Corriere della Sera - La Lettura

La statua della santa che ti cambia la vita

- Di KATE MOSSE

Tutto può cambiare in un battito di ciglia. Una minuscola frazione di tempo, tra un respiro e l’altro, e niente sarà più come prima: il resto dell’eternità condiziona­to da un singolo istante. Per alcuni quell’istante è il momento in cui si innamorano, per altri quello definitivo, della fine della vita, per altri ancora l’istante in cui ascoltano una canzone. Per Hermione fu colpa di una santa.

Si fermarono a Montolieu senza nessuna ragione precisa, ma solo perché Leon aveva deciso che era stanco di guidare. Nonostante i finestrini aperti, il caldo era insopporta­bile. La strada si inerpicava su per le colline del territorio della Linguadoca, dove campi bruni e riarsi si stendevano a perdita d’occhio. Grandi platani dai tronchi scorteccia­ti, sotto la cui ombra gli anziani si riparavano per giocare a bocce. I nomi dei paesi sulla segnaletic­a si barravano di rosso una volta oltrepassa­ti. Di tanto in tanto appariva qualche gruppo di case, ma nessun segno di vita. Niente. Solo il calore che si riverberav­a dalla striscia di asfalto.

Come al solito, Leon sembrava pensare che fosse colpa della moglie. Nell’ultima mezzora non aveva fatto che stuzzicarl­a malignamen­te sul fatto che non fosse nemmeno in grado di organizzar­e un viaggio o di leggere una cartina... insomma, criticando­la in tutto e per tutto. Le ci era voluto del tempo per capire che lui in fondo godesse a umiliarla e farla sentire stupida. Hermione sapeva che il suo comportame­nto metteva in imbarazzo i pochi amici che gli erano rimasti. Si detestava per il fatto di continuare a sopportarl­o, ma dopo dieci anni di matrimonio i loro ruoli erano cristalliz­zati. E poi non aveva più nemmeno le forze per replicare. Tutta questione di abitudine, si ripeteva, sistemando­si meglio sul sedile. La tappezzeri­a di pelle le si incollava fastidiosa­mente alle gambe. Ironia della sorte, Leon diceva che il suo peggiore difetto era lasciare che la gente si approfitta­sse di lei. E adesso Hermione aveva quel familiare nodo allo stomaco, i nervi tesi e la sgradevole sensazione che un’altra giornata fosse andata a rotoli.

Controllò l’orologio, percependo l’irritazion­e di Leon dal suo tagliente silenzio. Le undici e venti. Sospirò, puntò lo sguardo sulla strada davanti a sé e sperò che succedesse qualcosa, che le cose potessero andare meglio.

Quando si fermarono in paese, stavano suonando gli ultimi rintocchi del mezzogiorn­o. Strano che un suono che avrebbe dovuto unire la gente potesse sembrare così solitario, così lamentoso. Montolieu aveva lo stesso aspetto delle altre graziose località di montagna da cui erano passati in quella zona della Linguadoca. Persiane di legno, appena socchiuse per lasciar entrare un po’ del calore d’agosto. Eleganti case di pietra che davano direttamen­te sulla strada. Vasi di gerani rossi sui davanzali delle finestre e sui gradini consumati. Un pesante senso di immobilità, una totale mancanza di fretta.

Avrebbe potuto essere un posto romantico, pensò Hermione. Lanciò un’occhiata a Leon, notando le gocce di sudore che gli imperlavan­o il labbro superiore e la pelle tempestata di piccoli puntini rossi dovuti alla rasatura, e sospirò. Sarebbe stato romantico se fosse capitata lì con qualcun altro, si corresse. Sarebbe stato romantico in un libro. Diede uno sguardo alla guida che aveva aperta in grembo e lesse che Montolieu era famosa per le sue numerose librerie. Aprì la bocca per dire qualcosa e spezzare il silenzio, poi si trattenne. Dall’espression­e di suo marito era evidente che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata sbagliata.

Chiuse la guida e guardò fuori dal finestrino. Una strana insegna dava il benvenuto ai turisti nel parcheggio dell’eglise. Leon si era accigliato, concentran­dosi sul compito di non urtare con le ruote della sua preziosa Xantia il bordo del marciapied­e. Parcheggiò nel posto più vicino, spense il motore, tamburellò con le dita per tre volte sul volante, come faceva sempre: uno, due, tre. Era orgoglioso della missione appena portata a termine? O forse troppo nervoso? Hermione non l’aveva mai capito.

Lo osservò premere i pulsanti per chiudere il tettuccio e i finestrini, percepì il ronzio degli ingranaggi in funzione, il sordo rumore di ogni finestrino che si chiudeva. Un rumore discreto, lussuoso. Tutta roba top

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