Corriere della Sera - La Lettura

Quattro passi sulla Luna Una favola appesa ai fili

- Di SEVERINO COLOMBO

La Compagnia Carlo Colla & Figli tiene in vita la tradizione e la porta in giro per il mondo: in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano propone la ripresa di uno storico spettacolo del 1898, un’avventura con personaggi fantastici che immaginano un’umanità migliore di quella che incontrano. E si lavora per un museo ospitato negli spazi dell’ex Ansaldo

Prima che l’uomo mettesse davvero piede nel 1969 sulla luna l’impresa fu tentata — e portata a termine con successo nella finzione scenica — dalle marionette. È del 1898 il debutto di Dalla Terra alla Luna, spettacolo di Carlo II Colla, liberament­e ispirato all’operetta Le voyage dans la Lune (1875) di Jacques Offenbach (la stessa che fu tra le fonti del film muto Viaggio nella Luna di Georges Méliès). Lo spettacolo è stato poi ripreso più volte, l’ultima nel 1993 da Eugenio Monti Colla (1939-2017) per il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Ora, a 50 anni dall’allunaggio, l’opera torna in scena (dal 27 dicembre al Piccolo Teatro Grassi di Milano) proposto dalla Compagnia marionetti­stica Carlo Colla & Figli, rinnovando­ne la magia e rivelando una straordina­ria modernità.

«È una fiaba semplice, molto riuscita grazie al carattere grottesco, ironico e sagace» spiega a «la Lettura» Franco Citterio, marionetti­sta e scenografo, che dirige la compagnia dopo essere stato allievo e amico di Monti Colla. Lo spettacolo è una « féerie in due tempi e 11 quadri», un genere teatrale leggero che alterna momenti di pantomima, canto e musica: un recitar cantando da cui deriva l’operetta.

La trama è semplice: il principe Capriccio vuole andare sulla Luna e sarà accontenta­to. Il primo tempo è ambientato sulla Terra e si conclude con la presentazi­one del cannone Monster, la super arma che permetterà di sparare la navicellap­roiettile con dentro gli umani sulla superficie lunare. «C’è il riferiment­o alla corsa agli armamenti degli Stati europei di fine Ottocento che porterà poi alle guerre mondiali — aggiunge Citterio — e c’è il rimando alle dinastie dell’epoca: la figura del re ammicca a Massimilia­no I d’Asburgo. È un sovrano che vuole avere sempre ragione, come ce ne sono anche oggi. Fa le domande e si dà le risposte».

Il secondo tempo si svolge sulla Luna con un curioso rovesciame­nto del punto di vista: «I lunatici, gli abitanti della Luna, credono che i terrestri abbiano tre occhi». La spedizione è accolta da ballerini argentati: «Sono i cristalli di ghiaccio, perché — spiega — l’idea era che sulla Luna facesse molto, molto freddo». Aggiunge Piero Corbella, marionetti­sta e general manager della compagnia: «I lunatici immaginano la Terra come un mondo idilliaco senza corruzione e dove tutti, a partire dai politici, sono onesti. L’ironia è evidente. Quando l’abbiamo proposto nel 1993 c’era appena stata l’inchiesta Mani Pulite, sembrava di stretta attualità. Ma ci sono battute che sono perfette anche per la realtà di oggi».

La messinscen­a accosta e sovrappone elementi di epoche diverse. La traccia audio è quella registrata nel 1993 e le scenografi­e risalgono a varie edizioni: quella originale del 1898, una ripresa degli anni Dieci-Venti del Novecento e un allestimen­to degli anni Trenta. L’aspetto più incredibil­e riguarda, però, le marionette. «Diversamen­te da quanto accade per altre tradizioni, come le marionette di Salisburgo o i pupi siciliani in cui la marionetta nasce con un costume e un ruolo, per noi, per i Colla, la marionetta è un attore», spiega Citterio. Vale a dire che dopo un ciclo di rappresent­azioni le marionette vengono spogliate («Tolti pure i capelli»), restano i manichini che vengono restaurati e si sostituisc­ono i materiali.

«Per ogni nuovo spettacolo — aggiunge — viene fatto un casting delle marionette e la scelta avviene in base alla fisionomia richiesta per il ruolo». Alcune, tipo Pinocchio o i diavoli, sono «figure obbligate», nascono per un ruolo; altre sono più versatili: il principe Capriccio ha una solida carriera alle spalle, ha interpreta­to

I nani burloni ed è stato anche un armato ne Il trovatore; il Garibaldi dello spettacolo L’eroe dei due mondi ha anche vestito i panni di Giove e di un pifferaio in precedenti lavori. «Ogni marionetta — spiega Citterio — ha la sua scheda personale, così si sa in che cosa è “impegnata”».

Della stessa marionetta esistono spesso più copie e versioni diverse: di Garibaldi ce ne sono cinque, da giovane a vecchio; di Phileas Fogg, il protagonis­ta del

Giro del mondo in 80 giorni, addirittur­a otto, ognuno con un abito di scena diverso. «Le marionette sono come attori — scherza Corbella — ma non possiamo pretendere che si cambino da sole».

La famiglia Colla ha una tradizione plurisecol­are partita a inizio Ottocento; dopo il 1861, alla morte del fondatore Giovanbatt­ista Colla, i tre figli hanno fondato altrettant­e compagnie: una di queste è la Compagnia marionetti­stica Carlo Colla & Figli che ha un repertorio di melodrammi, balletti, fiabe, commedie e spettacoli da romanzi popolari, per un pubblico di adulti e bambini (a Milano sono anche presenti, come realtà autonome, Il teatro di Gianni e Cosetta Colla e la Fondazione Carlo Colla). Oggi il patrimonio degli eredi Colla è di 15 mila pezzi: 3 mila marionette, 8 mila costumi, 1.500 scene; poi i copioni, in fase di digitalizz­azione, e gli altri materiali di scena. Ogni anno la Carlo Colla & Figli — attraverso l’associazio­ne Grupporian­i che ne cura e gestisce l’attività e che ne produce e distribuis­ce gli spettacoli — realizza circa cento nuove marionette. «Le più antiche risalgono al periodo napoleonic­o, hanno recitato con la luce delle candele, con le luci a gas e con l’illuminazi­one elettrica».

Sul palco la tecnologia è bandita, gli artifici sono ancora quelli del teatro barocco che sfruttano la prospettiv­a: le scene sono «arte povera», un foglio di carta da pacchi dipinta e intelaiata. Oggi il teatro delle marionette dei Colla è un ambasciato­re della cultura italiana nel mondo: la compagnia è appena tornata da un tour in Germania, in primavera è stata in Russia. La bella addormenta­ta «parla», grazie alla banda registrata, lingue diverse tra cui russo e arabo e ha raccolto applausi anche in Oman e negli Urali.

I nuovi progetti teatrali? L’isola del te

soro da Robert L. Stevenson che debutta in inglese il 18 marzo al New Victory Theatre di New York, in maggio tocca all’opera Didone & Enea di Henry Purcell al Teatro Ponchielli di Cremona con un’orchestra barocca di nome come l’Accademia Bizantina, a giugno Pinocchio. In attesa di poter raccontare anche il dietro le quinte di uno spettacolo e il come nasce una marionetta, attraverso il progetto della compagnia di un museo del Teatro di Figura che sta prendendo forma negli spazi milanesi dell’ex Ansaldo.

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