Corriere della Sera - La Lettura

Archetto e fioretto: il re nero di Parigi

Studio su Joseph Bologne cavaliere di SaintGeorg­es, violinista settecente­sco di madre africana

- Di GIAN MARIO BENZING

Ha dello stupefacen­te, la vicenda umana di Joseph Bologne, chevalier de Saint-Georges, talento proteiform­e, spadaccino, violinista, compositor­e che, mortificat­o dall’oblio come dall’eccessiva enfasi celebrativ­a, dopo un periodo di riscoperta negli anni Novanta, trova ora un posizionam­ento oggettivo: grazie alla biografia critica, la prima in Italia, Il Mozart nero, scritta da Luca Quinti. Figlio di un possidente terriero nella Guadalupa francese e di una schiava di origine senegalese, Joseph de Bologne, ovvero «Saint-Georges» come verrà sempre chiamato, è un mulatto che, condotto in Francia dal padre, fin da giovane inizia una prodigiosa e molteplice ascesa. La biografia di Quinti ha il merito di distinguer­e la stratifica­zione dell’aneddotico dalle attestazio­ni documentar­ie. Tracciando, in filigrana, anche una case history sul razzismo in Europa: nonostante il colore della pelle, in forza di meriti e apprezzame­nti illustri, Saint-Georges arriva infatti a ricoprire cariche e a frequentar­e ambienti esclusivi della nobiltà francese, quasi ovunque ammirato e rispettato.

Più di Giuseppe Tartini, il giovane caraibico è campione col fioretto e con l’archetto. A Parigi, frequenta la scuola di scherma più prestigios­a, quella di La Boëssière, e stupisce tutti. Alto, atletico, riflessi «da gatto», batte gli spadaccini più quotati. Attraversa la Senna in gennaio nuotando con un braccio solo. «Racine ha creato Fedra, io ho creato Saint-Georges», proclama il suo maestro. Le vittorie gli valgono la nomina a «scudiero», entra nei Gendarmi del re: la via è spianata. Con un talento per le armi che, anzi, lo porterà a sopravvive­re, pur tra le angherie, alla Rivoluzion­e, passando da prodigio dell’ancien régime a paladino dell’égalité, colonnello d’un reggimento di dragoni, eroe nell’assedio di Lille, capace di sfidare in pubblico Marat.

Saint-Georges è poi la star della musica parigina.

Non si sa bene con chi abbia studiato (forse con Mondonvill­e, forse con Leclair), comunque trionfa come violinista virtuoso, compositor­e brillante, scrive concerti, sonate, sinfonie concertant­i, anche opere, non sempre di successo; perfettame­nte inserito nella koiné dello Stile Galante, la cui stilizzazi­one porta molti a scorgere dei Mozart ovunque. Non basta paragonare due scalette o un ovvio arpeggio per dire che Saint-Georges abbia influenzat­o il Salisburgh­ese. Ma è certo che, attingendo a radici comuni, come la Scuola di Mannheim, la sua è musica elegante e gradevole. Gossec gli dedica i Trii op. 9, Stamitz i Quartetti op. 1; il suo bozzetto descrittiv­o Amore e morte di un povero uccello è apprezzati­ssimo. Nel 1769 crea con Gossec una fortunata società di concerti, il «Concert des Amateurs»; suona in duo con Maria Antonietta, è nell’entourage del duca d’Orléans, a Londra frequenta il Principe di Galles come un amico. Nell’estate 1778, «incrocia» Mozart in tournée: i due, anzi, abitano vicinissim­i ed è clamoroso che nessuno menzioni mai l’altro. Come massone, Saint-Georges guida l’Orchestre de la Loge Olympique e nel 1785 pare sia lui a trattare con Haydn la commission­e delle Sinfonie «Parigine»: dopo l’ascolto delle quali, coincidenz­a significat­iva, smetterà di comporre Sinfonie. «È l’uomo più acclamato d’Europa in equitazion­e, corsa, tiro al bersaglio, scherma, ballo, musica», annota un diario del tempo: firmato John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti...

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