Corriere della Sera - La Lettura
Arrediamo il mondo per il 2059
Il collettivo Industria Indipendente presenta «Lullaby», sul palco a Roma
Stati Uniti d’Europa, anno 2059. In una società dominata dai giovani e dall’aumento della produttività attraverso l’esaltazione della velocità e dell’abilità fisica, occorre porre rimedio al «problema» dell’invecchiamento. Così, quando i cittadini raggiungono i 70 anni, vengono condotti in uno dei tanti «centri ninna nanna» ( lullaby): mondi surreali di camere private, pasti meravigliosi, piscine e attività ricreative. Gabbie dorate che presto generano un’insostenibile mancanza di libertà...
Lullaby sarà a Romaeuropa dal 18 al 20 ottobre. Lo presenta Industria Indipendente, compagnia nata nel 2005 dall’incontro di due drammaturghe, Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, una diciottenne e una ventunenne, che danno vita a un composito collettivo di ricerca sulle arti performative. E collettivamente hanno risposto alle domande de «la Lettura» via mail.
«Il nostro percorso — spiegano — nasce da una condivisione, per noi la familiarità e l’affinità sono allo stesso tempo condizione di partenza e risultato costruito nel tempo. Lavorare insieme rappresenta la possibilità di trovarsi a confronto con una visione laterale alla nostra, e che altrimenti non riusciremmo a vedere». Lo sguardo dell’altro per vedere di più. Il passaggio all’ideazione avviene per accumulo, dal «troppo pieno» distillano ciò che convince, parole, immagini, suoni, azioni. «Creiamo un nostro mondo — proseguono — arredandolo con immagini, ispirazioni, letture, canzoni, oggetti, persone, e poi cerchiamo di assecondare i nostri desideri nel tradurlo concretamente nell’atto di creazione. Mondi che, via via, vanno arricchendosi di personaggi, alter ego di noi stesse o di chi e cosa ci circonda, e di spunti drammaturgici».
Lullaby ci porta in un futuro all’interno di una comunità, con individui le cui storie, seppure differenti, si incontrano, e nell’incontrarsi fanno germinare la possibilità di un’azione, «di mettere in comune sé stessi nel correre un rischio — sottolineano le autrici — di accettare la sfida non solo di un fallimento ma del dover rinunciare a qualcosa di sé nel momento in cui si costituisce un noi». Un futuro che le drammaturghe immaginano « queer, fluido, tecnologico, ecologico, vegetariano e sensuale. E che nasconde un negativo che corrisponde a ciò che oggi stiamo scegliendo di accettare, o di lasciar andare».
La trama per le autrici deve essere un pretesto «per raccontare il tentativo di riconoscersi, scegliersi, imparare a prendersi cura gli uni degli altri, delle emozioni, rigidità, paure e debolezze».
Gli interpreti hanno tra i 30 e i 40 anni più di Galli e Ruggeri. Si viene a creare così quella possibilità — reale e immaginaria — spesso offerta dal teatro di specchiarsi nell’altro, di osservarsi in altri corpi, di immergersi in universi altrui per essere alla fine insieme. «Lo spettacolo vive della distanza generazionale tra noi e chi è in scena. In sostanza è la nostra immaginazione calata nei corpi, nelle voci, nelle individualità delle/dei performer che sono al nostro fianco in questo viaggio».