Corriere della Sera - La Lettura
L’ecologia romperà l’isolamento
In Italia arriveranno due libri di Wu Ming-yi: «I giovani hanno assimilato libertà e democrazia. Pechino preme. Ma...»
Wu Ming-yi, 48 anni, è uno scrittore che, per opere ed età, rappresenta una Taiwan dall’identità sempre più distante dalla Cina continentale. Una democrazia vivace, una società che riscopre le culture indigene e ha legalizzato le unioni omosessuali, primo caso nell’universo confuciano. Sempre più pesano le generazioni che non hanno memoria personale della Cina continentale, come accade in Corea del Sud rispetto alla Corea del Nord. Anagrafe e demografia prevalgono sull’ideologia. E le tematiche sociali e ambientaliste di Wu colgono lo spirito del tempo e del luogo: «Mia mamma — spiega a “la Lettura” — discende dalla prima ondata di immigrati han arrivati oltre un secolo fa, mentre mio padre potrebbe avere sangue pingpu (un’etnia autoctona di Taiwan, ndr). E non ho parenti in Cina. La mia conoscenza, o esperienza, della Cina deriva dall’educazione scolastica impartita dal governo nazionalista, un sistema inaffidabile».
Quando ha cominciato a maturare il suo senso di appartenenza a Taiwan?
«Fui molto colpito da un film del 1989 di Hou Hsiao-hsien, Città dolente: eroi al primo anno di università, quando si passa dalle letture obbligatorie a quelle libere. Il film tratta dell’incidente del 28 febbraio 1947 (la repressione della popolazione locale da parte dei nazionalisti di Chiang Kai-shek, ndr), che all’epoca veniva tirato in ballo di rado. L’eroico personaggio di Wenqing, coinvolto nei disordini, è un sordomuto braccato su un treno e alla fine, bloccato, riesce con fatica a dire: “Io sono taiwanese”. Ecco, questo episodio mi commosse. E cominciai a elaborare una mia identità taiwanese».
Tra poco Taiwan vota...
«Sono orgoglioso che possiamo eleggere il presidente. E di conseguenza non sono preoccupato per l’esito del voto. La tendenza, al netto dell’imponderabile, è che quelli che si riconoscono in Taiwan gradualmente superino
coloro che confidano nella riunificazione con la Cina».
Quale sarà l’impatto della crisi di Hong Kong sul voto a Taiwan?
«Gli incidenti a Hong Kong, con l’ostilità verso la Cina, sono la prova che Pechino non ha alcuna intenzione di concedere a Hong Kong un “diritto di scelta” e teme che un giorno la richiesta di elezioni dirette a suffragio universale dilaghino. Le manifestazioni contro la legge sull’estradizione hanno poca influenza sulla generazione di mezz’età a Taiwan: la loro identità è consolidata, c’è chi si riconosce nella “Repubblica di Cina” (la dizione della Repubblica fondata nel 1912 e poi retta da Chiang Kai-shek, ndr) e c’è chi ritiene che la cosiddetta “nazione cinese” costituisca il nostro codice culturale. Chi s’identifica con Taiwan sarà più determinato. A contare saranno i giovani che non hanno un consolidato senso d’identità nei confronti della Repubblica di Cina e della “nazione cinese” e dunque sono orientati su una visione democratica di politica e società. Hong Kong ha toccato la percezione del futuro e le scelte delle generazioni future e quella battaglia coraggiosa ha impartito un’utile lezione ai giovani di Taiwan».
Pechino insiste: «Riunificazione»...
«La Cina non esclude l’opzione militare. Un’occupazione di Taiwan con la forza da parte sua sarebbe difficile e ci ritroveremmo in una situazione d’incertezza prolungata, Pechino incontrerebbe un’implacabile resistenza da parte dei taiwanesi. Quale sarebbe il significato della propria vita nel bel mezzo di una guerra in nome di un astratto, nichilistico concetto come l’“unità”?».
Eppure i modi per comunicare con la Cina continentale non dovrebbero mancare, la cultura aiuta...
«Nel mondo lo scambio culturale è sempre stato il metodo migliore per la conoscenza reciproca, non solo attraverso lo Stretto di Taiwan. Ma la cosa più importante è il rispetto della volontà dell’individuo. È un peccato che negli anni recenti la Cina abbia, al contrario, mostrato una mancanza di rispetto proprio in un contesto di scambi culturali, per esempio proibendo a registi cinematografici cinesi di venire a Taiwan».
Lei è noto per l’impegno ecologista, il romanzo che uscirà in Italia nei prossimi mesi per E/O affronta il tema in chiave fantastica. Un impegno «green» può aiutare Taiwan ad aggirare l’isolamento internazionale?
«Il movimento ambientalista a Taiwan è nato verso la fine degli anni Settanta e l’ecologia è stata a lungo un tema importante per l’opposizione al Kuomintang. I problemi ambientali non possono essere risolti separandoli dall’educazione e dalla politica. L’ambiente, poi, spesso richiede una cooperazione internazionale ma in Asia, dove le questioni transfrontaliere sono legate al potere politico, Taiwan è messa sotto pressione dalla Cina, così come in molte organizzazioni internazionali, comprese quelle della sanità e dell’ambiente. Vorrei che la letteratura giocasse un ruolo diretto in quest’ambito. Perciò non considero la mia scrittura “ambientalista” e basta: tratto argomenti che toccano le persone, questioni transculturali e transnazionali».