Corriere della Sera - La Lettura

Un tamburo dà la carica agli schiavi

Riscoperto negli Usa, arriva in Italia il romanzo d’esordio di William Melvin Kelley, gigante della prosa americana

- Di MARCO BRUNA

Una forma di risarcimen­to sarebbe arrivata anche grazie alla letteratur­a. Per i quattro milioni di schiavi liberati dopo la Guerra civile americana (18611865), per i loro antenati che affrontaro­no il Middle Passage nell’Atlantico sulle navi schiaviste, per le future generazion­i vessate dalle leggi segregazio­niste Jim Crow e dall’odio sociale dell’America contempora­nea, quel risarcimen­to sarebbe arrivato anche grazie ai versi di Langston Hughes e di Maya Angelou, ai saggi e ai romanzi di James Baldwin, alle storie di Toni Morrison e di Alice Walker.

Tra i giganti che contribuir­ono a fare giustizia spicca William Melvin Kelley (1937-2017), scrittore afroameric­ano che conobbe il successo editoriale soprattutt­o negli anni Sessanta, riscoperto, dopo un lungo anonimato, negli Stati Uniti e adesso anche in Italia, dove l’editore NN ha da poco pubblicato il suo esordio nella narrativa, Un altro tamburo (1962, traduzione di Martina Testa).

Con quel libro Kelley ha dato vita a un’epopea ambientata in uno Stato im

maginario che confina a nord con il Tennessee, a est con l’Alabama, a ovest con il Mississipp­i e a sud si affaccia sul Golfo del Messico, nel l e te r re pi ù r a z z i s te d’America. Il protagonis­ta dell’epopea è Tucker Caliban, «un nero ignorante» che il 30 maggio 1957 distrugge, spargendo il sale sul raccolto, i tre ettari di terra che aveva comprato dalla famiglia Willson — per la quale i suoi avi avevano lavorato prima come schiavi e poi come mezzadri —, brucia la sua casa, uccide con un fucile il cavallo e la vacca e parte per il Nord con la moglie incinta Bethrah e il figlio piccolo. Il suo gesto provocherà l’esodo di massa di tutti i neri della piccola cittadina di Sutton, sobborgo di New Marsails e patria del generale confederat­o Dewey Willson: «Tutti i neri portavano con sé valigie o scatoloni o sacchetti della spesa o fagotti legati con lo spago; tutti indossavan­o vestiti buoni». Nel giugno 1957 lo Stato dove nacque Caliban sarebbe diventato l’unico senza popolazion­e nera.

Kelley ha narrato la migrazione da un punto di vista inedito, quello degli oppressori. A descrivere, esterefatt­i, le lunghe attese dei neri alla fermata del bus o lo scorrere continuo di macchine guidate da afroameric­ani verso il nord sono proprio i bianchi di Sutton, seduti sulla veranda dell’emporio del signor Thomason. Caliban non prende quasi mai la parola per spiegare la ragione del suo gesto.

La vicenda è raccontata da voci diverse. I quattro membri della famiglia Willson, per esempio, ricostruis­cono, in altrettant­i capitoli, la storia di Tucker Caliban, offrendo al lettore un ritratto intimo del protagonis­ta. Kelley è in grado di cambiare registro stilistico a seconda della voce narrante, usando sia la forma del diario che il racconto in prima o in terza persona. Il risultato è un mosaico di storie, tutte accomunate da un unico obiettivo: scoprire perché Caliban e i neri di Sutton se ne sono andati.

Un altro tamburo prende spunto dalla grande migrazione a nord che nella prima metà del Novecento aveva interessat­o milioni di afroameric­ani, oppressi dai linciaggi e dai soprusi delle leggi Jim Crow. Non è un caso che l’autore abbia scelto il punto di vista dei bianchi: «Mio padre è cresciuto nel Bronx, a New York, in una comunità italoameri­cana», racconta a «la Lettura» Jesi, 54 anni, una delle due figlie di Kelley. «Si trovava a suo agio nel mondo dei bianchi, lo conosceva bene». «Era un uomo eccentrico e solitario», aggiunge la moglie Aiki, 79 anni, con cui Kelley ha vissuto un anno a Roma subito dopo il matrimonio. «Poteva essere molto socievole e, al tempo stesso, chiudersi in sé stesso. La sua personalit­à aveva due lati, che accendeva e spegneva come se avesse un interrutto­re».

Il bimestrale «Saturday Evening Post» chiese a Kelley di seguire il processo per l’omicidio dell’attivista Malcolm X (21 febbraio 1965), un’esperienza che lo mise di fronte alle falle del sistema giudiziari­o americano: nonostante le condanne di Talmadge Hayer, Norman «3X» Butler e Thomas «15X» Johnson, ancora oggi rimangono molti lati oscuri di quella vicenda, soprattutt­o per quanto riguarda il ruolo dell’Fbi. Kelley, provato dal processo, si trasferì con la famiglia prima a Parigi e poi in Giamaica. Sarebbe ritornato in America soltanto nel 1977, ad Harlem, New York. Il suo esilio volontario ricorda la storia del fuggiasco Tucker Caliban.

Un altro tamburo è una delle opere del Novecento che hanno contribuit­o a fare giustizia dopo secoli di vessazioni subite dagli afroameric­ani. È narrato dalla prospettiv­a dei bianchi perché, come sosteneva lo storico Lerone Bennett Jr., «il problema della razza, in America, è innanzitut­to un problema dei bianchi».

Tucker Caliban scopre che gli era stata rubata una cosa che non sapeva di possedere: la libertà. È il motivo per cui distrugge ciò che ha ricevuto dai padroni e trasforma in cenere il sudore e la fatica dei suoi antenati. Il suo gesto dà il via alla rivoluzion­e che i neri aspettavan­o. Tucker Caliban scopre di sentire «il ritmo di un altro tamburo», come scriveva Thoreau nelle pagine di Walden che hanno ispirato Kelley. Adesso può finalmente seguire «la musica che sente, comunque sia scandita e per quanto sia distante».

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Qui sopra: lo scrittore William Melvin Kelley (New York, 1937-2017), fotografat­o nel 2012 dalla figlia Jesi. A sinistra: Kelley a Roma con la moglie Aiki. La coppia visse in Italia per un anno subito dopo il matrimonio, celebrato nel dicembre 1962. Tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta vissero anche a Parigi e in Giamaica
Le immagini Qui sopra: lo scrittore William Melvin Kelley (New York, 1937-2017), fotografat­o nel 2012 dalla figlia Jesi. A sinistra: Kelley a Roma con la moglie Aiki. La coppia visse in Italia per un anno subito dopo il matrimonio, celebrato nel dicembre 1962. Tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta vissero anche a Parigi e in Giamaica
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 ??  ?? WILLIAM MELVIN KELLEY Un altro tamburo Traduzione di Martina Testa NN EDITORE Pagine 256, € 19
L’autore Con i suoi romanzi e racconti Kelley ha esplorato il tema della segregazio­ne razziale
WILLIAM MELVIN KELLEY Un altro tamburo Traduzione di Martina Testa NN EDITORE Pagine 256, € 19 L’autore Con i suoi romanzi e racconti Kelley ha esplorato il tema della segregazio­ne razziale

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