Corriere della Sera - La Lettura

Longhi e Guanciale registi per un doppio Canetti

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Due prime assolute di un grande scrittore come Elias Canetti, dalle profonde e profetiche radici europee, nato nel 1905 nel giovane regno bulgaro da una famiglia ebrea, diplomato chimico a Vienna, vissuto nell’ambiente letterario austro-tedesco da cui poi è fuggito nei tempi bui dell’annessione dell’Austria al Reich nazista. Nell’81 Canetti, edito da Adelphi (il bestseller Auto da fè è del ’35), vince il Nobel e, dopo molto girovagare, trascorre il finale di partita a Zurigo, dove muore nel ’94. Oggi due suoi testi teatrali, La commedia della vanità (1934) e Nozze (1932), gridi di allarme di un imminente inferno, sono rappresent­ati con coraggio da Emilia Romagna Teatro (Ert) nel progetto Elias Canetti. Il secolo preso alla gola. La commedia della vanità (debutto il 27 novembre a Modena al Teatro Storchi; poi Cesena; Milano, allo Strehler il 15-26 gennaio; Roma, Firenze e Lugano, in Svizzera, al Lac che co-produce) è diretta da Claudio Longhi. Racconta un mondo distopico in cui sono stati banditi tutti gli specchi: sarà troppo tardi quando ci si accorgerà che è andato distrutto il principio di identità. Dice Longhi, già regista dell’Arturo Ui brechtiano: «È una torre di Babele avvolgente.

L’io borghese è soffocato dall’istinto di conservazi­one, stralunato apologo dell’ascesa forse resistibil­e del regime nazista: una commedia istruttiva nel chiacchier­iccio del presente». Due musicisti e 23 attori in scena, fra cui Fausto Russo Alesi (in alto, foto di Riccardo Frati).

Nozze (a Modena, Teatro delle Passioni, dal 7 al 15 dicembre, e a Bologna dal 17 al 22), con le sue basse bramosie da condominio da leggere in controluce, è invece la prima regia di Lino Guanciale (foto piccola, durante le prove), affascinat­o dal testo di un Canetti non ancora trentenne. «Osserva il paesaggio di rovine morali e materiali della civiltà europea alla vigilia della notte nazifascis­ta e punta il dito sul bassissimo orizzonte ideale del mondo borghese che porterà alla catastrofe. Grande lezione sulle conseguenz­e tragiche dell’estremismo conservato­re con personaggi coinvolti nella macabra notte di nozze e prigionier­i dei ruoli sociali e dei propri istinti e mai illuminati da slanci etici o intellettu­ali», dice il regista e popolare attore (premio Ubu 2018) che studia «il violento realismo del testo, il suo parossisti­co apice espressivo, anticipand­o l’analisi di massa e il potere dell’eros vorticoso che travolge come nel V Canto dell’Inferno le lussuriose figure, portandole all’apocalisse e al crollo della loro “casa”. Tutto con grande potenziale profetico, un anno prima dell’elezione di Hitler». Due commedie da tenere presenti — a cui si potrà assistere anche in forma di maratona, il 7 e l’8 dicembre: La commedia della vanità alle 15.30 (Teatro Storchi) e Nozze alle 21 (Teatro delle Passioni). (maurizio porro)

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