Corriere della Sera - La Lettura
OMAGGIO A BRODSKIJ IN PIÙ LINGUE
Un assillo, una questione centrale percorre il nuovo, denso libro di Stefano Strazzabosco (1964), che prende il titolo dal nome di un maestro della poesia in esilio ( Brodskij, Il Ponte del Sale, pp. 136, € 18: nella foto Iosif, poeta premio Nobel). Punto nevralgico è quanto resta, nel dopo, di ciò che abbiamo amato e attraversato. Tutto sembra disfarsi, annullarsi, eppure la scrittura poetica ne contiene l’eco prolungata all’infinito; ciò che è perduto diventa il materiale primo e prezioso di cui è fatta, segretamente, la poesia: «Il silenzio indurisce con il tempo/ si fa legno pregiato// Ora lo puoi scolpire/ mutare in un prodotto lavorato». La sapienza artigianale dei testi, che svariano da rifacimenti di forme tradizionali, come nel Planh per Pier Paolo Pasolini, all’elencazione e al registro colloquiale, converge verso l’esito di una misteriosa complessità, tra l’altro in una scrittura plurilingue (lo spagnolo e l’inglese oltre all’italiano, con in più accenni dialettali).
La poesia talvolta parla tra sé e sé: il poeta ascolta la disputa tra essa e la violenza della storia, tra nullificazione e luce, fosse pure quella balenante di un’istantanea epifania o di un superstite ricordo. Tante presenze amate, infatti, si affollano qui di amici e di poeti, da Fernando Bandini a Pierluigi Cappello, tra immagini oniriche di ritrovamento e disperata lucidità. Una corona di volti che agli occhi sembrano perduti, non alla lingua che dice.