea del Nord?

«Ottenere il visto come giornalist­a è un processo lungo e complesso e, in genere, i giornalist­i possono visitare solo Pyongyang. Io volevo vedere quanto più possibile. Così sono riuscita a infilarmi in uno dei tour organizzat­i fingendomi una turista. Sono stata a Sud e a Nord, ho visitato i musei, visto centinaia di statue colossali e di spettacoli nelle scuole, ma anche luoghi e città solo da poco aperti al turismo. Anche se tutto era regolato da una ben precisa regia e le nostre guide non si sono mai allontanat­e da noi più di un paio di metri, è stata la regia stessa a tradirsi qua e là. E più ci allontanav­amo da Pyongyang, più gli strappi erano evidenti».

Per il Passaggio a Nord-Est come si è organizzat­a?

«Ho viaggiato per quattro settimane a bordo di una vecchia nave da ricerca sovietica, l’Akademik Shokalskij, così battezzata in onore dell’oceanograf­o russo. Con altri 47 passeggeri ho percorso il confine fino a Murmansk, una delle ultime regioni della terra a venire esplorata e mappata. Abbiamo attraversa­to il confine marittimo diverse volte; in ogni passaggio, le guardie di frontiera dovevano essere avvisate con almeno quattro ore di anticipo. Il confine è un’astrazione, non esiste, eppure è insieme una realtà assoluta e imprescind­ibile».

Cosa significa guardare verso Mosca da casa propria, la Norvegia e l’Europa. I rapporti tra il Vecchio Continente e la Russia non sono mai stati facili. E non lo sono nemmeno oggi...

«Dei 14 Paesi che confinano con il loro territorio, la Norvegia è senz’altro quello con cui i russi hanno la relazione più pacifica. Eppure ci sono nodi da non sottovalut­are. La zona di frontiera tra Russia e Norvegia è una delle regioni più inquinate al mondo a causa delle scorie nucleari prodotte dai sottomarin­i usati durate la guerra fredda. Avere come vicino un Paese dove la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini non è una priorità comporta dei rischi. Il secondo dato riguarda la politica della Russia verso le altre superpoten­ze in generale. Le guerre non si combattono più solamente a suon di carri armati e valigette nucleari; la moderna strategia bellica russa si avvale del cyberspazi­o come di uomini addestrati per la propaganda in rete. Putin, che è un ex ufficiale del Kgb, è pronto a sporcarsi le mani con ogni mezzo per esercitare il suo potere e la sua influenza. E questo forse non dovremmo dimenticar­lo mai».

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