Corriere della Sera - La Lettura
«Quasi un’Irlanda del Nord Il pugno di Pechino vincerà»
Gli abitanti dell’entroterra detestano quelli dell’ex colonia, e viceversa. E costoro non si sentono affatto cinesi. Anche per questo la narratrice e saggista ha parecchi dubbi sulla piega (molto violenta) che hanno preso le proteste
Ci sono molti modi per osservare la faglia che si è aperta a Hong Kong. La biografia, per esempio. E la biografia è fatta di sangue e di carta, di legami ancestrali e di burocrazia. La «preoccupazione» che Lijia Zhang confida è costituita da questa doppia sostanza anche se la scrittrice non è originaria dell’ex colonia britannica. Mentre altri suoi colleghi scrittori della Cina continentale e di Hong Kong svicolano o non se la sentono di rispondere a domande su che cosa accade, lei dice che a tutti «converrebbe fare un passo indietro». Di più: «Con un po’ d’empatia, cinesi e hongkonghesi dovrebbero capire da dove vengono».
Doppio versante. Zhang infatti è «cinese con passaporto britannico. Sono cresciuta in Cina e gran parte della mia vita è stata in Cina. La mia sensibilità, la mia identità culturale sono cinesi». Giovane operaia in una fabbrica di armamenti a Nanchino, nell’89 militò nel movimento democratico represso nel sangue. Di quegli anni è figlio un memoir tradotto anche in Italia, Socialismo è grande!. Ora riconosce un po’ di sé negli studenti di Hong Kong, ma solo un po’: «Quando sono cominciate le proteste pacifiche contro la legge per l’estradizione (verso la Cina continentale per persone detenute a Hong Kong, che avrebbe un sistema giudiziario indipendente, ndr) ero emozionata. Mi considero liberal, sono per la democrazia, nell’89 organizzai una protesta di operai della mia fabbrica. Ma ho cominciato a preoccuparmi dopo le violenze del 1° luglio scorso».
Le manifestazioni all’inizio sembravano limitate al provvedimento sull’estradizione, poi revocato, però le richieste si sono estese ad altri temi. La legge sull’estradizione era il detonatore di un’insofferenza più antica?
«La legge ha scatenato un risentimento che covava nei confronti di Pechino e dell’amministrazione hongkonghese filo-Pechino: in tanti nell’ex colonia sentivano che la loro libertà e i