Corriere della Sera - La Lettura
L’acqua dell’Etiopia
È un’impresa ingegneristica titanica: la più grande diga africana è in corso di costruzione in Etiopia, sul Nilo Azzurro La sta realizzando Salini Impregilo, che ha chiesto al pittore e scrittore Stefano Faravelli di raccontare il progetto Lui ha raccon
«Un cliché: L’Acqua è Vita. Siccome è vero, non è più un cliché (...). L’acqua senza vita crea mostri, carnefici, torturatori e dittatori. L’acqua sporca viene così forzata nelle bocche dei prigionieri incatenati». Del potere dell’acqua — la sua assenza è da sempre causa di conflitti — parla lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun in un testo raccolto in The Water Tower of Africa (Rizzoli). Realizzato dal gruppo industriale Salini Impregilo, multinazionale italiana specializzata nella costruzione di grandi opere complesse, il volume racconta il colossale progetto ingegneristico che Salini sta realizzando dal 2011 in Etiopia, nel Corno d’Africa. È la diga Gerd (Grand Ethiopian Renaissance Dam) nella regione BenishangulGumaz, sul Nilo Azzurro, circa 700 chilometri a nord-ovest di Addis Abeba, che sarà la più grande d’Africa. Il progetto prevede una diga a gravità in calcestruzzo rullato compattato («Rcc»; sarà la diga con il più grande volume di «Rcc» al mondo), due centrali elettriche (con una potenza complessiva di seimila megawatt), uno sfioratore di emergenza e una diga di sella.
La diga del secondo Paese più popoloso del
continente, con circa 100 milioni di abitanti (il premier Abiy Ahmed Ali, in carica dal 2018, ha ricevuto il Nobel per la Pace 2019 grazie alla risoluzione del conflitto con l’Eritrea) è al centro di un contenzioso politico e diplomatico, ancora irrisolto, tra Etiopia (dove nasce il Nilo Azzurro, che fornisce il 59% della portata del bacino del Nilo), Sudan (dove nasce il Nilo Bianco) ed Egitto (dove i due affluenti confluiscono nel Nilo).
Il contrasto, iniziato nel 2015 quando furono firmati i primi negoziati, interessa un punto del progetto: l’Egitto chiede che il serbatoio della diga sia riempito in un periodo di 7 anni e che l’impianto rilasci 40 miliardi di metri cubi l’anno di acqua. L’Etiopia, che ritiene Gerd essenziale per il suo fabbisogno elettrico (e, di conseguenza, anche il vicino Sudan), propone un tempo di 5 anni e 35 miliardi di metri cubi di acqua da rilasciare a valle. La partizione delle forniture idriche del Nilo e dei suoi affluenti risale a due trattati (del 1929 e del 1959) che da allora hanno attribuito all’Egitto una percentuale maggiore di utilizzo delle acque. A ottobre Il Cairo ha chiesto alla comunità internazionale di trovare una soluzione.
Per raccontare il ciclopico progetto di Gerd, Salini ha chiesto al pittore e scrittore Stefano
Faravelli (Torino, 1959), autore di carnet de vo
yage sull’Oriente, di andare nel Corno d’Africa per narrare l’anima dello Stato in cui sorgerà la «diga del Rinascimento». Da un mese di viaggio, tra febbraio e marzo 2018, è nato il taccuino In Etiopia, inserto illustrato con testi manoscritti all’interno di The Water Tower of
Africa. «Ho provato un’attrazione magnetica per l’Etiopia — racconta Faravelli a “la Lettura” — che è un’area di trapasso tra il Nord Africa, berbero e arabo, e l’Africa nera».
«Penso al mio lavoro come a una testimonianza della bellezza prima che sia cancellata dalla modernità. E raccontare la varietà prima che sparisca per me è un’urgenza». Questa è l’Etiopia per Faravelli: «Una stupefacente varietà di paesaggi e di forme religiose. Per esempio i paesaggi marziani della Dancalia, terra gialla e viola con i geyser di zolfo, dove uomini con le mani e i piedi corrosi dal sale lo raccolgono per pochi birr, centesimi di euro». Ma anche la savana, l’altopiano, cuore del Paese, con foreste umide e di aghifogli, e la Valle dell’Omo, a due passi dal Kenya, e quella porzione della Rift Valley che vide crescere i primi esseri umani (l’Australopithecus afarensis, noto come Lucy, il più conosciuto tra i progenitori dell’uomo di cui si hanno tracce, visse da queste parti 3,2 milioni di anni fa) .
E poi la varietà delle fedi. Qui convivono molte religioni, soprattutto quelle abramitiche: il cristianesimo ortodosso (con forme che sembrano mutuate dall’antico Egitto e dov’è vivo il culto di san Giorgio), la comunità ebraica (i falascia, che dagli anni Settanta sono emigrati in Israele). E l’islam: «Come Harar, città di sufi e di confraternite mistiche, ricca di spiritualità», accentuata anche dall’uso del qat, un’anfetamina naturale che stordisce gli abitanti e paralizza la vita della città.
«È stato l’incontro con Il bambino dalla collana di perline blu a colpirmi profondamente. Della tribù dei Daasanach, tra le più povere della Valle dell’Omo, l’ho ritratto in una capanna. Ho quasi vergogna a dirlo, ma è l’umanità più vicina all’animalità che abbia mai incontrato — “il suo dolore è selvatico, simile a quello delle capre” —; ha posato per me immobile, coperto di mosche, senza perdermi d’occhio. Quando ho finito mi ha stretto la mano e non voleva più lasciarmi. Sembrava dire: “Mi hai trovato? Ora mi porti, sono tuo”. È stata una sensazione fortissima» (in alcune zone dell’Etiopia, per l’alta mortalità infantile, i bambini non hanno un nome fino ai 6 anni).
Oltre ai ritratti, nel taccuino di Faravelli entrano foto, foglie, piume, peli di animali, «e oggetti rari che compro dai rigattieri». Come le due disposizioni giuridiche di epoca coloniale, Giustizia in materia civile per i nativi dell’Etiopia, in italiano e in amarico (la lingua ufficiale), e i francobolli con l’aquila littoria. Tracce di un passato recente. Il viaggio di Faravelli (vicino ai confini è scortato da guide armate di kalashnikov) passa nel cantiere di Gerd. Al cantiere una donna dice all’artista che grazie all’acqua potabile, nella regione, non è più come prima, quando tre bambini su quattro morivano per la sua mancanza.
Priva di materie prime, è l’acqua l’unico oro dell’Etiopia; il solo oro del mondo, da sempre. Scriveva nel 1516, mai così attuale, Ludovico Ariosto nell’Orlando furioso: «È in poter di lui (il re d’Etiopia, ndr) dal cammin dritto/ Levare il Nilo, e dargli altro ricetto/ E per questo lasciar subito afflitto/ Di fame Il Cairo e tutto quel distretto». Secondo le agenzie internazionali il 15 gennaio si terrà a Washington un colloquio fondamentale per trovare una soluzione.
La portata della diga è al centro di un contenzioso politico e diplomatico tra Etiopia, Egitto e Sudan
Il 15 gennaio si terrà a Washington un colloquio fondamentale per la ricerca di un accordo
Il premier ha ricevuto l’anno scorso il Nobel per la Pace grazie alla risoluzione del conflitto con l’Eritrea