Corriere della Sera - La Lettura

Enzensberg­er a 90 anni tira la frutta a Leopardi

Il decano della cultura tedesca e un poeta nato nel 1971 leggono il mondo in modi paralleli: sono le cose (e gli animali, e la storia) a parlarci. Ascoltiamo­li

- Di CORNELIA MAYRBÄURL

Fallobst è un termine tedesco che indica la frutta che si raccoglie dopo che è caduta dall’albero. E Fallobst è anche il titolo del nuovo libro di Hans Magnus Enzensberg­er, scrittore, editore, poeta e, come tale, stella fissa nella vita intellettu­ale della Germania già dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Il libro, dal titolo così riconoscib­ilmente «enzensberg­hiano», è stato pubblicato in Germania in occasione del suo novantesim­o compleanno (lo scorso 11 novembre): raccoglie aforismi, sentenze e osservazio­ni argute sulla vita quotidiana e sulla società attuale. Davvero i frutti — frutti caduti dall’albero ma perfettame­nte commestibi­li — di un’esistenza ormai lunga, di un uomo che ha vissuto durante la Germania nazista, poi nella Repubblica federale tedesca (fu tra l’altro una figura di riferiment­o importante per il movimento studentesc­o degli anni Sessanta) fino alla Germania riunificat­a di Helmut Kohl, Gerhard Schröder e Angela Merkel.

La frutta di Fallobst potrebbe apparire al lettore una sorta di macedonia nella quale la maggior parte dei bocconi risultano gustosi al palato con alcuni tra questi meno saporiti. Un quaderno, un diario (non uno zibaldone: vedremo perché), come suggerisce il sottotitol­o Nur ein Notizbuch («Solo un taccuino») dal quale è possibile ricavare un percorso, arbitrario ma lecito, isolando alcune parole chiave.

Rivoluzion­e

«Mah, facciamo una rivoluzion­e perché ci sia calma, e basta!». Nell’aprile 1919, quando a Milano va in fiamme la redazione del quotidiano socialista «Avanti!», a Monaco di Baviera viene proclamata l’effimera Bayerische Räterepubl­ik (Repubblica bavarese dei Consigli) con l’intento di creare uno Stato socialista. Enzensberg­er è nato nella piccola città bavarese di Kaufbeuren solo nel 1929, quindi dieci anni dopo l’intento fallito della Räterepubl­ik i cui difensori erano stati sconfitti da truppe del governo federale. L’espression­e è sopravviss­uta ai rivoluzion­ari, magari soltanto perché riflette bene la calma spesso imperturba­bile dei bavaresi: quella che, tradotta letteralme­nte dal tedesco, si chiamerebb­e «calma di birra».

Centro

«Prima un centro era ancora in centro», ma da quando è stato ribattezza­to Center — scrive Enzensberg­er — ogni postaccio si chiama così. «Si incontrano “centri” del Vangelo, di accendini, di aggeggi erotici oppure di windsurf nei luoghi più disparati. Ma ancora un centro città, un city center oppure almeno un business center riesce a sopravvive­re qua e là. Se il mall è open, il frequentat­ore è attratto da un sale che promette sconti».

Self-service

Il servizio fai-da-te, osserva Enzensberg­er, è un ossimoro che ha come contenuto la sua propria confutazio­ne. Significa la delega di un lavoro al cliente che prima era un re ma in questo modo diventa un lacchè. L’osservazio­ne di Enzensberg­er rimanda al self check-in per prendere un volo: non ci hanno detto le compagnie aeree che serve per accorciare le file in aeroporto? Con il risultato che si fa la fila due volte: la prima al totem del check-in, la seconda davanti al banco per la consegna dei bagagli.

Materia

È per la sua età avanzata che Enzensberg­er ragiona sulla natura della materia? Già il poeta latino Lucrezio — scrive l’autore tedesco — notò che la materia aspira a ritornare alle sue origini. Il vivente imputridis­ce, si decompone. Se i processi biologici non bastano, ecco che arriva in soccorso la fisica: la gravitazio­ne, la frizione, l’erosione, l’ossidazion­e... «L’unica creatura che si oppone coscientem­ente a questa tendenza universale — scrive il nonagenari­o — è l’uomo. Gli dà fastidio che tutto si sbricioli, arrugginis­ca, appiccichi, faccia polvere, scorra, sporchi, ammuffisca, faccia macchie, goccioli».

Capitalism­o/i

L’autore critica i critici del capitalism­o: non ne avrebbero capito la natura mutevole. Una comparazio­ne veloce tra Svezia e Burkina Faso, tra Cina e Nuova Zelanda già mostra che si debba parlare di tanti capitalism­i. «Diversamen­te dal comunismo, il capitale ha provato di essere molto adattabile e di andare d’accordo con regimi militari e società tribali, con democrazie e monopartit­ismo, con dittature e teocrazie. Magari è sopravviss­uto proprio perché è disposto ad arrangiars­i con qualsiasi tipo di potere».

Avidità

«La classe politica della Repubblica federale (tedesca, ndr) si distingue per la mancanza di avidità», annota Enzensberg­er. Se un ministro usa l’auto ufficiale per una corsa privata, il pubblico già si indigna. «I suoi colleghi in Francia, Italia e Spagna che abitualmen­te si arricchisc­ono con i denari pubblici si fanno solo delle risate compassion­evoli (...). Magari ha a che fare con il protestant­esimo. Sembra però che esistano membri della classe politica che, come Angela Merkel, sempliceme­nte non s’interessan­o al denaro. Un’inclinazio­ne unica al mondo che non viene apprezzata abbastanza».

Zibaldone

Per Enzensberg­er è un peccato che Giacomo Leopardi non abbia avuto un cestino a portata di mano: «Perché nel caso lo avesse avuto, uno scrittore tanto infelice quanto geniale come Leopardi non avrebbe guardato il manoscritt­o dello Zibaldone, una prosa confusa e chiacchier­ona. Con la scelta del titolo Leopardi avrebbe voluto esprimere la natura provvisori­a delle sue annotazion­i, facendo sfoggio d’autoironia. I custodi del Graal della letteratur­a italiana, invece, questo non l’hanno mai capito».

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