Corriere della Sera - La Lettura
Ricompensa d’amore
Il volume di Lucianna Argentino andrebbe letto a ritroso
Ci sono opere imperfette, sì, ma vive, di cui si sente la necessità dentro e oltre le sconnessioni e le mancanze. Mi pare appartenga a questa categoria il libro di Lucianna Argentino In canto a te (Samuele Editore), a volte così lampante ed esplicito nel dire di una ricompensa tarda (eppure piena) d’amore, da risultare quasi eccessivo. Il libro credo vada letto a ritroso: prima il poemetto finale, di tipo narrativo, poi la sequenza di testi in apertura, che è un canto aperto e flagrante rivolto dall’«io» lirico a un «lui» amoroso e totalizzante (con frammezzo qualche prosa).
Il tema profondo di questo libro è la ricongiunzione e dunque anche la riconsacrazione di ciò che è stato: «Aggiusteremo i sogni, li accudiremo ed essi si prenderanno cura di noi»; e ancora, poco oltre nello stesso poemetto che chiude il libro: «È oggi che ciò che fummo prende senso». Il poemetto è la mimesi del ritrovamento tra due creature che si sfiorarono e persero e che ora si riconoscono e si scelgono.
Perciò la vicenda che in esso si svolge fa dell’incompiutezza di prima la compiutezza del tempo nuovo. Ed è una compiutezza sacrale e insieme del tutto incarnata, risolta in presenza, quasi a fugare l’assillo della mancanza e del desiderio vuoto. Così la parte iniziale del libro celebra la forma di un amore non più inseguito o rimpianto, ma colto nel suo pieno darsi, eppure capace di tendersi ancora, perché non c’è fine alla dinamica dell’amare: «La carità delle sue mani / infine adagiate nel nostro segreto vegliare».