Corriere della Sera - La Lettura
Il Pallone d’oro della letteratura
La Pagella dell’Anno è quella di Sandro Veronesi e del suo romanzo Il colibrì che è un crack (come si dice nel mondo del calcio, e come si diceva prima ancora nel giro delle corse dei cavalli, per indicare un campione, un giocatore di grande talento, un fuoriclasse). Il colibrì è un romanzo fuoriclasse. E non c’è altro da aggiungere. A Veronesi tocca quindi l’ormai tradizionale premio de «la Lettura» sancito dalla classifica di qualità (una specie di Pallone d’oro letterario, per insistere nella metafora calcistica, la Penna d’oro 2019). A proposito di qualità, ecco una personalissima antologia del meglio dei libri letti per «La pagella» in questi ultimi dodici mesi. Lo scrittore più divertente ma anche il più disperante è Michel Houellebecq. Due tweet dal suo Serotonina: 1) «Rihanna avrebbe fatto sbarellare Marcel Proust» (divertente); 2) «Dio è uno sceneggiatore mediocre» (disperante). Il personaggio più commovente è il console onorario protagonista dell’omonimo romanzo di Graham Greene ritornato tra i bestseller a quarantasei anni di distanza dalla prima edizione. Il console è un santo bevitore. Ostaggio di terroristi cattocomunisti, rinuncia a fuggire per salvarsi la pelle, dicendo al suo liberatore: «Riportami al mio whisky. Quello è il mio sacramento». Lo scambio di battute più brillante è di Gaetano Savatteri nel suo racconto per l’antologia Una giornata in giallo. Un cameriere dice al protagonista della storia Saverio Lamanna: «Non si dice Bèlice, si dice Belìce. Dopo il terremoto l’hanno chiamato Bèlice. Ma prima si chiamava Belìce». Lamanna risponde fulmineo: «Si vede che la scossa ha spostato pure l’accento». La pagina più agghiacciante e raccapricciante è la pagina 97 di La guerra dei Courtney di Wilbur Smith: «L’idea è venuta al generale Nebe, il capo della Polizia criminale. Una notte è tornato a casa ubriaco. Non racconto fandonie, signori, è questo che ha detto il generale quando ce l’ha spiegato. Si infila nel garage con l’auto e si addormenta senza spegnere il motore. Si sveglia tossendo e sputando e sentendosi da cani e pensa: avrei potuto morire su quella macchina. Perché non usiamo i fumi di scarico di un furgone per sbarazzarci delle persone di cui non abbiamo bisogno?». Tutto vero, così nacquero le camere a gas naziste. La storia d’amore più bella e infelice è quella tra l’ispettore Morse e Yvonne Harrison in Il giorno del rimorso di Colin Dexter. Yvonne è un’infermiera cinquantenne, bella, ambita e chiacchierata. Su di lei, siamo in un romanzo inglese, si spettegola molto al pub (una che fa «su e giù con gli slippini come uno yo-yo»). L’ispettore Morse (che ha l’acume del poliziotto, ma anche l’animo del poeta) trova Yvonne desiderabile «come la donna che guarda tra le ciglia nella poesia di Larkin». Nell’ultimo romanzo di Dexter ho trovato anche il più utile consiglio dell’anno: buttare ogni tanto uno sguardo ai necrologi sperando di trovarci gente più giovane (esercizio che — sarebbe statisticamente provato — allunga la vita). Il critico più bravo dell’anno è il personaggio di Le signore in nero, la deliziosa commedia di Madeleine St John, quando dice di Jane Austen: «È un genio, esattamente come Tolstoj». Ed è la pura verità. Nella categoria suspense il vincitore è Piero Trellini con La partita, romanzo in cui, con un gioco di prestigio narrativo, riesce a raccontare Italia-Brasile del Mondiale 1982 come se ignorassimo come andò a finire. La preghiera più bella è quella che inizia e chiude Il colibrì: «Preghiamo per lui, e per tutte le navi in mare».