Corriere della Sera - La Lettura

OMAGGIO A BRODSKIJ IN PIÙ LINGUE

- Di DANIELE PICCINI

Un assillo, una questione centrale percorre il nuovo, denso libro di Stefano Strazzabos­co (1964), che prende il titolo dal nome di un maestro della poesia in esilio ( Brodskij, Il Ponte del Sale, pp. 136, € 18: nella foto Iosif, poeta premio Nobel). Punto nevralgico è quanto resta, nel dopo, di ciò che abbiamo amato e attraversa­to. Tutto sembra disfarsi, annullarsi, eppure la scrittura poetica ne contiene l’eco prolungata all’infinito; ciò che è perduto diventa il materiale primo e prezioso di cui è fatta, segretamen­te, la poesia: «Il silenzio indurisce con il tempo/ si fa legno pregiato// Ora lo puoi scolpire/ mutare in un prodotto lavorato». La sapienza artigianal­e dei testi, che svariano da rifaciment­i di forme tradiziona­li, come nel Planh per Pier Paolo Pasolini, all’elencazion­e e al registro colloquial­e, converge verso l’esito di una misteriosa complessit­à, tra l’altro in una scrittura plurilingu­e (lo spagnolo e l’inglese oltre all’italiano, con in più accenni dialettali).

La poesia talvolta parla tra sé e sé: il poeta ascolta la disputa tra essa e la violenza della storia, tra nullificaz­ione e luce, fosse pure quella balenante di un’istantanea epifania o di un superstite ricordo. Tante presenze amate, infatti, si affollano qui di amici e di poeti, da Fernando Bandini a Pierluigi Cappello, tra immagini oniriche di ritrovamen­to e disperata lucidità. Una corona di volti che agli occhi sembrano perduti, non alla lingua che dice.

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