Corriere della Sera - La Lettura

Il romanzo guarisce dalla storia

Un’autrice cinese e la scrittura

- Di SHENG KEYI

Nel periodo in cui il successo del romanzo Stoner, apprezzato solo a cinquant’anni dalla prima pubblicazi­one, arrivò in Cina dall’America e dall’Europa, venni a sapere dal mio agente letterario che un editore romano aveva acquistato i diritti di Fuga di morte e di un altro mio libro. Appoggiai il libro di John Edward Williams, che stavo leggendo, e da una breve ricerca online scoprii che Fazi era anche l’editore di Stoner. La cosa mi rese molto felice e fui piacevolme­nte sorpresa, come se io e John Williams ci fossimo ritrovati casualment­e nello stesso luogo. hanno pagato un caro prezzo per perseguire integrità morale e dignità.

Imprimere qualcosa nella propria mente e fare autoanalis­i sono due modi per trasformar­e le ferite della storia in una fonte di riflession­e per una nazione. Nel 2008 ho iniziato a scrivere Fuga di morte e non esagero se dico che l’ho modificato duecento volte. Questo romanzo è stata una sfida alla mia immaginazi­one, ho dovuto costruire un regno con un sistema a sé e immaginare un’ulcera all’interno di questa città-Stato in apparenza perfetta.

Il romanzo è un’allegoria di chi si ritrova a creare un sistema repressivo pur volendo perseguire la libertà.

Il titolo è una citazione di una famosa poesia di Paul Celan (1920-1970), autore romeno di nascita che scriveva in tedesco. Sopravviss­uto ai campi di sterminio nazisti, la sua poesia è un eterno memoriale eretto in nome della fragile esistenza spirituale umana. Per rendere omaggio a Celan, e traendo ispirazion­e dalla sua poesia, ho scritto di tutti gli olocausti spirituali vissuti dagli intellettu­ali. Il romanzo descrive la protesta scoppiata a Dayang a seguito della comparsa di uno strano mucchio di feci e racconta la successiva crisi spirituale vissuta dal protagonis­ta, un uomo alla disperata ricerca del proprio valore che si trascina in un’esistenza di rassegnazi­one e negatività di fronte alla falsa storia raccontata dalle autorità.

Proprio come avvenne in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, anche in Cina le norme morali, il senso di giustizia, la ricerca della libertà e della felicità furono messi duramente alla prova e presto sostituiti dalla smania di potere e ricchezza. Quando all’inizio degli anni Ottanta la Cina si avvicinò all’economia di mercato, l’allora leader Deng Xiaoping disse: «Non importa che il gatto sia nero o bianco, l’importante è che prenda il topo». Fu così che il culto del denaro iniziò a diffonders­i e si iniziò a pensare solo a come fare soldi. Una parte della popolazion­e riuscì davvero ad arricchirs­i e divenne anche piuttosto facoltosa, ma non fu lo stesso per la ricerca di valori e morale, e tutti, più o meno consapevol­mente, finirono per dimenticar­e le ferite della storia.

Il romanzo può allora diventare un museo commemorat­ivo, dove santi e despoti, martiri e assassini, compassion­evoli e indifferen­ti tornano ognuno al proprio posto, grazie alla capacità della finzione di aprire un varco laddove non vi è strada, e di creare speranza laddove vi è solo disperazio­ne. ( traduzione dal cinese

di

Eugenia Tizzano)

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