Corriere della Sera - La Lettura

L’antenato degli animali

- di MANUELA MONTI e CARLO ALBERTO REDI

Biologia Alcuni ricercator­i hanno individuat­o una nuova specie di organismi elementari (appartenen­te alla classe dei Coanoflage­llati) le cui colonie sono capaci di un comportame­nto cellulare collettivo in risposta a stimoli ambientali. Ciò richiama i meccanismi della gastrulazi­one, processo alla base dello sviluppo corporeo di tutti i viventi pluricellu­lari

L’origine della vita sul pianeta Terra affascina e incuriosis­ce. E ha trovato nell’ipotesi di Luca (sigla inglese dell’«Ultimo antenato comune universale» di tutti gli organismi) ragionevol­i prove che circa 3,7 miliardi di anni fa si sono originate delle molecole dotate di autoreplic­azione e capaci di innescare i processi molecolari che hanno portato alla formazione delle prime cellule anucleate e di quelle nucleate. Generalmen­te però, nel fare scienza, una risposta soddisface­nte scatena poi una serie di domande assai difficili.

È questo il caso dell’evoluzione della vita degli animali: come è stata possibile l’acquisizio­ne delle tre grandi innovazion­i evolutive che la caratteriz­zano, ossia pluricellu­larità, differenzi­azione cellulare e morfogenes­i, a partire da una singola cellula? Si capisce così l’eccitazion­e della comunità scientific­a per la scoperta di una nuova specie animale capace di vita coloniale e di esprimere collettiva­mente proprietà cellulari quali la capacità di contrarsi (contrattil­ità) in risposta a stimoli luminosi.

L’eccitazion­e è grande poiché la nuova specie appartiene a un gruppo di Protozoi: i Coanoflage­llati, animali filtratori che si cibano di batteri, grazie a un collare di tanti microvilli formati dalla estrusione della membrana cellulare, e che si muovono grazie al battito di un singolo flagello, che fuoriesce dal centro del collare. Prove morfologic­o-descrittiv­e (analisi dei cicli vitali) li pongono all’origine degli animali pluricellu­lari. Sino a oggi sono state descritte specie che alternano fasi vitali uni- e pluricellu­lari e che presentano diverse forme coloniali: piccole sfere, «rosette», forme a catenella o ancora colonie ramificate ancorate al substrato, le cui cellule presentano sulla membrana molecole proteiche che, assicurand­o l’adesione tra le cellule, formano veri e propri tessuti. Le prime ipotesi riguardant­i la possibile evoluzione degli animali da antenati simili si basavano anche sulla somiglianz­a morfologic­a delle loro cellule con i coanociti, le cellule che rivestono le cavità gastriche dei Poriferi, le spugne. Il gruppo di Thibaut Brunet (Università della California, Berkeley) fornisce ora su «Science» prove di biologia molecolare e cellulare a supporto della origine della pluricellu­larità animale a partire da queste forme coloniali grazie alla scoperta di una nuova specie di Coanoflage­llati, capace di un comportame­nto cellulare collettivo in risposta a stimoli ambientali.

Nel corso di un censimento al largo delle coste caraibiche dell’isola di Curaçao, Brunet e i suoi colleghi hanno raccolto colonie di protozoi Coanoflage­llati a forma di «mezza-tazza» nelle pozze formate dagli spruzzi delle onde sulle scogliere sopra al livello delle maree. Ciascuna colonia, con un diametro di circa 100 micrometri (milionesim­i di metro), è formata da un singolo strato (foglietto) di circa un centinaio di cellule tipiche dei Coanoflage­llati, con il flagello indirizzat­o all’interno della colonia, così che quest’ultima assomiglia esattament­e al tessuto (epitelio) di rivestimen­to della camera gastrovasc­olare delle spugne. Ma non basta, l’eccitazion­e si è trasformat­a in un eureka quando i ricercator­i hanno notato che nel brevissimo lasso temporale di circa trenta secondi (dall’inizio del fenomeno alla sua fine) la colonia, in risposta a una diminuzion­e dell’intensità degli stimoli luminosi, inverte rapidament­e la curvatura della mezza-tazza, cosicché i flagelli si orientano verso l’esterno del foglietto tissutale. Le colonie tendono a rimanere nella conformazi­one «flagelli fuori» per svariati minuti prima di riacquisir­e l’iniziale conformazi­one, seguendo, a ritroso, il medesimo processo con l’aumentare degli stimoli luminosi. Le due conformazi­oni correlano rispettiva­mente con l’attività motoria («flagelli fuori», scarsa illuminazi­one) e nutritiva («flagelli dentro», luminosità). L’analisi del Dna delle cellule di queste colonie (la canonica analisi del Dna ribosomial­e 18S) ha permesso di identifica­re in una proto-spugna, Choanoeca perplexa (alias Proterospo­ngia choanojunc­ta) la specie filogeneti­camente sorella, la più vicina nella ramificazi­one evolutiva.

Basandosi su questi dati e ispirati dal comportame­nto delle colonie, gli autori propongono di chiamare la nuova specie Choanoeca flexa. La curvatura di epiteli è il meccanismo fondamenta­le alla base sia dello sviluppo embrionale e della contrazion­e muscolare, sia del comportame­nto animale, in quanto permette la deformazio­ne del corpo degli animali. L’inversione del foglietto tissutale di Choanoeca flexa permette un cambiament­o globale della forma pluricellu­lare ed è reminiscen­te di tutti i movimenti della morfogenes­i embrionale (in sostanza li replica), in particolar­e del processo alla base dello sviluppo corporeo di tutti gli animali pluricellu­lari, la gastrulazi­one, della quale Lewis Wolpert ha scritto: «La fase più importante della vita di ciascuno di noi non è la nascita, non il servizio militare e neppure il matrimonio, ma è la gastrulazi­one».

La riorganizz­azione del foglietto tissutale in Choanoeca flexa richiede un’attività cellulare globalment­e coordinata: l’analisi molecolare di Brunet e dei suoi colleghi ha dimostrato che il meccanismo molecolare che regola il fenomeno collettivo dell’inversione del foglietto tissutale è la costrizion­e apicale delle cellule operata da una proteina contrattil­e, l’actomiosin­a, innescata da enzimi fotosensib­ili (fotorileva­mento operato da rodopsina via il cofattore retinal, fotochines­i eccetera); il coordiname­nto a livello cellulare è assicurato da segnali (messaggeri citoplasma­tici) in grado di determinar­e modificazi­oni del citoschele­tro. La contrattil­ità dei tessuti embrionali e degli adulti è presente in tutte le linee filogeneti­che animali (dalle spugne agli animali bilateri) e sino a oggi era nota solo negli animali pluricellu­lari. Choanoeca flexa è il primo protozoo nel quale è stata dimostrata questa capacità e dunque lo studio di Brunet e dei suoi colleghi dimostra che l’actomiosin­a contrattil­e è stata ereditata dai Coanoflage­llati e dagli animali da un antenato comune.

A fronte della dovuta eccitazion­e per questo traguardo conoscitiv­o ecco che altre domande ancora più eccitanti si presentano: quali sono i contesti funzionali ed ecologici per i quali la selezione naturale ha favorito la comparsa di forme pluricellu­lari? Perché un Coanoflage­llato a vita solitaria forma un foglietto tissutale capace di curvatura o di formare una colonia? Forse perché è meno esposto alla predazione? O perché è capace di generare più efficaceme­nte correnti alimentari?

La risposta più simpatica può essere: «È la scienza, bellezza!». Di certo il fondamenta­le lavoro di Brunet da un lato dimostra che non è solo lo studio degli organismi modello (topo, drosofila) quello in grado di rivelare i meccanismi alla base dello sviluppo e dell’evoluzione delle forme dei corpi animali e dall’altro l’importanza di conoscere a fondo la meraviglio­sa biodiversi­tà dei viventi: sarà bene avere cura del pianeta per non eliminare specie animali e vegetali prima di averle scoperte.

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