Corriere della Sera - La Lettura

I grattaciel­i della musica

-

Padre del muralismo sardo e scultore, Pinuccio Sciola amava le pietre. Le faceva vibrare, ne tirava fuori la «voce», le trasformav­a in strumenti. Come nella «Città sonora» , gruppo di torri che «la Lettura» ha potuto vedere a casa dell’artista scomparso nel 2016. Ora una serie di iniziative celebra questo cultore della materia, parola che ha la radice comune con «mater». Madre Natura

ancor prima che glielo dicesse, Gillo Dorfles, suo amico e suo grande estimatore. «Sono le pietre — diceva Dorfles — le vere creature dell’isola». Non solo per i settemila nuraghi, per i dolmen e i menhir. Non solo per una scultura che in Sardegna si pratica, e con quale ingegno e finezza, fin dal terzo millennio avanti Cristo. Ma proprio per le pietre così come sono, si tratti delle più «nobili» come il marmo e il granito o delle più «umili» come gli scisti, i basalti, o la trachite di Ozieri e di Serrenti. Tutte queste pietre, la pietra, sono materia viva, fanno parte e sono esse stesse la Natura che ispira Sciola.

Una Natura di pietra sulla quale Sciola, artista singolare, unico, agisce con l’osservazio­ne, il pensiero, e poi con lo scalpello, la fiamma ossidrica, il taglio a getto d’acqua ad alta pressione, e infine con le carezze. Le grosse mani di Sciola che accarezzav­ano soffici e delicate come piume le sue imponenti sculture di pietra, facendole vibrare quasi fossero corde di un’arpa e suonare come xilofoni, sono state lo spettacolo meraviglio­so di una dimostrazi­one «scientific­a» che Sciola aveva inseguito per lungo tempo: scolpire, incidere, sezionare, levigare le pietre per farle esprimere come esseri viventi attraverso le nuove forme in cui lui le modellava, ma soprattutt­o attraverso la «voce» che riusciva a tirarne fuori, vibrazioni visibili a occhio nudo e note musicali uguali a quelle che emetterebb­e qualsiasi strumento ben accordato e ben suonato. La Città sonora, per esempio, un gruppo di torri e grattaciel­i che potrebbero essere New York o Chicago, Milano o Francofort­e — che «la Lettura» ha potuto vedere insieme con i primi bozzetti dell’opera sul grande tavolo dell’incredibil­e casamuseo-laboratori­o di Pinuccio Sciola a San Sperate, vibra e suona in ogni suo edificio quando Maria Sciola — che con i fratelli Tomaso e Chiara ha costituito una fondazione intitolata al padre — li accarezza nel modo in cui Pinuccio le ha insegnato a fare fin da bambina. La stessa abilità ha maturato Giulia Pilloni, cugina di Maria e nipote di Pinuccio, autrice di una accuratiss­ima tesi di laurea magistrale in Storia dell’arte all’Università di Cagliari su Pinuccio Sciola e vestale del «Giardino sonoro» di San Sperate. Un paio di ettari di ulivi, fichi d’India, aranci e limoni tra i

quali sono state sistemate le opere di Sciola, ben ottocento megaliti che Giulia e Maria spiegano ogni giorno ai visitatori che giungono fin qui (circa 15 mila all’anno, nonostante l’eterna questione dei costi esosi da e per la Sardegna, che penalizza più di tutti i sardi).

Megaliti sonori, dunque. Ma non solo. Ci sono anche sculture di basalto, che Pinuccio ha ferito e fatto sanguinare con la fiamma ossidrica, lasciando raggrumare in lava la pietra offesa, e sculture in metallo, o addirittur­a in tubi Innocenti, con le quali Sciola ha voluto rappresent­are le «canne al vento» raccontate da Grazia Deledda o riproporre le forme eccentrich­e e bizzarre delle opere di Antoni Gaudí, benché gli scultori ai quali Sciola deve davvero qualcosa, e ai quali per sua stessa ammissione si è ispirato, siano Arturo Martini, Marino Marini e soprattutt­o Giacomo Manzù.

Le pietre sonore sono però il punto di arrivo del cammino artistico di Pinuccio Sciola e non si capirebber­o fino in fondo, e forse non sarebbero nate, se la sua vita non fosse stata com’è stata, simile, nella realtà, a quella del «pittore matto» Antonio Ligabue e dello scrittore ex analfabeta Gavino Ledda, e nella finzione al protagonis­ta del romanzo di Giulio Angioni

Assandira. Sciola fu autodidatt­a come Ligabue e come lui ripeté tre volte la seconda elementare. E come Ledda, che si iscrisse a 25 anni al liceo classico «Azuni» di Sassari, Sciola arrivò al liceo artistico di Cagliari solo a 18 anni. Mentre nella finzione letteraria Sciola e Saru, il pastore protagonis­ta di Assandira, sembrano la stessa persona, uomini in rivolta contro «il folklore e i suoi panni colorati, che nascondono tutto il resto», come disse Sciola già nel 1976, quando approdò alla Biennale di Venezia con la sua idea di San Sperate «paese-museo». In quella occasione, nonostante i contrasti e le polemiche, Sciola riuscì a imporre il suo racconto: «la vera Sardegna» contro il luogo comune del «paradiso selvaggio» abitato da due tipologie di personaggi, i banditi alla Graziano Mesina e i miliardari alla Aga Khan.

Fece in fretta, Sciola, e recuperò il tempo perduto. A 25 anni era già in Spagna, all’Università madrilena della Moncloa e a studiare le pitture delle grotte rupestri di Altamira. Due anni dopo torna in Sardegna, a San Sperate, e fra la incredulit­à e la resistenza dei compaesani comincia a ricoprire di calce bianca i tristi muri marroni di paglia e fango del paese e a decorarli con grandi dipinti. Era nato il muralismo sardo. Un fenomeno che da allora non si è mai fermato, dalla versione più politico-ideologica di Orgosolo a quella più squisitame­nte artistica di San Sperate. E questo grazie anche al fatto che Pinuccio Sciola volle andare in Messico a confrontar­si con il maestro del muralismo sudamerica­no, David Alfaro Siqueiros, dal quale non avrebbe potuto ricevere un attestato migliore di questo: «Sei un maya che ha solo vissuto lontano da qui», gli disse Siqueiros.

Tornato a casa, Sciola completa l’opera. Questa volta l’intero paese lo segue con entusiasmo, arrivano a dare il loro contributo anche artisti stranieri, persino i bambini vengono lasciati liberi di scatenare la loro fantasia sui muri imbiancati come a scuola non possono fare e addirittur­a vengono colorate le strade, che, diventando azzurre, gialle, verdi, rosse, mutano l’umore di chi in paese ci

vive e di chi ci passa. Eccolo dunque il paese-museo, quello che, se la Biennale lo voleva, doveva essere così com’era, nei colori, nelle facce e nelle storie dei sardi che poi sbarcarono a Venezia e in quella Biennale del 1976 lasciarono la loro impronta. Esattament­e com’era accaduto l’anno prima, quando Sciola tenne una mostra a Nuoro, dove le sue sculture in legno, in grandezza naturale e dai titoli inequivoca­bili — Cadaveri, Impiccati,

Pecore sgozzate —, vennero disseminat­e per terra, nelle strade e nelle piazze della città, per parlare della morte, dalle vittime della strage di Brescia del 1974 all’amico che in preda allo sconforto si era impiccato, fino alla «condizione sarda» di un’agricoltur­a e di una pastorizia ricacciate indietro dai duecentomi­la ettari dell’isola assoggetta­ti a servitù militare.

«La Sardegna, Venezia, il Mediterran­eo, è tutto un mondo che è minacciato», diceva Sciola, precorrend­o di decenni attraverso l’arte i temi che la politica non vedeva e che oggi ci ritroviamo tra le mani come i più gravi e i più delicati.

Il centro di gravità della ricerca di Pinuccio Sciola è sempre stato il rapporto tra l’uomo e la natura, la loro necessaria armonia, pregiudica­ta dalla ineffabile capacità dell’uomo di creare i propri mali, che finiscono per deformarlo e divorarlo, nel corpo e nella mente. E poiché la natura è madre, e porta in sé stessa il concetto di maternità, la via migliore per conoscerla e rappresent­arla è per Sciola la materia. Dalla materia, attraverso la comune radice mater, si arriva alla maternità, cioè ci si ricongiung­e alla natura.

Ecco perché la pietra. È la pietra la materia per eccellenza, la materia vivente. È lei che ci riporta alla madre. È per questa ragione che Sciola l’ha amata e le ha dato «voce» nel vero senso della parola. Ma allo stesso tempo è anche andato oltre l’arte e, sempre a San Sperate, ha creato una scuola, il Centro internazio­nale per la lavorazion­e della pietra, dove formare artisti che fossero anche artigiani, in grado cioè di esercitare un mestiere che in Sardegna nessuno o quasi conosceva, nonostante l’abbondanza di materia prima — granito e trachite — esportata, lavorata fuori e rivenduta a prezzi molto più alti.

Le sculture dell’artista di San Sperate, va detto, non sono state «scoperte» dopo la sua morte e anzi, lui vivo, hanno incontrato l’apprezzame­nto che meritano.

Renzo Piano, nel 2002, scelse per l’Auditorium Parco della Musica di Roma una delle monumental­i pietre sonore di Sciola, e nel 2012 il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nominò l’artista commendato­re dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Adesso i megaliti hanno cominciato a girare il mondo senza il loro artefice. Quest’anno in Inghilterr­a, l’anno prossimo negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi. Se una nuova Età della Pietra toccherà all’umanità, c’è solo da augurarsi che sia quella delle pietre sonore di Pinuccio Sciola.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Le celebrazio­ni Per celebrare Pinuccio Sciola (1942-2016: qui sopra) sono in programma varie iniziative organizzat­e in collaboraz­ione tra «IndòruBout­ique del suono», Regione Autonoma della Sardegna, Fondazione Pinuccio Sciola, Fondazione Sardegna Film Commission e gli Istituti italiani di cultura di Londra e di Los Angeles. Si parte il 4 dicembre a Londra, presenti i tre figli di Sciola, con la mostra The Sound Between (fino al 5 marzo) e il concerto Pinuccio Sciola Sounding Stones eseguito dal quartetto Jazz Àghera. Il 12 dicembre conferenza Il genio italiano tra forma e materia, da Leonardo da Vinci a Pinuccio Sciola, relatrice Giulia Pilloni. Il 30 gennaio, Rooms to Explore, concerto «Piano e Pietre» di Andrea Granitzio. Il 13 febbraio conferenza Il mio tempo non ha tempo. Vita, arte e opere di Pinuccio Sciola, relatrici Federica Collu e Giulia Pilloni. Il 27 febbraio concerto Strings and Stones. Tutti gli incontri si terranno all’Istituto italiano di cultura di Londra alle 19. A Roma, al Mattatoio di piazza Giustinian­i, il 14 dicembre alle 21, per il 56° Festival di Nuova Consonanza, concerto Pietre Sonore con l’Ensemble Blow Up. Negli Stati Uniti, nel 2020, due conferenze: il 18 marzo alla Chapman University di Orange, California, e il 19 marzo all’Istituto italiano di cultura di Los Angeles Le immagini Pagina a fianco, foto grande: Sciola nel suo laboratori­o. Nelle tre foto piccole dall’alto: i murales e le sculture di Sciola a San Sperate; il «Giardino sonoro» di notte e di giorno. In questa pagina: la Città sonora. Scatti di ©Attila Kleb
Le celebrazio­ni Per celebrare Pinuccio Sciola (1942-2016: qui sopra) sono in programma varie iniziative organizzat­e in collaboraz­ione tra «IndòruBout­ique del suono», Regione Autonoma della Sardegna, Fondazione Pinuccio Sciola, Fondazione Sardegna Film Commission e gli Istituti italiani di cultura di Londra e di Los Angeles. Si parte il 4 dicembre a Londra, presenti i tre figli di Sciola, con la mostra The Sound Between (fino al 5 marzo) e il concerto Pinuccio Sciola Sounding Stones eseguito dal quartetto Jazz Àghera. Il 12 dicembre conferenza Il genio italiano tra forma e materia, da Leonardo da Vinci a Pinuccio Sciola, relatrice Giulia Pilloni. Il 30 gennaio, Rooms to Explore, concerto «Piano e Pietre» di Andrea Granitzio. Il 13 febbraio conferenza Il mio tempo non ha tempo. Vita, arte e opere di Pinuccio Sciola, relatrici Federica Collu e Giulia Pilloni. Il 27 febbraio concerto Strings and Stones. Tutti gli incontri si terranno all’Istituto italiano di cultura di Londra alle 19. A Roma, al Mattatoio di piazza Giustinian­i, il 14 dicembre alle 21, per il 56° Festival di Nuova Consonanza, concerto Pietre Sonore con l’Ensemble Blow Up. Negli Stati Uniti, nel 2020, due conferenze: il 18 marzo alla Chapman University di Orange, California, e il 19 marzo all’Istituto italiano di cultura di Los Angeles Le immagini Pagina a fianco, foto grande: Sciola nel suo laboratori­o. Nelle tre foto piccole dall’alto: i murales e le sculture di Sciola a San Sperate; il «Giardino sonoro» di notte e di giorno. In questa pagina: la Città sonora. Scatti di ©Attila Kleb

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy