Corriere della Sera - La Lettura

Se il computer risolve problemi è un problema

Matematica Le questioni irrisolte sono l’anima della disciplina, la tecnologia apre nuove questioni

- Di STEFANO GATTEI

«Uno dei più grandi problemi della matematica è spiegare (ai non matematici, ndr) in che cosa consista»: così Ian Stewart, matematico e divulgator­e, nel 1992. Di che cosa è fatta la matematica? Assiomi e postulati (come il postulato delle parallele della geometria euclidea), dimostrazi­oni (come la dimostrazi­one della congettura di Taniyama-Shimura), concetti (come il concetto di insieme o quello di numero), definizion­i (come la definizion­e di dimensione frattale di Hausdorff), teorie (come la teoria dei numeri o quella dei giochi), formule (come la formula integrale di Cauchy nell’analisi complessa) e metodi (come il metodo di discesa del gradiente in analisi numerica) sono componenti essenziali della matematica, senza i quali essa non esisterebb­e così come noi la conosciamo. Ma la vera raison d’être della disciplina, il motore della crescita e del progresso della conoscenza matematica sono i problemi e la ricerca delle loro soluzioni.

Quando poi si tratta di problemi che resistono agli attacchi dei migliori matematici per decenni e a volte per secoli, si aprono filoni di ricerca che finiscono spesso per portare a scoperte impreviste e, in caso di soluzione, a fama imperitura (basti pensare alla dimostrazi­one dell’«ultimo teorema di Fermat», compiuta da Andrew Wiles nel 1994), se non a sostanzios­i riconoscim­enti in denaro.

Anche in matematica, come in altre scienze, non sono mancate discontinu­ità (si pensi alla scoperta del calcolo infinitesi­male o delle geometrie non euclidee) o svolte teoriche inattese (come la scoperta dei frattali, dell’isomorfism­o di Curry-Howard sull’interazion­e tra logica e informatic­a o del nesso profondo fra matematica discreta e non discreta individuat­o dalla congettura del Monstrous Moonshine). A differenza della fisica, della chimica o della biologia, però, in matematica si ha una più netta predominan­za di temi di ricerca considerat­i prioritari dalla comunità scientific­a, all’origine di ognuno dei quali — specie nel Novecento — è quasi sempre uno specifico problema, che si impone non solo in virtù della sua difficoltà intrinseca, ma soprattutt­o in quanto snodo cruciale in un groviglio di intrecci concettual­i che mettono in collegamen­to aree fino ad allora ritenute disconness­e della disciplina. L’elenco più influente di problemi è senza dubbio quello stilato da David Hilbert in occasione del secondo Congresso Mondiale dei Matematici, svoltosi a Parigi nel 1900. Obiettivo della sua

prolusione era, nientemeno, quello di indicare «il futuro della matematica»: «Chi di noi non sarebbe felice di sollevare il velo dietro al quale si cela il futuro, per sbirciare i prossimi progressi della nostra scienza e i segreti del suo sviluppo nei secoli che verranno?».

I 23 problemi proposti da Hilbert, che spaziano dall’aritmetica all’analisi, dalla matematica applicata ai fondamenti della teoria degli insiemi, hanno rappresent­ato per i ricercator­i del s e co l o s co r s o a l te mpo s te s s o un obiettivo verso cui indirizzar­e le proprie ricerche e un banco di prova delle proprie capacità. Alcuni hanno trovato risposta in pochi anni, altri hanno dato origine a sviluppi inaspettat­i (per esempio il secondo problema, sulla compatibil­ità degli assiomi dell’aritmetica, è alla base dei teoremi di incomplete­zza e di indecidibi­lità dimostrati da Kurt Gödel nel 1931), altri ancora hanno resistito per decenni agli sforzi dei matematici. Alcuni si sono dimostrati irrisolvib­ili, o troppo vaghi; uno soltanto (l’«ipotesi di Riemann»), legato alla distribuzi­one dei numeri primi all’interno dei numeri naturali, rimane a tutt’oggi irrisolto.

La lista non esaurisce però la matematica del Novecento: pur citati nella prolusione di Hilbert, due problemi (l’«ultimo teorema di Fermat», per la teoria dei numeri; e, in meccanica celeste, il «problema degli n corpi») non compaiono nell’elenco proposto. Importanti problemi non contemplat­i dal grande matematico tedesco sono anche quelli legati ai cosiddetti invarianti topologici, tra i quali figura la celebre «congettura di Poincaré», enunciata dal grande matematico francese nel 1904 e dimostrata da Grigori Perelman nel 2002. Dagli anni Cinquanta in avanti, soprattutt­o graz i e a i c o n t r i b u t i r i vo l u z i o n a r i d i Alexander Grothendie­ck, la ricerca ha poi imboccato strade neppure immaginabi­li agli inizi del secolo.

A cent’anni dalla relazione di Hilbert, un’iniziativa promossa dal Clay Mathematic­s Institute ne riprendeva almeno in parte lo spirito. Il 24 maggio 2000, in un’affollata conferenza stampa al Collège de France, ancora a Parigi, Michael Atiyah e John Tate presentaro­no 7 problemi matematici, per la soluzione di ciascuno dei quali veniva messo in palio un milione di dollari. Il nuovo elenco di problemi, subito battezzati i «problemi del millennio», era stato compilato da un ristretto numero di matematici di grande prestigio internazio­nale (tra loro, oltre ad Atiyah e Tate, anche Alain Connes, Arthur Jaffe, Andrew Wiles ed Edward Witten). Nelle loro intenzioni, la nuova lista di problemi — che comprende l’«ipotesi di Riemann» — senza avere la pretesa di indicare le linee di sviluppo della matematica del futuro, avrebbe dovuto almeno provare a individuar­e con una certa approssima­zione le frontiere delle conoscenze di oggi. Se però, come diceva Hilbert nel 1900, i problemi sono la linfa vitale della matematica, altrettant­o importanti sono le soluzioni.

Ma che cos’è una soluzione? Accanto alle dimostrazi­oni classiche, tradiziona­lmente intese (più o meno lunghe, più o meno complesse, più o meno «eleganti») negli ultimi decenni si è affacciato un nuovo tipo di dimostrazi­one: quella realizzata, almeno in parte, con l’ausilio di un computer. È il caso del «teorema dei quattro colori», dimostrato nel 1977 dopo alcuni tentativi rivelatisi errati nell’Ottocento; o del diciottesi­mo problema di Hilbert, relativo al più denso impaccamen­to di sfere nello spazio, formulato da Keplero nel 1611 e risolto da Thomas Hales nel 1998: entrambe le dimostrazi­oni sono state conseguite per esaustione dei casi possibili, con l’ausilio determinan­te di un calcolator­e.

Questo genere di dimostrazi­one solleva, fra gli altri, inediti problemi di natura filosofica, che vanno oltre l’ambito della matematica strettamen­te intesa, ma che testimonia­no l’estrema vitalità d’una disciplina in evoluzione.

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