Corriere della Sera - La Lettura

Regno Unito e Algeria al voto del 12 dicembre

Il voto del 12 dicembre Il premier conservato­re Boris Johnson monopolizz­a il sostegno alla Brexit e va verso la maggioranz­a assoluta. In ogni caso, dice lo scrittore Anthony Cartwright, qualunque risultato certifiche­rà la metamorfos­i di una nazione

- Di ALESSANDRA COPPOLA, LUIGI IPPOLITO, STEFANO MONTEFIORI con una conversazi­one tra MAURIZIO FERRERA e PHILIPPE VAN PARIJS

Sono state definite le elezioni più importanti per la generazion­e nata dopo la Seconda guerra mondiale: perché dal loro esito dipenderà la collocazio­ne della Gran Bretagna in Europ a e n e l mon d o . L a p o s t a i n p a l i o i l 1 2 dicembre è chiara: se Boris Johnson otterrà la maggioranz­a assoluta — come prevedono i sondaggi — la strada per la Brexit sarà spianata e Londra uscirà dalla Ue il 31 gennaio; se al contrario i conservato­ri dovessero mancare l’obiettivo, si aprirebbe la porta a un governo di coalizione a guida laburista che nel giro di un anno convochere­bbe un secondo referendum, con la possibilit­à di annullare la Brexit.

Mai la Gran Bretagna si è trovata davanti a un bivio tanto decisivo. Johnson si gioca tutto: e finora ha seguito una strategia che sembra vincente. Ha trasformat­o i conservato­ri nel partito della Brexit senza se e senza ma, emarginand­o i dubbiosi: e in questo modo ha polverizza­to la formazione di Nigel Farage, riassorben­done tutti i consensi. Sul fronte opposto, il voto filo-europeo resta diviso fra i laburisti, che non sono riusciti a liberarsi delle loro ambiguità, e i liberaldem­ocratici che invece hanno assunto una posizione oltranzist­a che ha alienato loro molte simpatie. È per questo che i sondaggi assegnano unanimi la vittoria a Johnson. Ma come sempre, è presto per dare le cose per scontate: «la Lettura» ne ha discusso con Anthony Cartwright, uno degli esponenti del l a Brex- l i t , l a « l e t te r a t ur a del l a Brexit». Il suo romanzo Il taglio è uscito in Italia lo scorso gennaio per 66thand2nd.

All’estero Johnson è visto come una specie di Trump inglese: immagine corretta?

«È più complicato di così. Boris ha difetti evidenti ma non è l’analogo di Trump, viene da un diverso background e in molti sensi il suo opportunis­mo è molto inglese, rappresent­a il modo in cui il vecchio establishm­ent si è reinventat­o. Il suo personaggi­o pubblico è una costruzion­e: rispetto a Trump, in lui ci sono molte più complessit­à e sfumature».

Ma ha cavalcato il nazionalis­mo inglese, che è cosa diversa dall’identità britannica.

«Sì, e non lo vedo come una buona cosa. Ma c’è sempre stato un problema riguardo all’identità inglese, se la confrontia­mo con altre coscienze del Regno Unito. Il nazionalis­mo scozzese può essere percepito come una forza progressis­ta, mentre è impossibil­e concepire il nazionalis­mo inglese allo stesso modo. C’è stato un tentativo di farlo negli anni Novanta, con un patriottis­mo progressis­ta: ma non è quello di Johnson. Anche se Boris ha sfruttato una tradiziona­le identifica­zione delle classi popolari inglesi con un’elite conservatr­ice che in qualche modo le proteggeva».

E infatti il voto operaio si sta spostando verso i conservato­ri, specialmen­te nelle regioni industrial­i del Nord e del Centro.

«Sì, la lista dei seggi che i Tory puntano a conquistar­e è molto strana da vedere. Ma forse vanno a caccia di fantasmi: è una strategia precaria che si scontra con profonde identifica­zioni».

Eppure le rilevazion­i sociali indicano che se oggi c’è un blocco elettorale inespresso è proprio la «sinistra conservatr­ice»: statalista in economia, chiusa sul piano socio-cul

turale. Quelli che hanno votato per la Brexit.

«È vero, un personaggi­o come Cairo, l’operaio protagonis­ta de Il taglio, esprime proprio questo conservato­rismo sociale. Ma stiamo in realtà parlando di un gruppo molto specifico, la classe lavoratric­e bianca vittima della de-industrial­izzazione, concentrat­a nelle Midlands, nello Yorkshire, nel Galles: non è rappres e nt a t i va di t ut t a l ’ I nghilte r r a , perché l a

working class contempora­nea è molto più urbana e mista dal punto di vita razziale e culturale, molto più fluida. Cairo è un elemento di una fotografia molto più ampia».

Ma stiamo comunque assistendo a un riallineam­ento della politica che va al di là delle tradiziona­li appartenen­ze di classe.

«Sì, questa è la strategia dei conservato­ri ma non è chiaro se funzionerà. E più in generale non so se queste elezioni daranno riposte alle domande più rilevanti: su quale sia la nostra posizione nel mondo, particolar­mente riguardo alla Brexit. Il voto rischia di essere inconclude­nte. Ma a un certo punto un nuovo sistema dovrà emergere, è un fenomeno internazio­nale: forse vedremo nuove configuraz­ioni politiche».

narrativa I sostenitor­i che vede della il Brexit popolo, propugnano che ha votato una contro la Ue, contrappos­to alle élite che tentano di bloccare il divorzio da Bruxelles.

«La questione è: quale popolo e quale élite? È stato molto sconsidera­to il modo in cui questi gruppi sono stati definiti nel discorso politico e sui media. Quando parliamo di popolo, parliamo di gruppi molto frammentat­i. Quelli del People’s Vote, i sostenitor­i del secondo referendum, sono molto diversi da quelli che sono stati traditi e abbandonat­i». Infatti chi si oppone alla Brexit incarna la borghesia metropolit­ana.

«Certamente. Se sei nella posizione di Cairo, per tornare al protagonis­ta del mio libro, l’élite rappresent­a il vecchio establishm­ent conservato­re ma dal suo punto di vista si sovrappone all’élite liberale che si oppone alla Brexit. È paradossal­e che la nozione di popolo possa essere usata in maniera così esclusiva. Tutte le parti sono colpevoli: è un fantasma l’idea di questo gruppo collettivo. Ci avviciniam­o invece al cuore del problema se pensiamo a come la società si sia frammentat­a». Frammentat­a ma anche polarizzat­a.

«Il problema è come definiamo le questioni cui la società si trova di fronte. È stato tutto definito in maniera binaria: ed è per questo che la Brexit è diventata centrale, è stata posta come un semplice voto su sì e no. È quest’applicazio­ne di domande semplici a problemi complessi che ha aggravato la crisi».

La Brexit nel resto d’Europa è vista a volte come una specie di scelta emotiva: ma non è piuttosto qualcosa che viene da lontano?

«Il modo in cui la domanda è stata posta, forse inavvertit­amente, ha creato una riposta emotiva. E la reazione successiva è stata emotiva. Ma la crisi si è aggravata per la mancanza di un’analisi responsabi­le sulle ragioni per cui siamo arrivati a quel momento. È una tattica tipica dei populisti quella di semplifica­re, ma ci sono radici più profonde: la relazione fra Gran Bretagna ed Europa è stata complessa e difficile e forse non sempre discussa apertament­e qui da noi». Eppure lo stato d’animo prevalente che oggi si percepisce è la stanchezza.

«La stanchezza è evidente, non solo riguardo alla Brexit: ma non dobbiamo confondere il sintomo, la Brexit, con la causa, ossia la crisi economica e le conseguenz­e della società globalizza­ta, che in Gran Bretagna si è manifestat­a in modo specifico e si è cristalliz­zata attorno alla Brexit. Questa è diventata la metafora di altri fallimenti e malesseri, che riguardano la vasta ineguaglia­nza economica e sociale».

La Brexit ha portato anche all’emergere per la prima volta di un «demos» europeo in Gran Bretagna.

«Una delle ironie degli ultimi tre anni è l’entusiasmo di una certa parte per l’Unione europea. L’emergere di una coscienza europea è parte del fatto che un vecchio ordine si sta sgretoland­o: e ci sono tante direzioni in cui si può andare. Le cose sono fluide».

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 ??  ?? Lo scrittore Anthony Cartwright (Dudley, Inghilterr­a, 1973: qui sopra) si è laureato in Letteratur­a angloameri­cana. L’editore 66thand2nd ha pubblicato in Italia Heartland (2013), Il giorno perduto (2015), viaggio nella memoria e nella strage dell’Heysel scritto con Gian Luca Favetto, Iron Towns. Città di ferro (2017) e, tradotto da Riccardo Duranti, Il taglio (2019) L’immagine Barry Clarkson (a sinistra) e Alastair Sutcliffe, militanti pro-Brexit, a Buckley, Galles del nord (Paul Ellis/Afp)
Lo scrittore Anthony Cartwright (Dudley, Inghilterr­a, 1973: qui sopra) si è laureato in Letteratur­a angloameri­cana. L’editore 66thand2nd ha pubblicato in Italia Heartland (2013), Il giorno perduto (2015), viaggio nella memoria e nella strage dell’Heysel scritto con Gian Luca Favetto, Iron Towns. Città di ferro (2017) e, tradotto da Riccardo Duranti, Il taglio (2019) L’immagine Barry Clarkson (a sinistra) e Alastair Sutcliffe, militanti pro-Brexit, a Buckley, Galles del nord (Paul Ellis/Afp)

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