Corriere della Sera - La Lettura
L’età del bronzo
È un metallo che vive ancora oggi una stagione d’oro (se non sembrasse un paradosso dirlo). In queste quattro pagine raccontiamo alcune esperienze della scultura e dell’artigianato (compresa ( una decisiva epoca della civilizzazione umana)
Il bronzo è la lega metallica più antica e l’Età del Bronzo, che ebbe inizi e durate differenti nelle varie parti del mondo (in Europa si colloca fra il 3000 e il 100o avanti Cristo), è il periodo della preistoria in cui il bronzo fu «scoperto» e sviluppato. I primi bronzi erano costituiti da rame mescolato con arsenico, un elemento che in natura è spesso presente nei minerali a base di rame.
Successivamente i metallurghi combinarono il rame con altri metalli: leghe e componenti aggiuntivi permettevano di sfruttare plasticità e resistenza o di effettuare particolari lavorazioni. Così alcune leghe di bronzo risultavano più morbide e meno predisposte a frantumarsi, oppure più dure e capaci di mantenere l’affilatura, o di resistere all’ossidazione, o di assumere tinte particolari. Nella metallurgia delle Ande centrali, ad esempio, una grande attenzione era dedicata alla colorazione degli oggetti metallici, che poteva esprimere contenuti simbolici, religiosi e di status.
L’importanza attribuita dalle culture precolombiane al colore contribuì allo sviluppo di procedimenti in grado di modificare le proprietà di un’ampia gamma di metalli e di leghe di bronzo: rame e argento, rame e oro, rame con oro e argento, rame e arsenico, rame con arsenico e nichel, rame e stagno. Quest’ultima lega ebbe un notevole successo in età antica per le qualità di resistenza, la facilità con cui poteva essere plasmata e incisa e perché permetteva di evitare i fumi tossici provocati dalla lavorazione dell’arsenico.
Tuttavia, le fonti geologiche in cui si può trovare concentrato lo stagno sono rare, quindi il suo approvvigionamento richiedeva notevoli sforzi e circuiti di scambio in grado di raggiungere i giacimenti molto lontani. In Mesopotamia, in Cina, nelle civiltà fiorite intorno al fiume Indo, il bronzo rimpiazzò rapidamente svariati materiali che sino ad allora erano stati usati per fabbricare strumenti, armi, componenti del vestiario, elementi decorativi e architettonici, vasi e prodotti artistici.
Con il bronzo era possibile creare manufatti e armi mai realizzati in precedenza, come le lunghe, resistenti e letali spade che causarono l’abbandono dei pugnali di rame, troppo deformabili, e innescarono lo sviluppo di nuove forme di combattimento. Le complesse conoscenze necessarie per padroneggiare appieno i procedimenti metallurgici portarono alla comparsa di specialisti che si dedicavano a tempo pieno alla lavorazione dei metalli: nel continente europeo dalla fine del Neolitico sono presenti sepolture di artigiani metallurghi individuate grazie alla presenza di matrici di fusione, crogioli, ugelli e altri strumenti nel corredo funerario. Anche la tomba del faraone egizio Tutankhamon (morto nel 1323 a. C.) presenta esempi del genere.
In tutto il Mediterraneo, dalle coste del Vicino Oriente a Cipro e a Creta, alla Grecia, alla Sicilia, alle Eolie e alla Sardegna, è possibile seguire le rotte dei metalli grazie alla traccia inconfondibile costituita dai ling ot t i « a fo r ma d i p e l l e d i bue», gli oxhide. I lingotti oxhide di rame provano l’esistenza di connessioni fra i ricchissimi giacimenti di Cipro e il resto del Mediterraneo durante gli ultimi secoli del II millennio avanti Cristo.
Il relitto di Uluburun, affondato oltre tremila anni fa davanti alle coste della Turchia sudoccidentale, tras port a va merci i ncredibilmente rare e preziose, tra cui g i o i e l l i , a vo r i , vasi in metallo, pani di pasta vitrea e molte centinaia di lingotti di rame grezzo e di stagno. I quantitativi dei due metalli caricati sulla nave avrebbero permesso di produrre 11 tonnellate di bronzo con un rapporto rame-stagno di dieci a uno.
La posizione strategica della Sardegna rispetto alle rotte occidentali e la presenza di giacimenti di rame assicurarono all’isola un ruolo centrale. Grazie ai contatti con Cipro, la Sardegna sviluppò per prima nel Mediterraneo centrale una tecnologia metallurgica di eccezionale ricchezza e originalità. Nelle fonderie dei villaggi nuragici si usavano martelli, palette e molle da fuoco uguali a quelli ritrovati a Cipro e il bronzo era lavorato con le tecniche trasmesse dai metallurghi ciprioti.
Il metallo era colato in matrici di pietra per produrre attrezzi, elementi di arredo, armi e ornamenti; con la tecnica della «cera persa» i nuragici crearono piccole statue di figure umane e di animali, navicelle votive e oggetti miniaturistici. Oltre cinquecento bronzetti nuragici sono stati scoperti in ogni parte dell’isola. Molti provengono da contesti e luoghi a carattere cultuale: pozzi sacri, templi, santuari; oppure da nuraghi o da strutture sepolcrali. Davanti ai nostri occhi sfila una serie di guerrieri con grandiosi elmi, armati di arco, spada o bastone, con uno o più scudi e pugnali, oppure uomini che per l’aspetto fiero sono chiamati «capotribù». Le donne indossano ampi mantelli e copricapi di foggia elaborata sopra complesse acconciature, alcune siedono con in braccio bambini, richiamando l’iconografia mediterranea delle «madri».
Alcuni bronzetti rappresentano circostanze o situazioni, uomini che lottano, un arciere in piedi su un cavallo, musici che suonano strumenti a fiato, devoti che recano offerte e innumerevoli altri soggetti che rivelano l’eccezionale livello tecnico e artistico
della metallurgia nuragica.