Corriere della Sera - La Lettura
Che errore premiare i conformisti Ci salvano i devianti a fin di bene
La sociologia si è sempre occupata, da Émile Durkheim in poi, degli aspetti negativi della società. Eppure esistono anche devianze in positivo che meritano di essere considerate. È la tesi di Valerio Merlo in Santi, eroi e brava gente. Sociologia della devianza virtuosa (Castelvecchi, 2017), che rivaluta l’anticonformismo. Ma solo quand’è di segno positivo. L’uomo virtuoso, sosteneva Pitirim Sorokin, sociologo che nel 1949 fondò ad Harvard un centro di ricerca sull’altruismo, è qualcosa di più dell’uomo medio: esce dalla norma e si distingue per le qualità personali. Dopo Sorokin, il gesuita Joseph H. Fichter si è occupato della differenza tra modelli di condotta reali (conformi alla norma) e modelli ideali (che deviano dalla norma in positivo). Una figura molto simile al «deviante positivo» è l’individuo autonomo di cui parla David Riesman in La folla solitaria (1950), figura ideale in un contesto dove solo individui eterodiretti, guidati dalla pressione sociale esercitata dalla comunità, sono perfettamente integrati. Le dimostrazioni di onestà, solidarietà, generosità sono considerate eccezioni alla regola. Esistono invece valori positivi che non rientrano nelle norme sociali obbligatorie. Sono modelli facoltativi, espressione della libertà di ognuno di agire secondo il proprio convincimento. Sono questi, più che i modelli obbligatori, a rendere la nostra società ancora solida e sana. Sorprende scoprire come la maggior parte delle persone comuni continui a seguire modelli ideali, secondo un’etica personale. Da quest’analisi esce una maggioranza silenziosa spesso ignorata poiché la società moderna, per mantenere il controllo sociale, apprezza e premia obbedienti e conformisti.