Corriere della Sera - La Lettura
Studiate, studiate, studiate per essere buoni cittadini
C’è un problema di conoscenza; e c’è un problema di competenze. Entrambi riguardano i fondamenti della convivenza. Allora, che fare? Primo: un’alfabetizzazione scientifica che — secondo — sviluppi anche la capacità di distinguere l’onestà intellettuale. Non è necessario saper costruire un ponte, ma affidarsi all’ingegnere giusto
Il partito di maggioranza relativa in Italia sostiene l’opportunità di introdurre nel sistema politico elementi di democrazia diretta. Lo stesso partito si è fatto eco di un’attitudine diffusa nella società negli ultimi decenni: mettere in questione il ruolo degli esperti, talvolta perfino l’utilità stessa della competenza. Il dibattito su questi argomenti è vivo nel Paese, spesso in modo frammentario. È quindi benvenuta la riflessione ampia e articolata che su queste questioni svolge Mauro Dorato, intellettuale di spessore e professore di Filosofia della scienza all’Università di Roma Tre, in un libro pacato e intelligente, uscito recentemente presso Raffaello Cortina Editore, intitolato Disinformazione scientifica e democrazia.
Il pregio del libro di Dorato è quello di discutere a fondo le questioni: acquisizione di conoscenza e partecipazione democratica, mettendone in luce la stretta connessione. Dorato si muove a suo agio sui problemi di fondamento della metodologia della scienza, che sono il campo principale su cui lavora, ma discute con profondità e acume anche la rilevanza di questi stessi problemi per la democrazia. La sua prospettiva unificante su queste due questioni è originale e coglie un aspetto essenziale del dibattito attuale: il problema della formazione del consenso su questioni complesse, tanto nel sapere che sulla gestione della cosa pubblica.
La scienza nutre un sapere credibile, affidabile ed efficace, mantenendo un delicato equilibrio fra la difesa della conoscenza acquisita contro opinioni errate, sciocche o attacchi interessati, e la costante apertura a critica e idee nuove, che le ha permesso e le permette di crescere. Questo equilibrio si appoggia sull’apertura al dialogo e alla critica, ma è un’apertura contenuta da un complesso sistema di riconoscimento reciproco della competenza. Per essere efficace la scienza deve riuscire a tenersi in equilibrio fra la difesa del sapere acquisito e il dubbio. L’equilibrio non è sempre facile: senza possibilità di critica e idee alternative non cresce il sapere, ma non c’è modo di valutare utilmente idee e critiche senza una radicata competenza.
La gestione democratica del potere si appoggia sulla stessa idea, e lo stesso equilibrio: critica, discussione e dibattito aperto possono condurre alle soluzioni migliori per la società, ma la complessità dei problemi richiede competenze. Per formare opinioni, per decidere, ci appoggiamo comunque sempre su informazioni, ma di quali informazioni fidarci? Di chi dice che il pianeta si sta scaldando o chi dice che non è vero? Di chi dice che i vaccini fanno male, o chi dice che non è vero? Di chi dice che l’apertura di
Pedagogia Un saggio del filosofo Mauro Dorato studia i fondamenti dei problemi sollevati dalla democrazia diretta e dalla disinformazione scientifica
una linea ferroviaria fra Italia e Francia porta benefici, o chi dice che porta danno? Di chi dice che abbassando le tasse ai ricchi l’economia migliorerà e staremo tutti meglio, o chi dice che ne beneficiano i ricchi a scapito degli altri? E chi deve decidere, sulla base di informazioni contraddittorie, se diminuire l’emissione di CO2, rendere i vaccini facoltativi, costruire o no una ferrovia, abbassare o alzare le tasse ai ricchi...?
È chiaro che al di là dei singoli problemi, esiste una questione generale di fondo che intreccia la valutazione del sapere e il modo in cui si esprime la democrazia. Dorato affronta il problema dalla base, discutendo con metodo e intelligenza i fondamenti stessi tanto dell’affidabilità della conoscenza scientifica, quanto della possibilità di scelte democratiche a vantaggio di tutti. Il saggio è un utilissimo punto fermo nella confusione della discussione odierna su questi temi.
Dorato difende due tesi. La prima è la necessità di una alfabetizzazione scientifica — che per Dorato significa anche una cultura umanistica che includa storia della scienza e filosofia del metodo scientifico. La seconda è che una maggiore alfabetizzazione non porta a pensare di saper riconoscere da soli la soluzione giusta dei problemi. Porta a rendersi meglio conto della complessità, e sviluppare la capacità di saper distinguere la competenza e l’onestà intellettuale dalla semplicioneria o dalla malafede. Il cittadino colto che non si fa del male da solo non è quello che vuole controllare da sé i calcoli di un ponte: è quello che sa come distinguere un ingegnere affidabile e serio da uno millantatore o disonesto. La stessa qualità è essenziale per un politico efficace.
Vale, io credo, anche per un direttore di giornale o di televisione. È criminale il danno alla società causato dai media che per «presentare tutte le opposte opinioni» mettono una accanto all’altra competenza e cialtroneria, sapere affidabile e idee inaffidabili, dando loro eguale autorevolezza. Ci sono stati milioni di morti perché si è dato eguale spazio alla scienza seria che spiegava che il tabacco porta al cancro ai polmoni, e pseudo-scienziati prezzolati dall’industria del tabacco che cercavano di infangare la discussione. La stessa situazione si è ripetuta in Italia, su scala minore, con i casi Di Bella o Vannoni: una persona con un po’ di alfabetizzazione scientifica si doveva rendere conto subito della cialtroneria. La stessa situazione si sta ripetendo con i vaccini: devono morire molti bambini prima che riconosciamo che vaccinarci è necessario? Presentare competenza e incompetenza sullo stesso piano non è mettere i cittadini in grado di decidere: è rendersi complici della dilagante disinformazione scientifica. Anche questo giornale non ne è del tutto innocente.
Riconoscere la complessità, tuttavia, significa anche, io credo, comprendere i limiti della competenza. Significa per esempio riconoscere i limiti della medicina, senza per questo farsi abbindolare dalle medicine alternative, o i limiti delle teorie economiche correnti e la loro parzialità. Più in generale, la competenza non è sufficiente per decidere, perché le società umane non sono blocchi omogenei con interessi solo comuni e valori sempre condivisi: al contrario, sono costituite da persone e gruppi che hanno interessi contrastanti, valori e ideologie diverse.
L’arte della politica quindi non è solo la capacità tecnica di trovare la migliore soluzione a problemi tecnici complessi. È anche l’arte umana della mediazione fra interessi contrastanti e fra valori diversi. Questo avviene a tutti i livelli: dal consiglio comunale di un piccolo paese, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per risolvere conflitti morali e di valori, non c’è altra strada che rispettarsi, parlarsi, imparare a conoscerci, ricercare i punti comuni, e insieme dibattere e promuovere le proprie idee. Per risolvere conflitti fra interessi contrastanti non bastano gli esperti. Serve l’arte antica del negoziare. Quando questo sforzo di mediazione funziona ne nascono i frutti migliori, come la Costituzione italiana nata da un confronto-scontro duro ma costruttivo fra ideologie diverse. Qui gli esperti contano poco: servono i politici che sappiano dare voce e insieme guidare quanto emerge dalla vita e dall’evolvere della civiltà. Ma anche in questo, proprio perché le questioni sono collettive e complesse, l’unica strada possibile è la delega e la rappresentanza. La democrazia è forte grazie a questi livelli di delega e rappresentanza, messi alla prova, tenuti sotto controllo, e convalidati dal voto popolare.
A me sembra che il problema nasca quando questa rappresentanza abdica al ruolo di mediazione culturale e di difesa degli interessi di qualcuno, in particolare delle componenti più deboli della società. Il problema nasce quando la rappresentanza si nasconde dietro l’uso strumentale della competenza per difendere interessi di classe. La retorica della ribellione alle competenze, e alle «élite» che detengono queste competenze, ha giocato un ruolo importante nel recente spostamento degli equilibri politici in molti Paesi del mondo. Forse uno dei motivi principali è stato proprio questo: camuffare interessi di parte dietro presunte oggettività scientifiche.
Ma puntare il dito contro le élite, compresa la stessa classe politica, mi sembra sbagliare bersaglio. La società ha bisogno di competenza, di esperti, e ha bisogno di una classe politica che si faccia portatrice degli interessi degli uni e degli altri, senza nascondere asservimenti a interessi di parte né dietro una inesistente oggettività degli esperti, né abdicando a una utopica democrazia diretta che faccia finta di saltare l’inevitabile mediazione. La politica, credo, non è né fare quello che dicono gli esperti, né chiedere al «popolo» cosa vuole: è prendere in mano la storia e farla andare verso un mondo migliore, lavorando per un futuro possibile per mondo equo, accettando e facendosi carico, facendosi portatore, della naturale conflittualità interna alla società.
Io spero che la politica sappia oggi ricostruire il consenso che fatica a trovare in Italia, combinando una rinnovata fiducia nella rappresentanza e nella competenza, con le genuine e salutari spinte a rompere la separatezza in cui era caduta, con una genuina difesa delle classi deboli, con le salutari spinte al cambiamento che fanno andare avanti il mondo. Sappia, cioè, essere e fare Politica.
Forse, chi lo sa, sto solo diventando vecchio. Sono cresciuto ribellandomi, cercando di pensare con la mia testa. A tutti gli studenti che ho avuto ho sempre insegnato a non fidarsi dei maestri, compreso me, non prendere i libri di testo per oro colato. Più sono cresciuto, più ho imparato che pensare con la propria testa è più difficile di quello che sembra, e troppo spesso pensiamo di pensare con la nostra testa solo perché diamo retta a un vicino invece che a un altro. Così più passa il tempo più ho voglia di dire ai miei studenti: pensate con la vostra testa, sì, ma studiate, studiate, studiate... è solo questo che vi permetterà di capire a chi dare retta. Che in fondo poi sono le due tesi di Dorato: alfabetizzazione scientifica, per imparare l’arte di valutare utilità e limiti della competenza.