Corriere della Sera - La Lettura
Shirley Jackson a fumetti (del nipote)
Miles Hyman traduce in immagini le parole della nonna, regina del gotico
Ormai è consuetudine vedere adattamenti di grandi testi in forma di fumetto ma con La lotteria (Adelphi) l’operazione è più profonda. L’autore, Miles Hyman, è il nipote di quella Shirley Jackson che con questo racconto del 1948 sbancò il «New Yorker» e scosse gli Usa. A settant’anni di distanza è ancora la storia più letta del magazine statunitense e quella che ha incassato il maggior numero di proteste dai lettori: in tanti pensavano che la vicenda narrata fosse vera, che nelle cittadine del New England si tenesse davvero una lotteria annuale in cui un abitante veniva estratto a sorte per essere lapidato dai suoi concittadini.
Vista la brevità del testo originale (18 pagine della Piccola Biblioteca Adelphi), Hyman può esprimere appieno il proprio stile classico, lento, meditato. Ogni vignetta sembra un’opera pittorica a sé e i baloon entrano quasi a forza nella composizione, come sovrapposti al disegno e non sua parte integrante. Lo stile ricorda il Grant Wood di un dipinto come American Gothic e il noir (Hyman ha firmato anche l’adattamento di Dalia nera di James Ellroy per Einaudi Stile libero) e scorrendo le pagine si ha l’impressione di passeggiare in una galleria d’arte o di vedere i fotogrammi di una pellicola in controluce.
Il lavoro del disegnatore non era dei più semplici. Jackson, regina del gotico americano, aveva creato un racconto fortemente evocativo limitandosi a narrare la vicenda con stile cronachistico, freddo, privo di facili sentimenti. Aveva lasciato che l’orrore si scatenasse nella mente del lettore senza abusare dei soliti artifici narrativi. Il non detto insomma valeva più delle parole. Anche nella graphic novel il testo è ridotto all’osso.
Sono le tinte tenui a raccontare l’attaccamento alla terra e alla tradizione del vecchio New England e sono i disegni a forgiare il carattere duro e pragmatico dei suoi abitanti. I sentimenti e i pensieri dei carnefici e della vittima sono lasciati all’immagine, agli sguardi, ai volti. Sembra proprio di vedere ciò che la nonna aveva immaginato solo a parole.