Corriere della Sera - La Lettura
Se il computer risolve problemi è un problema
Matematica Le questioni irrisolte sono l’anima della disciplina, la tecnologia apre nuove questioni
«Uno dei più grandi problemi della matematica è spiegare (ai non matematici, ndr) in che cosa consista»: così Ian Stewart, matematico e divulgatore, nel 1992. Di che cosa è fatta la matematica? Assiomi e postulati (come il postulato delle parallele della geometria euclidea), dimostrazioni (come la dimostrazione della congettura di Taniyama-Shimura), concetti (come il concetto di insieme o quello di numero), definizioni (come la definizione di dimensione frattale di Hausdorff), teorie (come la teoria dei numeri o quella dei giochi), formule (come la formula integrale di Cauchy nell’analisi complessa) e metodi (come il metodo di discesa del gradiente in analisi numerica) sono componenti essenziali della matematica, senza i quali essa non esisterebbe così come noi la conosciamo. Ma la vera raison d’être della disciplina, il motore della crescita e del progresso della conoscenza matematica sono i problemi e la ricerca delle loro soluzioni.
Quando poi si tratta di problemi che resistono agli attacchi dei migliori matematici per decenni e a volte per secoli, si aprono filoni di ricerca che finiscono spesso per portare a scoperte impreviste e, in caso di soluzione, a fama imperitura (basti pensare alla dimostrazione dell’«ultimo teorema di Fermat», compiuta da Andrew Wiles nel 1994), se non a sostanziosi riconoscimenti in denaro.
Anche in matematica, come in altre scienze, non sono mancate discontinuità (si pensi alla scoperta del calcolo infinitesimale o delle geometrie non euclidee) o svolte teoriche inattese (come la scoperta dei frattali, dell’isomorfismo di Curry-Howard sull’interazione tra logica e informatica o del nesso profondo fra matematica discreta e non discreta individuato dalla congettura del Monstrous Moonshine). A differenza della fisica, della chimica o della biologia, però, in matematica si ha una più netta predominanza di temi di ricerca considerati prioritari dalla comunità scientifica, all’origine di ognuno dei quali — specie nel Novecento — è quasi sempre uno specifico problema, che si impone non solo in virtù della sua difficoltà intrinseca, ma soprattutto in quanto snodo cruciale in un groviglio di intrecci concettuali che mettono in collegamento aree fino ad allora ritenute disconnesse della disciplina. L’elenco più influente di problemi è senza dubbio quello stilato da David Hilbert in occasione del secondo Congresso Mondiale dei Matematici, svoltosi a Parigi nel 1900. Obiettivo della sua
prolusione era, nientemeno, quello di indicare «il futuro della matematica»: «Chi di noi non sarebbe felice di sollevare il velo dietro al quale si cela il futuro, per sbirciare i prossimi progressi della nostra scienza e i segreti del suo sviluppo nei secoli che verranno?».
I 23 problemi proposti da Hilbert, che spaziano dall’aritmetica all’analisi, dalla matematica applicata ai fondamenti della teoria degli insiemi, hanno rappresentato per i ricercatori del s e co l o s co r s o a l te mpo s te s s o un obiettivo verso cui indirizzare le proprie ricerche e un banco di prova delle proprie capacità. Alcuni hanno trovato risposta in pochi anni, altri hanno dato origine a sviluppi inaspettati (per esempio il secondo problema, sulla compatibilità degli assiomi dell’aritmetica, è alla base dei teoremi di incompletezza e di indecidibilità dimostrati da Kurt Gödel nel 1931), altri ancora hanno resistito per decenni agli sforzi dei matematici. Alcuni si sono dimostrati irrisolvibili, o troppo vaghi; uno soltanto (l’«ipotesi di Riemann»), legato alla distribuzione dei numeri primi all’interno dei numeri naturali, rimane a tutt’oggi irrisolto.
La lista non esaurisce però la matematica del Novecento: pur citati nella prolusione di Hilbert, due problemi (l’«ultimo teorema di Fermat», per la teoria dei numeri; e, in meccanica celeste, il «problema degli n corpi») non compaiono nell’elenco proposto. Importanti problemi non contemplati dal grande matematico tedesco sono anche quelli legati ai cosiddetti invarianti topologici, tra i quali figura la celebre «congettura di Poincaré», enunciata dal grande matematico francese nel 1904 e dimostrata da Grigori Perelman nel 2002. Dagli anni Cinquanta in avanti, soprattutto graz i e a i c o n t r i b u t i r i vo l u z i o n a r i d i Alexander Grothendieck, la ricerca ha poi imboccato strade neppure immaginabili agli inizi del secolo.
A cent’anni dalla relazione di Hilbert, un’iniziativa promossa dal Clay Mathematics Institute ne riprendeva almeno in parte lo spirito. Il 24 maggio 2000, in un’affollata conferenza stampa al Collège de France, ancora a Parigi, Michael Atiyah e John Tate presentarono 7 problemi matematici, per la soluzione di ciascuno dei quali veniva messo in palio un milione di dollari. Il nuovo elenco di problemi, subito battezzati i «problemi del millennio», era stato compilato da un ristretto numero di matematici di grande prestigio internazionale (tra loro, oltre ad Atiyah e Tate, anche Alain Connes, Arthur Jaffe, Andrew Wiles ed Edward Witten). Nelle loro intenzioni, la nuova lista di problemi — che comprende l’«ipotesi di Riemann» — senza avere la pretesa di indicare le linee di sviluppo della matematica del futuro, avrebbe dovuto almeno provare a individuare con una certa approssimazione le frontiere delle conoscenze di oggi. Se però, come diceva Hilbert nel 1900, i problemi sono la linfa vitale della matematica, altrettanto importanti sono le soluzioni.
Ma che cos’è una soluzione? Accanto alle dimostrazioni classiche, tradizionalmente intese (più o meno lunghe, più o meno complesse, più o meno «eleganti») negli ultimi decenni si è affacciato un nuovo tipo di dimostrazione: quella realizzata, almeno in parte, con l’ausilio di un computer. È il caso del «teorema dei quattro colori», dimostrato nel 1977 dopo alcuni tentativi rivelatisi errati nell’Ottocento; o del diciottesimo problema di Hilbert, relativo al più denso impaccamento di sfere nello spazio, formulato da Keplero nel 1611 e risolto da Thomas Hales nel 1998: entrambe le dimostrazioni sono state conseguite per esaustione dei casi possibili, con l’ausilio determinante di un calcolatore.
Questo genere di dimostrazione solleva, fra gli altri, inediti problemi di natura filosofica, che vanno oltre l’ambito della matematica strettamente intesa, ma che testimoniano l’estrema vitalità d’una disciplina in evoluzione.