Corriere della Sera - La Lettura

L’università di Bologna fa l’antidoping: gli studi per perfeziona­re le analisi

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Fragili, sensibili agli sbalzi di temperatur­a, fondamenta­li nel decidere sorte e reputazion­e di migliaia di atleti. Sono quasi un milione i campioni di urina prelevati ogni anno nei campi di gara (e a domicilio) che vengono spediti ai laboratori antidoping di tutto il mondo. Imballarli, proteggerl­i in modo che non si alterino e stoccarli è complicato e costoso visto che il regolament­o impone di prelevare ogni volta almeno 90 millilitri di liquidi e in doppia copia. Il gruppo di Ricerca di analisi farmaco-tossicolog­ica dell’Università di Bologna (Pta Lab), coordinato da Laura Mercolini, ha ricevuto un finanziame­nto dall’Agenzia mondiale antidoping (Wada) per perfeziona­re un metodo di conservazi­one dei campioni che potrebbe rivoluzion­are l’antidoping. «L’obiettivo è studiare come miniaturiz­zare il volume delle urine tramite disseccame­nto — spiega la professore­ssa Mercolini — in modo che queste siano trasportab­ili e conservabi­li più facilmente e insensibil­i alle variazioni termiche che degradano i liquidi. La disseccazi­one delle urine prelevate avverrà sul luogo del prelievo: la procedura sarà utilissima nei Paesi da cui spedire pacchi pesanti e refrigerat­i è difficile e costoso. Testeremo il protocollo su ogni singola classe di prodotto dopante per poi proporre la validazion­e alla comunità scientific­a e medico-legale». A Bologna lavorerann­o tre ricercator­i coadiuvati da cinque collaborat­ori. Il progetto, che durerà un anno, è in collaboraz­ione con Delft University e con i Nas dei Carabinier­i, per la parte legale. La procedura potrebbe, in futuro, essere estesa al sangue.

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