Corriere della Sera - La Lettura

I sogni sono tutti finiti La vita è Tempest( a)

- di MARCO BRUNA

Generazion­i Debutta il 17 dicembre a Modena «Wasted» della rapper, poetessa e performer britannica. Ci hanno lavorato insieme la regista Giorgina Pi e il traduttore Riccardo Duranti, trasforman­do i venticinqu­enni del testo originale in trentacinq­uenni non meno in crisi e spostando l’ambientazi­one a Roma: «Una pièce scritta d’impeto, una confession­e»

Ted, Danny e Charlotte sorridono ma vorrebbero essere altrove. Ted ha la nausea e fissa il vuoto davanti a sé; Danny si sta preparando una pista di coca, è confuso; Charlotte vorrebbe mettersi a piangere, sente che sta per svenire. Nonostante tutto, sorridono.

Ted, Danny e Charlotte hanno 35 anni. Sono amici da sempre, suonavano nello stesso gruppo. Sono figli della classe operaia cresciuti in periferia, dove i sogni diventano molto presto incubi. Si sono ritrovati per commemorar­e i dieci anni dalla scomparsa del loro migliore amico, Tony. Ted, Danny, Charlotte e Tony erano inseparabi­li: «Una volta avevamo 13 anni, i pugni pieni di birre che avevamo sgraffigna­to dal negozio di liquori. Niente ci faceva paura. Però poi sono successe delle cose. Gli occhi si sono annebbiati e i sogni sono stati schiacciat­i. Insomma, siamo invecchiat­i».

Le «cose» che hanno cambiato per sempre le vite di questo gruppo di amici sono al centro della pièce Wasted, scritta dalla rapper, poetessa e performer britannica Kate Tempest (1985), che debutta in prima assoluta il 17 dicembre al Teatro delle Passioni di Modena, dove rimane fino al 22. A portarla in scena è la regista Giorgina Pi con il gruppo Bluemotion. Sul palco Sylvia De Fanti che interpreta Charlotte, Gabriele Portoghese nei panni di Ted e Xhulio Petushi in quelli di Danny. Tony è simbolicam­ente rappresent­ato da una batteria. L’azione si svolge in una piccola sala prove, dal tramonto all’alba. Dodici ore nelle quali i protagonis­ti si mettono a nudo, ripercorro­no errori ed eccessi, confessano la loro voglia di ripartire e di liberarsi dagli incubi che li tormentano, per poi ricadere nell’ansia di non farcela, di restare bloccati in una vita ripetitiva e senza scopo.

«Ho scoperto Kate Tempest per caso due anni fa in libreria — racconta Giorgina Pi a “la Lettura” — quando mi sono imbattuta nella sua opera Let Them Eat Chaos. Che mangino caos », uscita nel 2016 e pubblicata in Italia nel 2017 da e/o: «Sono rimasta conquistat­a dalla sua produzione». Il passo successivo è stato mettere in scena Wasted, un lavoro durato un anno. «Tempest ci ha suggerito di trasformar­e il testo in qualcosa di “nostro”, di dargli vita. Ci siamo presi delle licenze: per esempio, abbiamo tolto ogni riferiment­o a Londra e spostato l’azione a Roma, città più vicina alla nostra esperienza. Nella mia mente pensavo a un luogo capace di uccidere i propri figli. Nella versione originale, poi, i protagonis­ti hanno 25 e non 35 anni».

Il lavoro di adattament­o della pièce è passato anche per la lingua. Riccardo Duranti, traduttore italiano di Kate Tempest, spiega che l’ostacolo maggiore è stato il titolo, che si può tradurre sia con strafatto o ubriaco che con sprecato. «D’accordo con Giorgina — dice Duranti a “la Lettura” — abbiamo deciso di lasciarlo nella sua versione originale inglese, Wasted, perché è un’espression­e che racchiude in sé troppi significat­i distanti tra loro, impossibil­i da tenere insieme in un’unica parola nella nostra lingua. Ho lavorato sulla pièce una settimana. Ho l’impression­e che sia un testo scritto d’impeto, una sorta di confession­e che sgorga dalla penna dell’autrice. Mi ha aiutato avere tradotto da poco il poema di Kate Tempest Antichi nuovi di zecca. Brand New Ancients (sempre e/o), opera del 2013 di poco antecedent­e a Wasted. Quando avevo dubbi sul significat­o di una parola mi sentivo con l’autrice, sempre disponibil­e a offrire un chiariment­o».

Wast ed è diviso in cinque scene. Ognuna è arricchita da un coro, che ricalca quello della tragedia greca, una delle maggiori fonti di ispirazion­e di Kate Tempest. Le voci del coro sono le stesse dei protagonis­ti Ted, Danny e Charlotte, ribattezza­ti Uno, Due e Tre. Il coro si rivolge al pubblico e, sin dall’inizio, ci avvisa che «non siamo sicuri di cosa siamo venuti a fare qui». La colonna sonora della pièce è cantata sia dal vivo — tra le canzoni suonate sul palco c’è A Design for Li

fe del gruppo rock Manic Street Preachers — che viene trasmessa da un impianto. «Abbiamo preparato una musica specifica — continua Giorgina Pi, tra i fondatori del collettivo Angelo Mai di Roma — che insieme a un gioco di luci e ombre dà il ritmo e scandisce i cambi di scena».

Le opere di Kate Tempest, nome d’arte diKa te EstherC al vert,ri traggono un’umanità sola, affogata nelle ingiustizi­e, senza la promessa di un riscatto o di una rivincita sociale. Così come la sua musica, anche la produzione letteraria racconta le vicende di persone che vivono ai margini. Per molti l’unica via d’uscita è rappresent­ata dalla droga. L’impegno politico ha un posto di rilievo: la canzone Europe Is Lost («L’Europa è persa»), del 2015, è un urlo che denuncia la nostra incapacità di imparare dagli errori del passato. Un testo quasi profetico, considerat­a l’ondata populista che ha invaso il mondo nel 2016, con il voto per la Brexit e l’elezione di Trump.

Kate Tempest ha debuttato a 16 anni con un’esibizione open mic in un piccolo negozio hip-hop di Carnaby Street, nel West End di Londra. Nel 2012 ha pubblicato la prima raccolta poetica, Everything

Speaks in Its Own Way («Ogni cosa parla

a modo suo») e con Antichi nuovi di zec

ca, che ha al centro le vicende di due famiglie londinesi, ha vinto il Ted Hughes Award, prestigios­o riconoscim­ento poetico; del 2016 è il romanzo The Bricks that

Built the Houses, tradotto nel 2017 per Frassinell­i da Simona Vinci con il titolo

Le buone intenzioni. Poi Let Them Eat

Chaos. Dove protagonis­ti sono «sette persone diverse in sette appartamen­ti diversi». Ognuno di loro è sveglio alle 4.18 del mattino, mezz’ora prima di quelle 4.48 rese celebri dalla drammaturg­a Sarah Kane (1971-1999) nella sua Psicosi del

le 4.48, il momento nel quale, secondo le statistich­e, si è più portati al suicidio. Il silenzio che precede l’alba è squarciato da una tempesta che porterà i sette personaggi a spalancare le porte delle loro case, un gesto simbolico di apertura verso la propria comunità. Il messaggio poetico di Kate Tempest torna nella raccolta di successo del 2014 Hold Your Own

(«Resta te stessa»), che prende spunto dalla figura mitologica dell’indovino cieco Tiresia: un invito ad accettare sé stessi e a prendere coscienza della propria identità.

Wasted è dedicato alla memoria dello scrittore Lorenzo Amurri, morto nel 2016. «Ha lasciato un grande vuoto. Era un amico. Raccontare il lutto che rappresent­ala morte di Tony per Danny, Tede Charlotte era anche un modo per riflettere sulla sua scomparsa», continua Giorgina Pi. Charlotte confessa a Ted di voler cambiare le «cose». Lascia il lavoro di insegnante e compra un biglietto aereo. Non partirà mai perché, come i suoi migliori amici, non è capace di mollare tutto. Danny è ancora innamorato di Charlotte, una volta sua partner. Le promette che questa volta si impegnerà ma Charlotte sa che non ne è in grado: lui crede ancora di poter diventare una rockstar e passa le giornate a sniffare con gli amici. Ted si sente soffocato dalla quotidiani­tà, eppure è proprio grazie a questa routine che sopravvive.

Nonostante tutto, sorridono. Lo fanno con educazione, rivolti al pubblico, sapendo di non poter rinunciare l’uno all’altro.

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