Corriere della Sera - La Lettura
Leggi, leggi tutto, se hai coraggio
Antologie Fabio Genovesi ha messo insieme una collezione di «racconti delle tenebre», alcuni dei quali dimostrano come certi spaventi di oggi in realtà non siano così nuovi. E come autori semisconosciuti tengano il passo di maestri come Poe
Quando ho preso in mano questo volume curato da Fabio Genovesi, dal titolo I racconti delle tenebre, ho avuto qualcosa a metà tra un déjà-vu e un flashback. Quando ero bambino, infatti, mio padre possedeva un libro dal titolo quasi uguale, Racconti di tenebra, che era tra i miei oggetti del desiderio. Contribuiva a ciò sia il fatto che poco prima mi avesse passato l’antologia di racconti di fantascienza Le meraviglie del possibile curata da Fruttero & Lucentini (dopo simili capolavori mi era naturale presumere che tutte le sue antologie fossero scrigni di tesori) sia il suo essermi preclusa per via della mia età. Va da sé che, una volta identificata la sua posizione negli scaffali alti della biblioteca, attesi che i miei fossero fuori, scalai il mobile e recuperai il tomo, onde poi leggerlo col favore della notte. La delusione fu grande: la bramata antologia non raccoglieva che un pugno di epigoni italici dei maestri del terrore e, anche se non conoscevo gli originali, ero già un lettore abbastanza esperto da riconoscere una patacca.
Così oggi, nel prendere in mano questi
Racconti delle tenebre, ecco un pavloviano moto di diffidenza, subito rientrato quando ho visto che La casa del giudice, il primo racconto selezionato, è di Bram Stoker, cosa che da sola vale come sigillo di qualità, oltre a suggerire l’essere di fronte a una raccolta di pietre miliari. E se a uno sguardo superficiale la selezione può apparire del tutto classica — tra le prime cose che il lettore incontra ci sono una casa stregata (comprensiva di vecchio dipinto minaccioso) e una nave ferma in una bonaccia notturna che non promette niente di buono — in realtà il lavoro di Genovesi è di sorniona sottigliezza: già alla nave — che incontriamo nel secondo racconto, di William Hope Hodgson, noto per avere ispirato Lovecraft — comprendiamo che le sue scelte non sono scontate.
Leggere La voce della notte, infatti (facciamolo: «…mentre ci avvicinavamo a riva, mi resi conto che anche a terra quello spregevole fungo che ci aveva costretti ad abbandonare la nave cresceva rigoglioso. In alcuni punti si ergeva in rilievi bizzarri e orribili, che sembravano quasi tremare di una tenue vitalità quando il vento li sfiorava. Qua e là le escrescenze avevano la forma di dita enormi, oppure si stendevano piatte, con un aspetto liscio e infido. In altri punti, sembravano alberi grottescamente arrestati nella loro crescita, contorti e nodosi…»), mostra quanto il new weird (genere che mescola elementi fantasy, altri fantascientifici e altri ancora horror), di cui tanto si parla, spesso non sia altro che il buon vecchio weird e che le minacce biologiche di un VanderMeer non siano che l’aggiornamento psichedelico di quanto inventato da Hodgson.
E quante cose, oggi, sono l’aggiornamento di ciò che ha inventato Poe? Il numero è incalcolabile; di certo, leggendo Il
rumore del cuore, lo spassoso testo scelto per I racconti delle tenebre, con la sua foll i a net t a , s pi cc i a e i ncontrovert i bi l e («Credo fosse quel suo occhio. Sì, era quello. Un occhio era simile ad occhio d’avvoltoio, azzurrognolo, velato. Quando mi si posava addosso, mi si gelava il sangue; e così, poco alla volta, lentamente, giunsi alla determinazione di togliere la vita a quel vecchio, e in tal modo liberarmi di quell’occhio») è difficile non pensare ai fumetti dello Zio Tibia e a tutto quell’horror popolare moderno che, in ultimo, ha avuto una funzione non da poco: ricordarci che il male spesso è insensato, e anche per questo fa così paura.
Dopo il racconto di Poe, ci pensa Perceval Landon a riportarci in una casa infestata, con Thurnley Abbey (e se la casa di Stoker ci faceva sorridere con i suoi ingenui orrori, quella di Landon coincide con il momento in cui un brivido freddo scende anche lungo la schiena del lettore più smaliziato), ed è solo l’inizio di una lunga serie di perle: leggendo I racconti
delle tenebre, il lettore potrà scoprire l’inatteso (almeno per chi non sa che partecipò alle cruente battaglie dell’Isonzo) gusto per lo splatter di Ardengo Soffici, con Satana in treno; conoscere la misteriosa Gwendolyn Ranger Wormser, autrice dello Spaventapasseri, tanto obliata che anche l’occhio scandagliatore di Google, a cercarne il nome, non trova che una tomba (!); incontrare il cugino tenebroso di Tolstoj, Aleksej Konstantinovic; e ancora ritrovare i lavori di troppo poco letti maestri come Ambrose Bierce, Joseph Sheridan Le Fanu o Algernon Blackwood…
In breve, Fabio Genovesi ci ha dato oggi la grande antologia dell’orrore che avrei voluto leggere trent’anni fa — e che forse è stato bene abbia letto solo adesso, se è vero che ieri notte, pur adulto e vaccinatissimo, una volta chiuso il libro mi sono dovuto alzare per controllare che ai piedi del letto non ci fosse il fantasma di Thurnley Abbey.
Precursori
Le minacce biologiche di Jeff VanderMeer non sono che l’aggiornamento psichedelico di ciò che inventò Hodgson
Il versante italiano
Una storia come «Satana in treno» mostra il volto splatter di Ardengo Soffici. E c’è anche un testo di Salvatore Di Giacomo