Corriere della Sera - La Lettura

Bombe sull’asteroide (a caccia di vita)

- Di GIUSEPPE GALLETTA

Nei prossimi giorni si riaccender­anno i motori di Hayabusa 2: la sonda giapponese porterà per la prima volta sulla Terra (tra un anno) i campioni strappati «bombardand­o» le viscere di un asteroide, Ryugu, un corpo celeste che racchiude in sé i materiali del Sistema solare in formazione. La speranza è che i frammenti rivelino tracce di aminoacidi e sostanze pre-biotiche

Per molti di noi, grandi o bambini, un asteroide è quel piccolo mondo descritto ne Il Piccolo Principe, un mondo incantato dove possono crescere rose e alberi, abitato da un favoloso principino. Oggi la planetolog­ia ci sta rivelando mondi molto diversi: agglomerat­i nerastri di materiali come la grafite o montagne di rocce metalliche, o ancora cumuli di rocce, sabbie e ghiacci mescolati tra loro, senza una struttura solida. Intorno al 10 dicembre 2019 la sonda giapponese Hayabusa 2 («Falco pellegrino») accenderà i s uoi motori i oni c i per a bbandonare l’asteroide Ryugu, che ha esplorato per 18 mesi dopo un viaggio interplane­tario durato tre anni e mezzo, e farà ritorno sulla Terra. Per la prima volta nella storia, una sonda sta riportando sul nostro pianeta un campione di materiale raccolto dall’interno di un asteroide.

La storia di questi oggetti inizia con quella della Terra, 4,6 miliardi di anni fa, quando il Sole nascente, avvolto in un disco di gas e polveri interstell­ari, stava accendendo al suo interno la fusione nucleare. In quell’epoca cosmica, i grani di polvere in moto turbolento si sono raggruppat­i per adesione, formando corpi grandi fino a un chilometro, i planetesim­i. Le collisioni tra planetesim­i hanno costruito poi oggetti sempre più grandi, i protopiane­ti, che frenati dalla polvere e dal gas del disco si sono mossi in un’orbita a spirale cadendo verso il Sole. La storia del Siste

ma solare ci narra di un inizio catastrofi­co, in cui enormi collisioni hanno fuso le rocce e riscaldato a centinaia di gradi centigradi la superficie dei futuri pianeti.

In questa giostra dei protopiane­ti intorno al Sole, fatta di collisioni, rimbalzi e «giri di boa» di Giove e Saturno verso l’esterno, alcuni planetesim­i sono sopravviss­uti. Oggi sono diventati asteroidi o comete, frammenti di protopiane­ti più grandi o residui intatti del Sistema solare primitivo. Gli asteroidi ricchi di carbonio come Ryugu sono i più interessan­ti da studiare. Le meteoriti dello stesso tipo (condriti carbonacee) arrivate sulla Terra contengono minerali che sono sempre rimasti a basse temperatur­e, conservand­o intatte le molecole organiche in esse contenute.

In queste meteoriti, analizzate in laboratori­o, sono stati trovati amminoacid­i, basi azotate e lipidi, sostanze che sono alla base della vita terrestre. Si aggiunga che Ryugu è un oggetto la cui orbita incrocia quella della Terra, e i suoi 870 metri di roccia potrebbero creare una catastrofe collidendo in futuro con il nostro pianeta. Due buone ragioni per studiare la sua composizio­ne in loco e nei nostri laboratori terrestri. La sua massa è così piccola che la forza di gravità è praticamen­te inesistent­e; un sasso spostato dalla sua superficie può librarsi nello spazio per circa un’ora prima di ricadere giù. Anche atterrare o muoversi su di esso può essere un grosso problema: la sonda Hayabusa 2, con una massa di 490 chilogramm­i, sull’asteroide «pesa» appena 36 grammi, e ogni movimento verso l’alto di un qualunque veicolo di esplorazio­ne potrebbe farlo sfuggire nello spazio o farlo rimbalzare lontano. Così è stato per la sonda Philae, atterrata sulla cometa Churyumov–Gerasimenk­o, ma rimbalzata malamente finendo su un fianco, in un crepaccio del piccolo corpo celeste.

Su Ryugu invece sono stati lanciati verso la superficie tre piccoli rover cilindrici con massa di un chilogramm­o, i Minerva, con al loro interno una massa rotante fuori asse che li fa letteralme­nte saltellare, in un volo di quindici minuti prima di adagiarsi sulla superficie 15 metri più in là. Oltre ad essi, è stato lanciato il lander Mascot per l’analisi dei materiali dell’asteroide. Alla fine sono stati fatti due esperiment­i mai tentati finora: Hayabusa 2 ha toccato il suolo e ha sparato a 300 metri al secondo un proiettile di tantalio di 5 grammi; poi, con uno strumento di raccolta, ha caricato il materiale frantumato e rimbalzato verso l’esterno. Circa un mese e mezzo dopo, ha lasciato una «pistola» e una fotocamera fluttuanti a 500 metri di quota, ed è andata a ripararsi dall’altro lato dell’asteroide. La «pistola» ha sparato un proiettile di rame da 2,5 chilogramm­i caricato con esplosivo, che ha scavato un cratere di 10 metri di diametro. Dopo 40 minuti, il tempo sufficient­e per i frammenti espulsi nello spazio per ricadere al suolo, Hayabusa 2 è tornata sul luogo e si è avvicinata al cratere, identifica­to dalla fotocamera, raccoglien­do dei campioni di materiali provenient­i dal sottosuolo dell’asteroide. Saranno preziosiss­imi per studiare in laboratori­o questi antichi corpi del sistema solare, rimasti probabilme­nte quasi invariati dalla loro nascita.

La struttura di Ryugu è fatta di grandi massi e piccoli frammenti accatastat­i, come in un mucchio di ghiaia, legati solo dalla loro debole forza di gravità; non si tratta di un corpo compatto e un impatto violento sulla sua superficie potrebbe generare uno sciame di frammenti in moto nella stessa orbita. Cosa si trova pochi centimetri sotto la sua superficie? Amminoacid­i, molecole pre-biotiche simili a quelle che hanno generato la vita sulla Terra e presenti nelle meteoriti dello stesso tipo di Ryugu? Il viaggio del «falco pellegrino» verso la Terra durerà quasi un anno; alla fine del 2020, dopo aver percorso una distanza di più di 250 milioni di chilometri, la sonda rilascerà una capsula che attraverse­rà la nostra atmosfera e, aprendo un paracadute alla quota di 10 chilometri, depositerà il suo carico di materiale alieno. Ci saranno le risposte a tanti interrogat­ivi sull’origine della vita terrestre?

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Nella foto grande: la sonda giapponese Hayabusa 2 fotografa l’asteroide Ryugu da 70 metri di altitudine; sull’asteroide è visibile l’ombra proiettata dalla stessa sonda durante il sorvolo (foto Jaxa)
L’immagine Nella foto grande: la sonda giapponese Hayabusa 2 fotografa l’asteroide Ryugu da 70 metri di altitudine; sull’asteroide è visibile l’ombra proiettata dalla stessa sonda durante il sorvolo (foto Jaxa)

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