Corriere della Sera - La Lettura

Minaccia o risorsa? Dove ci spinge l’ondata populista

- Conversazi­one tra ROBERTO BIORCIO, MARCO TARCHI e LORIS ZANATTA a cura di ANTONIO CARIOTI

Tre studiosi, Roberto Biorcio, Loris Zanatta e Marco Tarchi, discutono del fenomeno politico emergente della nostra epoca, trasversal­e rispetto alla distinzion­e storica tra destra e sinistra. L’appello all’unità del popolo mina il pluralismo, ma il forte richiamo alla sovranità dei cittadini risponde a un principio basilare della democrazia. Così si combinano un immaginari­o religioso antico e gli effetti innovativi della globalizza­zione

Che cos’è il populismo? Ha dei contenuti specifici o è solo un modo enfatico di comunicare? Ne abbiamo parlato con tre studiosi: Roberto Biorcio insegna Scienza politica all’Università Milano-Bicocca; Loris Zanatta è docente di Storia dell’America Latina all’ateneo di Bologna; Marco Tarchi è professore di Scienza politica all’Università di Firenze. Quest’ultimo ha curato gran parte delle voci riguardant­i l’Italia nel Dictionnai­re des populismes (Les éditions du Cerf) appena uscito in Francia.

— Le formazioni indicate come populiste hanno senza dubbio uno stile comunicati­vo analogo, molto polemico, lontano dal gergo politico e vicino al linguaggio dei cittadini. Ma non è solo questo, coltivano anche uno schema d’interpreta­zione della realtà (quasi un’embrionale ideologia), che può essere poi declinato in modi diversi: non per niente il Dictionnai­re parla di «populismi» al plurale. L’elemento comune consiste nell’ergersi a voce del popolo, inteso come entità unitaria e contrappos­to in blocco alle élite. Considerar­e questo schema permette di tracciare i confini del populismo, evitando di farvi rientrare ogni mobilitazi­one dal basso, come fa per esempio chi vede in Greta Thunberg un esempio di «populismo ambientali­sta».

A parte Greta, credo che l’ecologismo si presti a una narrazione populista. E non è solo una questione di stile: il populismo ha una radice più profonda. Io ho studiato l’America Latina, dove il fenomeno si presenta in forme più radicali e ha dato luogo anche a regimi, il che ne ha fatto emergere meglio i tratti portanti. Per me il populismo, ridotto all’osso, è una nostalgia di tipo religioso: il rimpianto di un mondo armonioso, puro, innocente. Si evoca un popolo mitico, incontamin­ato come Adamo nel paradiso terrestre, che è stato corrotto dalla storia e deve espiare la sua colpa. Il populismo vuole redimerlo e accompagna­rlo a compiere la sua missione. Si tratta di un nucleo comune ristretto, perché non credo che del fenomeno si possa dare una descrizion­e molto dettagliat­a, ma proprio per questo ci aiuta a spiegare le mille facce del populismo. Ogni società immagina un futuro con i materiali del passato, più o meno mitizzato, e quindi produce un populismo che ne riflette la storia. Negli Stati Uniti di solito ci si richiama allo spirito originario della Costituzio­ne; in America Latina il populismo si collega alla cristianit­à ispanica, cioè agli antipodi del liberalism­o; nel mondo germanico-luterano si accentua il richiamo etnico. Non credo esistano populismi di destra o di sinistra, ma piuttosto movimenti che hanno un diverso retroterra antropolog­ico-religioso.

Esiste uno stile comunicati­vo populista, ma non nasce dal nulla. È il prodotto di quella che chiamo una mentalità, definizion­e che mi sembra perfetta per un fenomeno molto più emotivo che razionale, che unisce una predisposi­zione psicologic­a a una griglia interpreta­tiva della società. Zanatta, nei suoi testi, ha parlato di concezione del mondo. Io mi fermerei un po’ prima. Vedo nel populismo una mentalità che, se ridotta a uno stile (penso alla polemica su Greta), rischia di ridursi alla versione contempora­nea della demagogia. I movimenti populisti concepisco­no il popolo come una totalità organica, dotata di caratteris­tiche etiche naturali, che è stata divisa in modo artificios­o da forze ostili. Contrappon­e quindi le virtù delle masse ai vizi veri o presunti delle oligarchie. I populisti rivendican­o il primato del popolo come unica fonte di legittimaz­ione del potere, al di sopra di ogni rappresent­anza e mediazione. Conducono quindi una costante polemica anti-istituzion­ale. È un dato che si ritrova al di là di come queste forze si pongano lungo l’asse destra/sinistra e che non comporta la necessità di fare del populismo un’ideologia, magari «dal cuore sottile», come sostiene lo studioso olandese Cas Mudde.

— A mio parere le ragioni della distinzion­e tra destra e sinistra restano vive. Credo avesse ragione Norberto Bobbio quando collocava a sinistra

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