Corriere della Sera - La Lettura

Amo le donne audaci che ricamano la vita

- LE TRE SCRITTRICI DI CUI SI PARLA NEGLI ARTICOLI SONO RITRATTE NELLE ILLUSTRAZI­ONI DI CIAJ ROCCHI E MATTEO DEMONTE di JESSICA CHIA

A vent’anni dal successo de «La ragazza con l’orecchino di perla», e molti romanzi dopo, Tracy Chevalier presenta a «la Lettura» la sua nuova eroina: si chiama Violet, ha 38 anni e nell’Inghilterr­a degli anni Trenta trova il modo di reagire ai vincoli di una società misogina, unendosi alle volontarie della cattedrale di Winchester. La stessa attenzione all’universo femminile è al centro del memoir di Annie Ernaux e della storia della nordirland­ese Anna Burns

Violet Speedwell è diversa dalle donne della sua età. Per la società britannica degli anni Trenta, la trentotten­ne di Southampto­n è una «zitella», utile solo per accudire la madre anziana e portare avanti la casa. Ma all’epoca non è facile trovare marito, la Grande guerra si è portata via generazion­i di uomini. La protagonis­ta del nuovo romanzo di Tracy Chevalier (1962), La ricamatric­e di Winchester (Neri Pozza), rappresent­a «una minaccia, anzi una vera tragedia, per una società basata sul matrimonio».

Come in quasi tutti i romanzi di Chevalier — dieci, in Italia editi da Neri Pozza, più la curatela di una raccolta di racconti — la protagonis­ta è donna. Sola, si trasferisc­e a Winchester per lavorare come dattilogra­fa e impara a sfidare i pregiudizi dell’epoca: la solitudine della donna, l’omosessual­ità femminile, il significat­o di famiglia. Conoscerà anche l’amore, per un suonatore di campane che ha vent’anni più di lei. Qui la donna entra a far parte della congregazi­one delle ricamatric­i di Winchester, un’associazio­ne di volontarie che decora cuscini e inginocchi­atoi per la cattedrale. Grazie al gruppo, Violet trova il coraggio di affermare sé stessa: ricamare non è solo un passatempo, è un’occasione di confronto (Gilda e Dorothy diventano le sue amiche «anticonfor­miste»), un atto di indipenden­za che passa attraverso il gesto di creare qualcosa di bello. Violet non vuole sentirsi una nullità ma spera di lasciare un segno del suo passaggio, in un momento in cui la guerra ha ricordato quanto la vita sia effimera. Solo la bellezza — dell’arte, della creazioni umana — resta nei secoli, come gli splendori della cattedrale.

La nuova protagonis­ta di Tracy Chevalier ricorda un altro personaggi­o dell’autrice, il più celebre. Nel 1999, vent’anni fa, Chevalier dà vita a Griet, la servetta del pittore olandese Jan Vermeer (1632-1675), che ritrasse nel quadro Ragazza con turbante. È la protagonis­ta de La ragazza con l’orecchino di perla, in cui Chevalier immagina la storia dell’intensa, segreta complicità tra la serva e il suo padrone (in Italia esce nel 2000; il film del 2003 di Peter Webber, con Scarlett Johansson e Colin Firth, contribuis­ce al suo successo). Due donne lontane nel tempo — Griet ha 16 anni quando va a servizio dai Vermeer, nella città olandese di Delft, XVII secolo — ma molto simili nel tratto narrativo. Accomunate da una forte introspezi­one psicologic­a, che Chevalier affronta in prima persona (con Griet) e poi in terza (con Violet), entrambe le donne sono raccontate nell’angusta condizione femminile della loro epoca, e hanno in comune l’amore per il bello, per un’estetica che motiva le loro vite e le spinge a cambiare la loro condizione. Una attraverso la pittura, l’altra con i ricami. «La Lettura» ha chiesto all’autrice di raccontare la genesi del nuovo romanzo e di ripensare, vent’anni dopo, al suo esordio-bestseller.

Chi è «La ricamatric­e di Winchester»?

«Violet Speedwell è una donna inglese che nel 1930 crea una nuova vita per sé stessa, al di là delle aspettativ­e della sua famiglia e della società su come una donna non sposata dovrebbe vivere. Trova la sua indipenden­za in un modo sorprenden­te: attraverso le ricamatric­i e i suonatori di campane, due comunità entrambe legate alla cattedrale di Winchester. Violet è una mia creazione, ma rappresent­a molte donne che dopo la Prima guerra mondiale non si sono sposate, a causa della morte di molti giovani uomini. I giornali dell’epoca le chiamavano surplus women (“donne in eccedenza”, ndr) e venivano trattate come un problema sociale. Io volevo che Violet trovasse un modo positivo di guardare a sé stessa».

Violet, Gilda e Dorothy sono personaggi rivoluzion­ari. La loro è una «battaglia silenziosa» per l’indipenden­za...

«Adoro il suono che fanno le donne rivoluzion­arie nella loro battaglia silenziosa! In questo romanzo le donne prendono parte a piccoli atti di ribellione contro l’etichetta e i limiti a loro imposti. Il ricamo può sembrare un modo strano per farlo, ma dà la possibilit­à di esprimere loro stesse in modo creativo, e anche di farlo in gruppo, sostenendo­si a vicenda. La creazione è qualcosa di molto potente».

Sono realmente esistite le ricamatric­i di Winchester? Perché raccontarl­e?

«Sono esistite e si sono formate nel 1931 per fare cuscini e inginocchi­atoi per gli stalli del coro della cattedrale di Winchester. Quando ho scoperto la loro esistenza e ho visto i cuscini e gli inginocchi­atoi, intricati, colorati, bellissimi, ho capito subito che volevo raccontare la loro storia. Allora non sapevo perché ma ora mi è chiaro. Quando entri in una cattedrale ogni cosa, le vetrate colorate, il legno e la pietra intagliati e l’edificio stesso, è stata creata dagli uomini. I cuscini e gli inginocchi­atoi sono l’unica cosa realizzata dalle donne: donne ordinarie, non specializz­ate. Mi interesso sempre più a storie di donne del passato, perché sono raccontate raramente. E questa mi è sembrata una buona storia».

La cattedrale di Winchester è un luogo fondamenta­le nel romanzo: aiuta Violet a evolvere. Perché ha scelto una chiesa come scenario?

«Ho sempre voluto ambientare un romanzo in una cattedrale. Amo le cattedrali per le sensazioni che provo quando cammino dentro a una di queste, tutto quello spazio verso l’alto che mi travolge. Non è proprio un sentimento religioso; sono posti speciali che mi aiutano a pensare a me stessa e alle minuzie della vita. Ho questa sensazione anche quando guardo il cielo pieno di stelle. Volevo provare a catturarlo in un libro. Mi è venuta in mente Winchester perché porta con sé storie meraviglio­se: certamente uno scrittore cerca sempre buone storie, ma non mi aspettavo di trovare quella delle ricamatric­i!».

E la ricerca storica?

«Ho fatto un sacco di ricerche, e questa è la parte migliore del mio lavoro. Ho studiato la costruzion­e delle cattedrali, il ricamo (ho imparato anch’io a ricamare, così sono riuscita a scriverne), il suono delle campane (la parte più difficile!) e com’era la vita nel 1930, specialmen­te per una donna single».

Vent’anni fa usciva «La ragazza con l’orecchino di perla». Da allora, quanto è cambiata l’autrice de «La ricamatric­e di Winchester»?

«È cambiato un po’ il mio modo di scrivere. Ho lavorato a otto romanzi dopo

La ragazza con l’orecchino di perla (il primo libro è La vergine azzurra, 1997, ndr) per cui ho fatto molta pratica e ho scritto testi migliori. Oggi credo di avere finalmente imparato a lavorare in terza persona; La ragazza con l’orecchino di perla è in prima persona, una modalità di scrittura che io trovo più semplice. Ho sempre pensato che sarei rimasta una scrittrice “adolescent­e” finché non ho imparato con facilità l’uso della terza persona. E ora eccomi qui: ho lavorato a La ricamatric­e di Winchester senza preoccupar­mi della persona, mi è venuto naturale. Scrivere è sempre difficile, richiede un grande sforzo creare un mondo nella tua testa ogni giorno e tenerlo lì finché non hai terminato. Ma questo è quello che amo: faccio il miglior lavoro del mondo».

Questi due romanzi hanno qualcosa in comune?

«Violet e Griet sono molto simili nonostante me ne sia accorta dopo avere scritto La ricamatric­e di Winchester. Di

rei che Violet è una più anziana e saggia versione di Griet. Entrambe hanno un impetuoso malessere da sciogliere ed entrambe stanno cercando un modo per esprimerlo e per vivere pienamente le loro vite. Tutt’e due imparano qualcosa da uomini più anziani di loro ma solo Violet è abbastanza matura per trasformar­e questo in vita reale. Entrambe amano la bellezza ma Violet fa qualcosa di concreto (il ricamo, per esempio) mentre Griet guarda, e assiste, ma non crea niente per sé stessa. Questa è la differenza tra avere 38-40 anni e averne 16-18. A 38 anni hai più potere e coraggio per agire. È interessan­te anche il fatto che ci sia una forte risposta da parte dei lettori, quasi come quella che c’è stata per Griet all’epoca. I lettori amano Violet, la portano facilmente nel loro cuore. Questo mi tocca molto, e penso che qualcosa abbia a che fare con la somiglianz­a tra le due».

Se oggi potesse riscrivere «La ragazza con l’orecchino di perla», cambierebb­e qualcosa?

«No. Non perché non ci siano difetti, lo so che ci sono, ci sono frasi che leggo e penso: “Ugh!”. Ma ho scritto La ragazza con l’orecchino di perla in un momento della mia vita che riflette quel periodo, a trent’anni, incinta, nessun successo come scrittrice. Tutta la scrittura lo fa: tutta la scrittura è autobiogra­fica, anche se non scrivi di te stesso. Poi La ragazza con l’orecchino di perla funziona come romanzo perché lo stile della scrittura si adatta alla storia raccontata. È raro riuscire a far funzionare quello che dici con il modo in cui lo dici, ma solo così il libro può diventare qualcosa di più. E questo non lo cambierei mai».

Cosa le piace leggere oggi?

«Ho appena finito Olive, Again (Rand o m House, 2 0 1 9 , ndr) di Elizabeth Strout ed è meraviglio­so. È un sequel di Olive Kitteridge (edito in Italia da Fazi, 2009, ndr), la storia di una donna difficile in una piccola città del Maine, ed è scritto perfettame­nte. È uno di quei casi che menzionavo prima, quando stile e storia vanno mano nella mano. Quando questo succede, è così bello leggere... Sto iniziando Girl (Farrar, Straus and Giroux, 2019, ndr) di Edna O’Brien, sulle ragazze rapite da Boko Haram in Nigeria. È così bello ma anche così sconvolgen­te. Sono colpita dal fatto che O’Brien a 86 anni sia andata in Nigeria a fare ricerche per rendere il libro autentico. Voglio diventare come lei quando diventerò grande».

Sta lavorando a un nuovo romanzo?

«I miei lettori italiani saranno molto felici: il mio prossimo libro si svolge a Venezia, precisamen­te a Murano, e parlerà di perle di vetro usate per il commercio. Il tempo della storia sarà ampio, dal XV al XXI secolo. Sto trascorren­do del tempo a Murano, sto imparando come fare perle, mi sto immergendo nella storia veneziana e mi sono innamorata di Carpaccio e della sua pittura. Datemi ancora qualche anno e forse imparerò l’italiano...».

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