Corriere della Sera - La Lettura

La lotta di don Milani disegnata dalla nipote

- di GIULIA ZIINO

«Quando ho visto i suoi quadri mi sono detta: ecco da chi ho preso!». Per Alice Milani riconoscer­si è stato immediato: «Era il 2014 — racconta —, a Milano, alla mostra sulla sua pittura: guardavo le tele e mi sembrava di rivedere il mio stesso modo di disegnare al primo anno di Accademia. Nessuno dei miei dipinge, in famiglia sono tutti scienziati tranne me, ma in quel momento ho capito da dove veniva la mia passione per l’arte». Veniva da Lorenzo, pittore come lei. Gli studi a Brera, le prime tele: Lorenzo era fratello di Adriano, medico, futuro nonno di Alice. Qualche anno dopo quelle prove da giovane artista avrebbe fatto un’altra scelta e messo via i pennelli. E sarebbe diventato don Milani.

Alice Milani è nata a Pisa nel 1986. Fumettista, prima che quella di don Milani ha raccontato a colori le vite di Wislawa Szymborska e Marie Curie. «Di don Lorenzo, fratello del nonno — ricorda —, sentivo parlare tantissimo fin da ragazzina». Naturale che, prima o poi, scegliesse di fare i conti con quel prozio speciale, mai conosciuto di persona — è morto nel 1967, a 44 anni — ma così vivo nei discorsi di famiglia, «un patrimonio di memoria» cui Alice ha attinto per raccontare a fumetti il priore di Barbiana. Il suo lavoro di scavo ora è diventato una graphic novel — Università e pecore — di cui è autrice di testo e disegni, in uscita per Feltrinell­i Comics il 17 ottobre.

Per affrontare una figura ancora tanto dibattuta, Alice Milani è ricorsa a fonti scritte — le lettere, tante, lasciate da don Milani e i suoi libri: Lettera a una profes

soressa, il più celebre e ancora discusso, «ma quello che mi ha colpito di più — dice lei — è Esperienze pastorali », il libro proibito dal Sant’Uffizio che lo ritirò dal commercio nel dicembre del ’58, sette mesi dopo la pubblicazi­one. Poi le fonti orali: frammenti, aneddoti e la voce di Maria Teresa, moglie di Adriano e nonna di Alice: è da lei, dai suoi ricordi di studentess­a del liceo milanese Berchet che la graphic novel prende avvio. All’uscita di scuola i fratelli Milani aspettano Maria Teresa e la sua amica, la Carla, per portarle a passeggio. Maria Teresa e Adriano si

Fumetti Ha dato una scuola ai poveri, ha difeso l’obiezione di coscienza, è stato emarginato dalla sua Chiesa. Una graphic novel racconta l’avventura del priore di Barbiana

sposeranno qualche anno dopo, per Carla e Lorenzo, che «farneticav­ano di assoluto», il destino ha deciso per altro.

Era il 1940, davanti a quella scuola: «Mia nonna — racconta Milani — oggi ha 96 anni, è in salute e quando riesco a farla parlare poi non smette più». È da lei che viene il racconto dell’annuncio di Lorenzo alla famiglia: la decisione, nel 1943, di entrare in seminario e farsi prete, a vent’anni. «Per genitori e fratelli fu una doccia fredda — spiega Alice —, non capivano da dove nascesse quella scelta». I Milani erano borghesi benestanti, proprietar­i di terre in Toscana, intellettu­almente molto vivaci, agnostici, la madre di Lorenzo, Alice Weiss, era di origine ebraica. «Anche mia nonna — aggiunge Milani — non capiva Lorenzo: era di famiglia nobile, con una mentalità totalmente diversa. In fondo lo considerav­a un po’ matto: “Voleva aggiustare tutto lui”, mi dice spesso».

Sui perché della conversion­e, di quella «doccia fredda», nel fumetto Alice Milani sfuma: «Era un passaggio delicato — spiega —, l’ho lasciato volutament­e vago perché troppo complesso e personale. È vero, tante lettere a Carla parlano di “assoluto”, dell’insoddisfa­zione di Lorenzo per gli studi artistici, ma la vocazione di un singolo è un ginepraio difficile da districare». Quella che Alice ha voluto far parlare è la voce viva dello zio: «Ho cominciato a leggere i suoi libri: uno choc. Nel fumetto non ho messo note a margine ma quasi ogni battuta che don Lorenzo pronuncia è davvero sua: quello che scrive è ancora molto forte, diretto, e certe sue descrizion­i si prestano molto a essere disegnate. Volevo essergli fedele, rendere giustizia a una figura che in molti tendono a tirare di qua e di là, piegandola alle loro esigenze». Il materiale era tanto: «Avrei potuto fare un fumetto in tre volumi ma avevo un limite di pagine e ho dovuto fare una scelta, seppure dura: don Milani ha affrontato tanti temi e alcuni, per esempio l’obiezione di coscienza, avrebbero meritato di più».

Una storia articolata, che tocca molti nervi scoperti dell’Italia di allora. Eppure impossibil­e resistere e non raccontarl­a, per Alice Milani: «Era un po’ che pensavo di farlo — ricorda — ma ho fatto bene ad aspettare: altri personaggi li ho affrontati in maniera più distaccata ma in questo caso ero coinvolta in prima persona. In più la figura di don Milani è oggettivam­ente complessa, sarebbe stato facile pendere da una parte o dall’altra». Nelle sue tavole pubblico e privato si intreccian­o: il Pierino di Lettera a una professore­ssa, per esempio, il «signorino» contrappos­to agli studenti «montanari» di Barbiana, «è mio padre Andrea, figlio di Adriano», spiega Alice. A lui è dedicata la graphic novel: «È morto mentre ci stavo lavorando: ne abbiamo discusso a lungo, devo a lui molte cose del libro. Spero che mia nonna, che non lo ha ancora letto, non se la prenda perché gli faccio fare una figura da saputello, del resto già da bambino aveva un’aria da professore». Con suo padre («un matematico, mia madre invece è fisica, non sono cattolici e io non sono battezzata: in famiglia nessuno ha raccolto l’eredità spirituale di don Lorenzo») l’estate scorsa Alice ha visitato Barbiana, la sperduta frazione del Mugello dove don Milani diede vita al suo esperiment­o di scuola democratic­a: «Avevo sentito tanti discorsi ma non c’ero mai stata. Arrivati lì ci ha aperto la porta Agostino, uno dei primi ragazzi della scuola che oggi è attivo nella Fondazione Don Milani. Anche a lui devo molto per il ritratto di don Lorenzo. Come a Francuccio Gesualdi, che con il fratello Michele era stato quasi adottato dal priore: oggi vive a Vecchiano, vicino Pisa, e coordina il Centro Nuovo Modello di Sviluppo».

A Barbiana è nato Lettera a una professore­ssa, uscito nel 1967, un pugno nello stomaco per molti, per altri una rivelazion­e: «Mia mamma — dice Alice — figlia di mezzadri, lo lesse quando uscì, prima di conoscere mio padre, e lo fece leggere al suo. Quello che racconta don Lorenzo non è distante dalla realtà che avevano vissuto: mio nonno materno da bambino lavorava nei campi e il padrone lo chiamava per fare i conti sempre all’imbrunire. Era una tattica: per fare in fretta e non dover tornare a casa al buio, mio nonno non discuteva della paga». Nel libro Luciano, uno dei bambini di Barbiana, attraversa il bosco di notte per tornare a casa: storie di ragazzi, della fatica fatta per emancipars­i. Anche grazie alle battaglie di don Lorenzo. La sua è stata una guerra lenta, tutta combattuta all’interno della Chiesa: «Non voleva starne fuori, ha sempre rispettato i superiori — ribadisce Alice —. Quando scrisse al cardinale, la lunga attesa di una risposta lo ha logorato dentro: nel fumetto si risolve in poche scene ma in realtà aspettò per anni. Non capiva cosa gli rimprovera­ssero: lui, che aveva dedicato la sua vita alla causa».

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