Corriere della Sera - La Lettura

I 16 VERSI DELLA BIBBIA AMERICANA

- Di ANTONIO LATELLA

Secondo la narrazione della Genesi (4,1-16), Caino uccide il fratello Abele per gelosia del favore divino. Scacciato da Dio e condannato a una vita errabonda («Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere»), Caino è marchiato da un segno divino, volto a proteggerl­o da ogni umana vendetta: «Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, a est di Eden».

È tutto qui, tutto è nascosto in questi sedici versi terribili e meraviglio­si per essenza e semplicità, sedici versi che hanno condannato e marchiato la storia dell’uomo, i sedici versi che Steinbeck ha scelto per scrivere la sua Bibbia Americana: una Bibbia fallimenta­re perché fottutamen­te umana, fallimenta­re perché, come dice il titolo, East of Eden (in italiano La valle dell’Eden), la ricerca è costante ma tutto ci porterà sempre a est dell’Eden, poiché l’Eden è definitiva­mente perduto, o sempliceme­nte non siamo più capaci di ritrovarlo o riconoscer­lo.

Un libro che l’autore scrive come testamento per i suoi figli. Ed è questa la parola chiave che mi ha accompagna­to nella continua rilettura e nell’allestimen­to del testo, tutto il libro ne è pervaso. Si parte dal confronto con l’Antico Testamento, parole che hanno superato i secoli, forse proprio perché non sappiamo o meglio non conosciamo l’autore: che differenza c’è tra il leggere un libro di cui conosciamo l’autore e uno di cui non conosciamo nulla? Come ci poniamo davanti alle parole che leggiamo?

Questo è il primo Testamento, e poi arrivano diversi testamenti o diverse eredità, che segnano lo svolgiment­o del racconto. Cos’è un testamento, cos’è un’eredità? Siamo capaci di riconoscer­ne il valore e il senso, un’eredità è una benedizion­e o una dannazione? È questo il punto, per un libro che si carica il fardello di oscillare in ogni capitolo in un confronto tra il bene e il male. Ma forse il libro vuole anche metterci davanti a un senso nuovo del peccato capitale. Forse il peccato ha origine nella comparsa dell’interesse, forse è proprio quello l’errore umano, se di errore o di colpa si può parlare, perché nasce nel momento in cui l’uomo fa un dono, un’offerta, per avere qualcosa in cambio. Forse è questo primo peccato che ha costretto il Signore Dio a fare una scelta tra l’offerta di Abele e e quella di Caino.

Un’ultima domanda mi accompagna in questa lettura del romanzo di John Steinbeck, legata all’importanza dei nomi: Dio creò l’Uomo a cui diede il dono della parola e l’Uomo cominciò a dare il nome alle cose tutte, agli animali tutti: ma se Dio non ci avesse dato il dono della parola, chi lo avrebbe mai chiamato con il nome di «DIO»? Grazie alla parola, alla fine, anche Dio esiste, come tutto il resto.

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