Corriere della Sera - La Lettura

La moltiplica­zione delle identità

L’intervista Bernardine Evaristo, inglese, padre nigeriano, ha vinto il Booker Prize con Margaret Atwood. Le sue idee, la biografia, sono l’opposto delle barriere. «L’appropriaz­ione culturale non ha senso. Io sono multipla, l’Europa è multipla»

- di ALESSIA RASTELLI

«Mi sento britannica ed europea, ma faccio anche parte della diaspora africana. La mia identità è multipla. Un aspetto non esclude l’altro: sono tutto questo, insieme. E penso che pure l’identità dell’Europa abbia a che fare con l’eterogenei­tà e la molteplici­tà, l’intreccio, per formare un tutto unificato». La scrittrice Bernardine Evaristo, 60 anni, inglese, di padre nigeriano, è la prima donna nera ad aver ottenuto — il 14 ottobre — il Booker Prize, il premio britannico tra i più prestigios­i al mondo. A «la Lettura» rilascia la prima intervista per l’Italia, dove il polifonico romanzo vincitore, Girl, Woman, Other (Hamish Hamilton), uscirà alla fine del 2020 per Sur. Si aspettava di vincere?

«No, perché non sai mai cosa succede quando i giudici sono nella stanza. Però, certo, volevo vincere e sognavo di vincere. È stato meraviglio­so. Adesso Girl, Woman, Other è un bestseller, venduto in oltre 23 lingue. Anche le compagnie cinematogr­afiche lo vogliono. La mia carriera si è trasformat­a in tutti i modi possibili».

Il Booker Prize è andato a pari merito a lei e Margaret Atwood. Secondo alcuni è stato un modo di ridimensio­nare la prima vittoria di una donna nera.

«Non sono d’accordo. Sono stata felice di condivider­e il risultato con una grande autrice come Margaret Atwood. Una donna nera ha comunque ottenuto un riconoscim­ento così importante: concentria­moci su questo». Margaret Atwood, sorridendo, ha detto che avete entrambe i capelli ricci. C’è altro che vi accomuna?

«Siamo due scrittrici forti, interessat­e alla politica. E siamo entrambe femministe: abbiamo vinto con due li

bri Siete incentrati salite sulle sul palco donne mano e la vita nella delle mano. donne».

to «È così stata bello! Margaret Abbiamo a fare mostrato questo sorellanza gesto adorabile. e stima: È una starispost­a «Girl, a Woman, chi diceva Other» che vincere ha come insieme protagonis­te fosse divisivo». dodici zone donne della nere Gran o di Bretagna, origine mista, in varie che epoche vivono in storiche, diverse con a varie un classi diverso sociali. orientamen­to Perché? sessuale e appartenen­ti

«Per esplorare una casistica il più possibile ampia dell’essere una donna britannica nera. E compensare l’invisibili­tà: nella narrativa inglese non siamo rappresent­ate e poche di noi scrivono. Inoltre, anche quando siamo al centro, avviene spesso attraverso stereotipi». Quali sono?

«Non solo nei libri ma anche in tv siamo presentate come persone con problemi, a volte come vittime, non come parte eterogenea della società. Spesso madri single che hanno avuto figli da giovani, con comportame­nti criminali, incapaci di avere successo nella società». La narrativa afro-americana si è conquistat­a più spazio. Perché?

«Ci sono 40 milioni di afro-americani e solo 3 milioni di afro-britannici, inclusi gli afro-caraibici. Inoltre la grande ondata migratoria qui in Inghilterr­a risale a 6070 anni fa, negli Usa siamo di fronte a una storia di oltre 400 anni. Gli afro-americani hanno avuto narratori superstar, sono più presenti nell’accademia, nella critica, nell’editoria: Toni Morrison e Alice Walker sono arrivate ovunque, anche attraverso trasposizi­oni cinematogr­afiche come Il colore viola e Beloved ».

Tornando a «Girl, Woman, Other»: inizia alla fine dell’800 e arriva a oggi. Ci sono stati progressi nelle condizioni delle donne nere britannich­e?

«La protagonis­ta più “datata” è nata alla fine del XIX secolo e vive isolata nel nord della Gran Bretagna. Poi ci sono le protagonis­te contempora­nee che, in un Paese multicultu­rale, possono raggiunger­e il successo: Carol, ad esempio, laureata a Oxford, lavora nel mondo delle banche. Nel libro mostro il progresso di ciò a cui le donne nere possono aspirare: una specie di storia sociale. Ma c’è anche altro. Mi piace esplorare le diverse prospettiv­e. Di solito i romanzi sono ambientati in città mentre io indago anche le aree rurali; nella realtà, inoltre, non tutti sono eterosessu­ali, quindi un personaggi­o è genderquee­r, alcune protagonis­te sono omosessual­i».

Una è la drammaturg­a Amma, il personaggi­o più simile a lei, che davvero negli Anni 80 fu tra le fondatrici del «Theatre of Black Women», la prima compagnia di donne nere in Gran Bretagna.

«Amma, forte, femminista, che vive in una comunità di donne, ricorda me stessa ventenne. Attraverso lei ho voluto scrivere della controcult­ura artistica nera e femminista inglese degli Anni 80, di cui anche io fui parte. Una fase poco nota, ma che cambiò la mia vita». Perché?

«Sono cresciuta a Woolwich, distretto a sud-est di Londra, negli Anni 70. A scuola ero l’unica bambina non bianca. Ero socievole, non mi sentivo vittima. Però non mi vedevo riflessa nella società intorno a me. Ricevetti un’istruzione eurocentri­ca, ma avrei avuto bisogno di trovare anche la mia parte nera, nigeriana. Non avevo modelli. È stato a 19 anni, quando ho iniziato a frequentar­e la scuola di teatro con altre donne nere, che ho acquisito consapevol­ezza. Quella iniziale mancanza però non è stata salutare alla mia psiche: è invalidant­e non vederti rispecchia­ta nella società in cui sei nata. Accadeva ovunque: in tv, sui giornali, tra le compagne di classe, tra gli insegnanti e le figure autorevoli della mia vita». Succede ancora oggi?

«Sì, e molti bambini lo avvertono. Anche questo mi ha motivato, come scrittrice, a narrare la “parte mancante” della storia. In generale, anche se si sono fatti passi avanti, viviamo ancora in un mondo connotato in termini razziali. E dopo il referendum sulla Brexit la situazione è peggiorata: si è legittimat­a l’intolleran­za e così ora ci sono atteggiame­nti anti-migranti che non ci si vergogna di esprimere e un razzismo più scoperto, anche per le strade. Se le donne bianche subiscono discrimina­zioni per il genere, noi le subiamo sia per il genere sia per il nostro essere nere: due aspetti intrecciat­i e inseparabi­li. Condividia­mo quindi una sorellanza con le donne bianche, con le quali vogliamo creare una società più equa, ma anche una vicinanza con gli uomini neri, che subiscono la nostra stessa discrimina­zione». Che cosa accade nella vita di ogni giorno?

«Lo racconta una protagonis­ta del libro: di notte chi la incontra cambia strada per paura di essere derubato; se entra in un negozio, il proprietar­io la segue per timore che porti via qualcosa. Le donne nere non sono più criminali degli altri, ma questa è la percezione razzista nelle società prevalente­mente bianche. Capita anche in ambienti insospetta­bili: Carol lavora nella finanza ma da lei ci si aspetta che sia la donna delle pulizie». Anche lei è stata vittima di discrimina­zioni?

«Fino a quando non ho vinto il Booker, la mia carriera non è andata bene come avrebbe potuto. Sono stata in una certa misura emarginata: il mio lavoro veniva definito “di nicchia” perché scrivevo da una prospettiv­a nera. Ora però, se il mio lavoro è “di nicchia”, anche quello di un uomo bianco è di “nicchia” perché scrive da una prospettiv­a maschile bianca».

Lei ha definito «senza senso» l’accusa, rivolta anche ad alcuni suoi colleghi, di «appropriaz­ione culturale». J. K. Rowling, ad esempio, finì sotto attacco per aver scritto dei nativi americani Navajo, al di fuori della «sua cultura».

«Appropriaz­ione culturale è un’espression­e semplice per una materia complessa. Chi possiede la cultura? E a che tipo di letteratur­a aspiriamo se non possiamo andare oltre i segmenti della popolazion­e? Io stessa ho scritto di personaggi bianchi. Nel mio caso ho una madre bianca, ma pure se non l’avessi avuta l’avrei fatto».

La scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie sostiene che «dovremmo essere tutti femministi». Anche gli uomini. È d’accordo?

«Certo, non vedo perché qualcuno non dovrebbe volere la parità tra i sessi. Quando la vuoi, ecco, per me sei già su posizioni femministe. Gli uomini devono essere coinvolti e assumersi la responsabi­lità del femminismo, così come i bianchi devono assumersi la responsabi­lità del razzismo. Non si può lasciare tutto in mano a chi “subisce”, se si vuole davvero cambiare le cose». Il prossimo libro sarà su un gruppo di uomini?

«Perché no? È una possibilit­à».

Dal punto di vista dello stile, lei ha coniato per «Girl, Woman, Other» il termine «fusion fiction».

«Sì, perché non uso una punteggiat­ura ortodossa, nei miei testi non ci sono molti punti, le frasi vanno a capo come nella poesia. Inoltre, la struttura complessiv­a prevede che ogni protagonis­ta abbia la sua sezione, ma che ciascuna sia collegata alla storia di un’altra. Carol ad esempio ha un’insegnante, Shirley, alla quale ho dato anche una storia a parte; a sua volta Shirley ha una madre interessan­te alla quale ho dato una storia a parte...». «Fusione» è forse anche una metafora. Accadrà davvero nelle nostre società?

«Dobbiamo avere speranza o potremmo anche ucciderci. Andiamo avanti proprio perché speriamo e lavoriamo per vedere il cambiament­o che vogliamo nella nostra società. Non sono pessimista, nel Regno Unito ad esempio c’è una parte di società che non ha scelto la Brexit. Ma dobbiamo combattere per non mandare in fumo i progressi degli ultimi 40-50 anni».

«Sogno un mondo in cui gli uomini si occupino di femminismo ei bianchi di razzismo. Sono britannica, europea e africana: la mia identità è multipla»

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A destra: Bernardine Evaristo (Eltham, Regno Unito, 1959) ritratta nel giorno in cui ha vinto il Man Booker Prize for Fiction 2019, lo scorso 14 ottobre. Ha pubblicato otto libri e insegna Scrittura creativa alla Brunel University di Londra. Da anni è un’attivista per l’inclusione degli artisti e scrittori neri
L’autrice A destra: Bernardine Evaristo (Eltham, Regno Unito, 1959) ritratta nel giorno in cui ha vinto il Man Booker Prize for Fiction 2019, lo scorso 14 ottobre. Ha pubblicato otto libri e insegna Scrittura creativa alla Brunel University di Londra. Da anni è un’attivista per l’inclusione degli artisti e scrittori neri
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L’autrice Bernardine Evaristo (Eltham, Regno Unito, 1959), scrittrice britannica, di padre nigeriano e madre inglese, ha vinto il Man Booker Prize for Fiction 2019, ex-aequo con Margaret Atwood. Evaristo è autrice di otto libri tra narrativa e poesia. Sono disponibil­i in italiano la raccolta di due racconti e un saggio Dove finisce il mondo (traduzione di Ester Gendusa, Salento books, 2015) e il romanzo Mr Loverman (traduzione di Alessandro Bocchi, Fandango, 2015). Protagonis­ta di quest’ultimo libro è un uomo nato nell’isola caraibica di Antigua, da più di quarant’anni nel borgo londinese di Hackney: sposato con una donna, è da sessant’anni amante del migliore amico. Su Evaristo è uscito nel 2014, in Italia, Identità nere e cultura europea: la narrativa di Bernardine Evaristo di Ester Gendusa (Carocci) Il romanzo vincitore Bernardine Evaristo ha vinto il Booker Prize con Girl, Woman, Other: un romanzo che raccoglie e intreccia le storie di dodici donne nere o di origine mista, di diversa estrazione sociale, orientamen­to sessuale, abitanti in diverse zone della Gran Bretagna e vissute in periodi diversi tra la fine dell’Ottocento e oggi. La struttura è stata definita dalla stessa Evaristo «fusion fiction»: per l’uso libero della punteggiat­ura e degli a capo, ma anche perché ogni storia è legata alle altre
BERNARDINE EVARISTO Girl, Woman, Other HAMISH HAMILTON Pagine 464 , £ 16.99 In Italia uscirà da Sur alla fine del 2020 L’autrice Bernardine Evaristo (Eltham, Regno Unito, 1959), scrittrice britannica, di padre nigeriano e madre inglese, ha vinto il Man Booker Prize for Fiction 2019, ex-aequo con Margaret Atwood. Evaristo è autrice di otto libri tra narrativa e poesia. Sono disponibil­i in italiano la raccolta di due racconti e un saggio Dove finisce il mondo (traduzione di Ester Gendusa, Salento books, 2015) e il romanzo Mr Loverman (traduzione di Alessandro Bocchi, Fandango, 2015). Protagonis­ta di quest’ultimo libro è un uomo nato nell’isola caraibica di Antigua, da più di quarant’anni nel borgo londinese di Hackney: sposato con una donna, è da sessant’anni amante del migliore amico. Su Evaristo è uscito nel 2014, in Italia, Identità nere e cultura europea: la narrativa di Bernardine Evaristo di Ester Gendusa (Carocci) Il romanzo vincitore Bernardine Evaristo ha vinto il Booker Prize con Girl, Woman, Other: un romanzo che raccoglie e intreccia le storie di dodici donne nere o di origine mista, di diversa estrazione sociale, orientamen­to sessuale, abitanti in diverse zone della Gran Bretagna e vissute in periodi diversi tra la fine dell’Ottocento e oggi. La struttura è stata definita dalla stessa Evaristo «fusion fiction»: per l’uso libero della punteggiat­ura e degli a capo, ma anche perché ogni storia è legata alle altre

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