Corriere della Sera - La Lettura
LA LIBERTÀ IN TASCA
forse un romanzo ma non una finzione poiché me ne ricordo come se fosse ieri. Ricordo tutto. Ma è tutto vero? So che gli esseri umani possono ricordare falsi ricordi, si direbbe che tutti praticano la banale arte di costruirsi un passato come se fosse dimostrato, uno per uno gli esseri umani si rammentano di quel che credono sapere sui propri antecedenti, si rifanno il curriculum vitæ, camuffano la propria storia in tutta sincerità, i più folli si fabbricano racconti cavallereschi, i più tristi attingono dai loro flash back tutte le buone ragioni di non sperare nulla e, come se tutto questo non fosse ancora abbastanza fake, ciascuno sopporta una storia collettiva personalmente e in quanto insieme.
So che tendo a ridipingermi la memoria, è forse per sfuggire al grigiore di questi tempi cupi e decisamente deprimenti, devo sempre modificare qualcosa, quasi niente, ma è evidente che penso a Vladimir Jankélévitch che mi fa da coscienza quando dimentico la morale, al libriccino intitolato Il non-so-che e il-quasi-niente, che metto al di sopra di tutta la filosofia tedesca e di tutta la letteratura francese e di tutti i libri di sviluppo personale e di tutti gli stage di meditazione del mondo intero, bisogna dire che Jankélévitch è leggerissimo e si può portare ovunque, non è come Kant, molto più pesante e ingombrante, Jankélévitch non ingombra, è un buon compagno, spesso è con lui che passeggio nella cara città di Lione, discutiamo camminando lungo la «Penisola», diciamo piuttosto che io l’ascolto e lui parla, parla velocemente e molto perché ha troppe idee, la sua intelligenza è così vivace e luminosa che i passanti si scansano al no