Corriere della Sera - La Lettura
I JAZZISTI SI FANNO I DISCHI DA SOLI
Pur vivendo in tempi di musica liquida, sempre più spesso i musicisti fondano proprie regolari case discografiche; i jazzisti non fanno eccezione, anzi sono sempre stati in prima linea in questo campo. E benché alcuni siano legittimamente interessati soprattutto a promuovere la propria musica, altre etichette riscuotono notevole successo dando spazio a interpreti molto differenti fra loro.
In Italia vanno ricordate, per esempio, la solida iniziativa di Paolo Fresu, Tuk Music (da Tucconi, la località di Berchidda nel Sassarese in cui è nato), e la UR Records ( you are, se pronunciata all’inglese) di un collettivo lombardo; ma l’idea ha radici lontane, forse il primo fu Giorgio Gaslini, a metà degli anni Settanta, con i suoi Dischi della Quercia.
Barnum For Art è un progetto dell’armonicista Max De Aloe nato lo scorso anno e che ha già superato la decina di titoli, molti di jazz, un paio di classica. Nonostante il riferimento a una dimensione circense che fa pensare al caos creativo, sono tutti dischi molto raffinati, perché una caratteristica di queste etichette è che conservano anche nei lavori di altri il sapore dello stile di chi le ha fondate. I più recenti titoli di Barnum sono Simul di Bebo Ferra e Andrea Dulbecco (un duo chitarravibrafono) e My Folks del contrabbassista Salvatore Maltana (c’è anche De Aloe, oltre al chitarrista Marcello Peghin). Peculiarità dell’etichetta, oltre alla grande attenzione per il suono, è una password che dà accesso all’acquirente a molti bonus scaricabili, come immagini, partiture e brani aggiuntivi. Per essere liquidi almeno un po’.