Corriere della Sera - La Lettura

L’età del bronzo

- Di PATRIZIA GARIBALDI

È un metallo che vive ancora oggi una stagione d’oro (se non sembrasse un paradosso dirlo). In queste quattro pagine raccontiam­o alcune esperienze della scultura e dell’artigianat­o (compresa ( una decisiva epoca della civilizzaz­ione umana)

Il bronzo è la lega metallica più antica e l’Età del Bronzo, che ebbe inizi e durate differenti nelle varie parti del mondo (in Europa si colloca fra il 3000 e il 100o avanti Cristo), è il periodo della preistoria in cui il bronzo fu «scoperto» e sviluppato. I primi bronzi erano costituiti da rame mescolato con arsenico, un elemento che in natura è spesso presente nei minerali a base di rame.

Successiva­mente i metallurgh­i combinaron­o il rame con altri metalli: leghe e componenti aggiuntivi permetteva­no di sfruttare plasticità e resistenza o di effettuare particolar­i lavorazion­i. Così alcune leghe di bronzo risultavan­o più morbide e meno predispost­e a frantumars­i, oppure più dure e capaci di mantenere l’affilatura, o di resistere all’ossidazion­e, o di assumere tinte particolar­i. Nella metallurgi­a delle Ande centrali, ad esempio, una grande attenzione era dedicata alla colorazion­e degli oggetti metallici, che poteva esprimere contenuti simbolici, religiosi e di status.

L’importanza attribuita dalle culture precolombi­ane al colore contribuì allo sviluppo di procedimen­ti in grado di modificare le proprietà di un’ampia gamma di metalli e di leghe di bronzo: rame e argento, rame e oro, rame con oro e argento, rame e arsenico, rame con arsenico e nichel, rame e stagno. Quest’ultima lega ebbe un notevole successo in età antica per le qualità di resistenza, la facilità con cui poteva essere plasmata e incisa e perché permetteva di evitare i fumi tossici provocati dalla lavorazion­e dell’arsenico.

Tuttavia, le fonti geologiche in cui si può trovare concentrat­o lo stagno sono rare, quindi il suo approvvigi­onamento richiedeva notevoli sforzi e circuiti di scambio in grado di raggiunger­e i giacimenti molto lontani. In Mesopotami­a, in Cina, nelle civiltà fiorite intorno al fiume Indo, il bronzo rimpiazzò rapidament­e svariati materiali che sino ad allora erano stati usati per fabbricare strumenti, armi, componenti del vestiario, elementi decorativi e architetto­nici, vasi e prodotti artistici.

Con il bronzo era possibile creare manufatti e armi mai realizzati in precedenza, come le lunghe, resistenti e letali spade che causarono l’abbandono dei pugnali di rame, troppo deformabil­i, e innescaron­o lo sviluppo di nuove forme di combattime­nto. Le complesse conoscenze necessarie per padroneggi­are appieno i procedimen­ti metallurgi­ci portarono alla comparsa di specialist­i che si dedicavano a tempo pieno alla lavorazion­e dei metalli: nel continente europeo dalla fine del Neolitico sono presenti sepolture di artigiani metallurgh­i individuat­e grazie alla presenza di matrici di fusione, crogioli, ugelli e altri strumenti nel corredo funerario. Anche la tomba del faraone egizio Tutankhamo­n (morto nel 1323 a. C.) presenta esempi del genere.

In tutto il Mediterran­eo, dalle coste del Vicino Oriente a Cipro e a Creta, alla Grecia, alla Sicilia, alle Eolie e alla Sardegna, è possibile seguire le rotte dei metalli grazie alla traccia inconfondi­bile costituita dai ling ot t i « a fo r ma d i p e l l e d i bue», gli oxhide. I lingotti oxhide di rame provano l’esistenza di connession­i fra i ricchissim­i giacimenti di Cipro e il resto del Mediterran­eo durante gli ultimi secoli del II millennio avanti Cristo.

Il relitto di Uluburun, affondato oltre tremila anni fa davanti alle coste della Turchia sudocciden­tale, tras port a va merci i ncredibilm­ente rare e preziose, tra cui g i o i e l l i , a vo r i , vasi in metallo, pani di pasta vitrea e molte centinaia di lingotti di rame grezzo e di stagno. I quantitati­vi dei due metalli caricati sulla nave avrebbero permesso di produrre 11 tonnellate di bronzo con un rapporto rame-stagno di dieci a uno.

La posizione strategica della Sardegna rispetto alle rotte occidental­i e la presenza di giacimenti di rame assicuraro­no all’isola un ruolo centrale. Grazie ai contatti con Cipro, la Sardegna sviluppò per prima nel Mediterran­eo centrale una tecnologia metallurgi­ca di eccezional­e ricchezza e originalit­à. Nelle fonderie dei villaggi nuragici si usavano martelli, palette e molle da fuoco uguali a quelli ritrovati a Cipro e il bronzo era lavorato con le tecniche trasmesse dai metallurgh­i ciprioti.

Il metallo era colato in matrici di pietra per produrre attrezzi, elementi di arredo, armi e ornamenti; con la tecnica della «cera persa» i nuragici crearono piccole statue di figure umane e di animali, navicelle votive e oggetti miniaturis­tici. Oltre cinquecent­o bronzetti nuragici sono stati scoperti in ogni parte dell’isola. Molti provengono da contesti e luoghi a carattere cultuale: pozzi sacri, templi, santuari; oppure da nuraghi o da strutture sepolcrali. Davanti ai nostri occhi sfila una serie di guerrieri con grandiosi elmi, armati di arco, spada o bastone, con uno o più scudi e pugnali, oppure uomini che per l’aspetto fiero sono chiamati «capotribù». Le donne indossano ampi mantelli e copricapi di foggia elaborata sopra complesse acconciatu­re, alcune siedono con in braccio bambini, richiamand­o l’iconografi­a mediterran­ea delle «madri».

Alcuni bronzetti rappresent­ano circostanz­e o situazioni, uomini che lottano, un arciere in piedi su un cavallo, musici che suonano strumenti a fiato, devoti che recano offerte e innumerevo­li altri soggetti che rivelano l’eccezional­e livello tecnico e artistico

della metallurgi­a nuragica.

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