Corriere della Sera - La Lettura

Ebreo lui, ebrea lei, e un oceano di distanza

«Yekl» di Abraham Cahan e gli strappi dell’immigrazio­ne (nell’Ottocento)

- Di MARCO OSTONI

Ha più di un secolo (uscì negli Stati Uniti nel 1896), ma non risente del peso degli anni. Anzi. La sua attualità è sorprenden­te se solo si allarga il focus dell’attenzione dalla comunità ebraica newyorkese di fine Ottocento, frutto dell’ennesima diaspora del «popolo eletto» — allora in fuga dai pogrom esplosi nella grande Russia zarista dopo l’attentato contro Alessandro II nel 1881 — all’Occidente di oggi, nuova Terra promessa per migliaia di uomini costretti a lasciare i propri Paesi a causa della guerra, della fame, del clima che impazzisce.

Cambiano gli scenari ma non cambia il tema dello sradicamen­to di chi deve ripartire da zero, lontano migliaia di chilometri da luoghi, culture e tradizioni, spesso recidendo anche i legami familiari nella speranza, prima o poi, di riuscire a ricucirli. Ed è proprio attorno a questo snodo, al tema cioè della difficoltà di recuperare relazioni dopo anni di distanza e in contesti socio-culturali completame­nte diversi, che si svolge questo romanzo breve di Abraham Cahan (1860-1951), scrittore, giornalist­a e politico statuniten­se di origine ebraica, nativo della Lituania.

A chi immagina gli ebrei quali un popolo talmente arroccato attorno alla sua peculiare matrice storico-religiosa e alla sua lingua franca (l’yiddish) da uscire indenne da ogni «deportazio­ne», Cahan — forte anche dell’esperienza personale e dell’osservator­io offertogli dal giornale che diresse per 40 anni all’interno della comunità ebraica americana — mostra in queste pagine quanto in realtà siffatto quadro fosse screziato da profonde ferite. E mostra quanto la perdita delle radici sia stata foriera di tanti piccoli drammi personali e familiari tra i greenhorn dell’Europa orientale: i sempliciot­ti o pivelli, come venivano chiamati gli ebrei appena sbarcati oltre Atlantico.

Yekl, il protagonis­ta del romanzo, è uno di questi: fuggito poco più che ventenne da un paese dell’arretrata Russia zarista, non fatica ad adattarsi ai nuovi e luccicanti costumi a stelle e strisce, ivi compresi quelli della libertà sessuale, ma si trova spiazzato all’arrivo, tre anni più tardi, della giovane moglie, che è invece ancora in tutto e per tutto un’ebrea ortodossa, profondame­nte religiosa e con tanto di parrucca a celare in pubblico i preziosi capelli.

L’incontro si trasforma presto in un aspro scontro a dispetto dell’affetto che Yekl, americaniz­zatosi anche nel nome in Jake, nutre per il figliolett­o che la donna ha portato con sé per ricongiung­ere la famiglia originaria. Ed è nelle pagine che raccontano di questa profonda frattura che Cahan mette in mostra le sue migliori qualità di scrittore grazie a una penna acuminata e brillante, con rapide pennellate ad affrescare altrettant­o rapidi quadri, e a efficaciss­imi dialoghi.

Ottima anche la traduzione di Livio Crescenzi che, pur non potendo riportare in italiano i giochi linguistic­i fra yiddish e inglese, ne dà conto nell’apparato critico da lui stesso curato.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy