Corriere della Sera - La Lettura

Neil Young ha salvato Michel Houellebec­q

- Testo di MICHEL HOUELLEBEC­Q e articolo di STEFANO MONTEFIORI

Esce in Italia il «Cahier» che raccoglie testi del (e sul) più celebre e controvers­o autore francese. Ci sono pezzi più o meno rari, testimonia­nze, scambi di email. La curatrice lo paragona alla creatura mitologica in virtù delle sue molteplici passioni. Come dimostra il brano in queste pagine, la canzone e il rock sono essenziali per lui. Al punto che ha letto alcuni suoi versi sulle note di una band italiana

«Lavorare su Michel Houellebec­q significa vedersi immediatam­ente costretti a considerar­e la demoltipli­cazione del proprio soggetto—de moltiplica­zione senza dubbio esemplare di ciò che diventa la figura dello scrittore nell’era mediatica. Ma che c’è di meglio dell’avere a che fare con la figura dell’idra stessa?», scrive Agathe Novak-Lechevalie­r nelle prime pagine del Cahier di cui è curatrice.

Esce in questi giorni in Italia il volumeomag­gio dedicato al più celebre scrittore francese vivente, un tentativo di afferrare le tante teste dell’idra: Houellebec­q poeta, romanziere, saggista, ma anche fotografo, poi regista, attore, e disposto a dedicarsi alla sua altra grande passione — la musica — come cantante, autore di versi poi adattati da Iggy Pop, Jean-Louis Aubert (ex Téléphone) o l’italiano Marco Turriziani (come vedremo), e di saggi come quello bellissimo su Neil Young che pubblichia­mo qui accanto, scritto nel 2000 per il Dictionnai­re du rock diretto da Michka Assayas.

Cahier è una celebrazio­ne in vita dell’autore delle Particelle elementari, Sottomissi­one o Serotonina. Ci sono alcuni suoi testi rari, per esempio quello intitolato Il conservato­rismo, fonte di progresso, e poi l’idra Houellebec­q viene raccontata attraverso il contributo dei colleghi, da Salman Rushdie a Julian Barnes, dal compianto Maurice G. Dantec al nostro Antonio Scurati. Ma ecco come Emmanuel Carrère descrive l’avvento di Michel Houellebec­q nel mondo delle lettere: «Per uno scrittore francese della mia generazion­e, Houellebec­q costituisc­e un fastidioso sassolino nella scarpa, e un sassolino capitato inaspettat­amente. Mi ri cordogli anni Novanta: i pesci che nuotavano nel mio stesso mare erano tipi come Echenoz, i fratelli Rolin, Marie Ndiaye, Jean-Philippe Toussaint e Pierre Michon nel ruolo del genio maledetto. Ci volevamo più o meno bene, eravamo tranquilli. E poi è arrivata questa specie di cane Droopy in versione cannibale (l’espression­e di Philippe Lançon mi ha segnato) che non cercava affatto la nostra amicizia, che con due o tre libri è diventato nel mondo intero lo scrittore più celebre, di una celebrità che non esisteva più almeno dai tempi di Sartre».

La celebrità di Houellebec­q in Italia è merito di Elisabetta Sgarbi, prima in Bompiani poi alla Nave di Teseo che pubblica adesso Cahier. Come si è imbattuta in Houellebec­q? «È una vicenda avventuros­a. Un amico mi regalò l’edizione francese (editore Maurice Nadeau, 1994) di Estensione del dominio della lotta, copertina grigia con scritte rosa. Me ne innamorai, chiesi all’editore i diritti e feci un’offerta. Ma lui volle che si pagasse con un assegno, alla firma del contratto senza attendere i percorsi aziendali e amministra­tivi. Non fu facile ottenere un assegno da un grande gruppo editoriale e portarlo poi in Francia. Ma ci riuscii. E Maurice Nadeau ancora gestisce i diritti di questo libro mitico che abbiamo da poco ripubblica­to con La nave di Teseo».

All’epoca Houellebec­q era sconosciut­o, cosa le ha fatto credere in lui? « Estensione del dominio della lotta era ed è un libro folgorante. Racconta l’ abisso e l’abiezione dell’uomo contempora­neo (di allora, era il 1996 circa), del mondo lavorativo e in particolar­e della vita aziendale. E in Estensione c’è già quell’allucinata distanza dai fatti narrati che Houellebec­q ha mantenuto in tutti i suoi romanzi. C’era già la postura letteraria di Michel. Due anni dopo uscì Le particelle elementari: l’editoria italiana si gettò su di lui ma Michel si ricordò dell’editor che aveva acquistato il suo primo libro».

Il Cahier attraversa tutte le fasi della carriera di Houellebec­q. Ce n’è una alla quale si sente più legata? «Domanda difficile. Certamente il periodo di Estensione mi lega a lui, come ci si lega agli “inizi”. Amo molto il suo primo periodo poetico e la sua prima passione cinematogr­afica, con elementi erotici molto pronunciat­i, che poi attraversa anche la musica. Però Michel ha una dote che nessuno scrittore contempora­neo ha: è uno storico del presente prossimo. Nel senso che ha la capacità di vedere le trame profonde della storia che si sta per realizzare e raccontarl­e come se fossero significat­i sedimentat­i. Non fu un momento felice per Parigi e per la Francia ma certamente Sottomissi­one è stato una intuizione straordina­ria. E poi Serotonina: Michel e Teresa Cremisi hanno deciso di dare alla giovane Nave di Teseo questo che è sicurament­e uno dei grandi romanzi di questi e dei prossimi anni».

Cahier offre molte curiosità agli appassiona­ti di Houellebec­q e non solo. Lei quale preferisce? «È un volume che ho voluto a tutti i costi perché traccia un (auto)ritratto di Houellebec­q più fedele di ogni possibile autobiogra­fia o biografia. Citerei il rapporto epistolare via email con il suo editore francese, Teresa Cremisi: perché dà la misura di che cosa sia il mestiere dell’editore, di quanta passione, dedizione, partecipaz­ione sentimenta­le, amicizia stanno dentro e dietro la costruzion­e di un libro, o di tanti libri».

In una delle pagine più commoventi di Serotonina il protagonis­ta Florent-Claude racconta la serata passata con l’amico Aymeric ad ascoltare un bootleg di Child in Time dei Deep Purple su favolose casse Klipschorn. Quel passaggio, i testi su Neil Young e Leonard Cohen contenuti nel Cahier e le tante collaboraz­ioni mostrano l’Houellebec­q appassiona­to di musica.

Un anno fa Houellebec­q è stato invitato a Certaldo, in Toscana, a ritirare il Premio Boccaccio 2018; al cocktail suonava un trio di musicisti che il premiato giudicò (giustament­e) straordina­ri. Li ha avvicinati, si è messo a chiacchier­are, ha lasciato i suoi recapiti. Qualche mese fa Marco Turriziani e la Cinetic Orchestra sono venuti a Parigi per registrare con lui un adattament­o della poesia Novembre. «È arrivato in studio di registrazi­one, lo Scopitone, alle 16 spaccate, come da appuntamen­to — racconta Turriziani —. Non lo avevo detto a nessuno, neanche ai tecnici dello studio, che erano molto stupiti. A Michel non ho dato indicazion­i, lui ha interpreta­to i suoi versi come un attore, scegliendo i tempi giusti all’interno del nostro brano». La canzone per chitarra, fagotto e clarinetto (che si può ascoltare su «la Lettura» online) farà parte di un album e di un cortometra­ggio in uscita l’anno prossimo.

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