Corriere della Sera - La Lettura
La felicità è faticosa Torniamo all’essenziale
«Qual unque s t r a da sceglierai, amore/ abbi cura di me/ che tutto è così f r a g i l e » . Ques to leggiamo nel volume di Simone Cristicchi che si intitola come la canzone da cui sono tratti i versi: Abbi cura di me (Edizioni San Paolo). Partiamo da questa fragilità per discutere del suo nuovo spettacolo, Happy Next, appena visto a Gorgonzola.
GIULIO GIORELLO — Qui non manca un elogio della creatività e, per estensione, del Creatore, colui che non si accontenta di quello che ha e che crea un mondo nuovo.
SIMONE CRISTICCHI — Relativamente da poco ho scoperto il potere della parola. Quanto la parola riesca a creare il mondo, sia la parola violenta e negativa, sia quella positiva. Con un microfono e un pubblico davanti, ho sempre sentito una grande responsabilità; per questo nella mia carriera ho cercato di dosare bene le parole. La canzone sono tre minuti in cui raccontare una storia o un’emozione. Ma la canzone è uno strano animale...
GIULIO GIORELLO — Un animale, però bellissimo: penso alle grandi canzoni dal Trecento in poi. Fino ad arrivare ai cantautori che lei cita nel suo spettacolo: Dalla, Battisti, De André… SIMONE CRISTICCHI — Ma oggi non c’è più quella forma di canzone in cui si racconta una storia. GIULIO GIORELLO — Vero. Gaber con La ballata del Cerutti aveva raccontato una bella storia di periferia. È importante: ritornare alle canzoni che narrano anche una storia, una storia che è anche musica.
SIMONE CRISTICCHI — Quello che ho fatto in teatro è questo: un ritorno all’essenziale, dopo un primo momento di gran confusione, molto metaforico, della realtà. Tornare all’essenza: quindi, anche visivamente, due fari e basta, e poche parole, quelle sette che possono aiutarci a ritrovare la strada di casa. Le chiamo «molliche di pane»…
GIULIO GIORELLO — Mi ha colpito la parte in cui lei parla di queste sette parole — attenzione, umiltà, lentezza, curiosità, talento, creare, noi. Finché creiamo siamo liberi. Mi sembra che sia l’idea-forza che permette di andare oltre il gioco consumistico che viene rappresentato nella prima parte dello spettacolo.
SIMONE CRISTICCHI — C’è un’altra cosa. In un documentario che ho girato, che ha lo stesso titolo dello spettacolo, ho intervistato circa cento persone — filosofi, scienziati, poeti... A tutti ho posto le stesse tre domande: qual è il male, oggi, che ci impedisce di spiccare il volo, cioè di essere felici? Cos’è per te la felicità? E infine, se esistesse un manuale della
felicità che consiglio scriveresti? GIULIO GIORELLO — E dunque, il male...
SIMONE CRISTICCHI — Per il male riprendiamo le prime parole che ho usato nello spettacolo: la mancanza di attenzione, l’essere continuamente distratti da qualcosa di esterno, e non riuscire a calmare questo incessante fiume di pensieri. E per lei, cos’è il male oggi?
GIULIO GIORELLO — Mi verrebbe voglia di rispondere, guardando alla situazione italiana, e più in generale alla debolezza dell’Europa, che sia una forma di superficialità. La conseguenza sono i governanti che vivacchiano giorno per giorno, mentre la loro ignavia porta a non credere più nell’Europa. Ma questa è una risposta politica, forse bisognerebbe andare più a fondo. La superficialità è pericolosa perché talvolta si lega a forme di malignità. Per esempio ne scopriamo sui social: le recenti polemiche contro Liliana Segre stanno a indicare un orribile aspetto della vita del nostro Paese.
SIMONE CRISTICCHI — Non so come ci siamo arrivati, ma io vedo anche l’indifferenza. Ci siamo assuefatti a tutto. E qui entra in campo un’altra delle sette parole, la parola curiosità, che è quella di vedere ol
tre. Oltre l’apparenza, oltre ciò che viene imposto anche nelle immagini. Una persona guarda la tv e vede una massa su un barcone; non vede mai la storia dietro ogni individuo. Eppure dietro ogni persona c’è un universo.
GIULIO GIORELLO — Un universo che ci resta oscuro, e che dovremmo avere il coraggio di scoprire.
SIMONE CRISTICCHI — È così. Quindi la felicità costa fatica.
GIULIO GIORELLO — È un’idea intrigante, questa che la felicità sia «faticosa». Cioè frutto di un impegno; spesso lo dimentichiamo per superficialità, per indifferenza.
Simone Cristicchi, cantautore vincitore di un Festival di Sanremo con «Ti regalerò una rosa», scrittore e interprete di spettacoli teatrali, ha appena debuttato con «Happy Next», un lavoro sul tema della felicità, della felicità possibile, della felicità necessaria.
Per discuterne lo ha incontrato Giulio
Giorello. Cristicchi cita Michelangelo Pistoletto e Alda Merini; poi cita un detto africano: «Rallentiamo per permettere alla nostra anima di raggiungerci». E alla fine ricorda una massima di Søren Kierkegaard: «La felicità è una porta che si apre solo verso l’esterno»