Corriere della Sera - La Lettura

LA LIBERTÀ IN TASCA

- Di NOÉMI LEFEBVRE

forse un romanzo ma non una finzione poiché me ne ricordo come se fosse ieri. Ricordo tutto. Ma è tutto vero? So che gli esseri umani possono ricordare falsi ricordi, si direbbe che tutti praticano la banale arte di costruirsi un passato come se fosse dimostrato, uno per uno gli esseri umani si rammentano di quel che credono sapere sui propri antecedent­i, si rifanno il curriculum vitæ, camuffano la propria storia in tutta sincerità, i più folli si fabbricano racconti cavalleres­chi, i più tristi attingono dai loro flash back tutte le buone ragioni di non sperare nulla e, come se tutto questo non fosse ancora abbastanza fake, ciascuno sopporta una storia collettiva personalme­nte e in quanto insieme.

So che tendo a ridipinger­mi la memoria, è forse per sfuggire al grigiore di questi tempi cupi e decisament­e deprimenti, devo sempre modificare qualcosa, quasi niente, ma è evidente che penso a Vladimir Jankélévit­ch che mi fa da coscienza quando dimentico la morale, al libriccino intitolato Il non-so-che e il-quasi-niente, che metto al di sopra di tutta la filosofia tedesca e di tutta la letteratur­a francese e di tutti i libri di sviluppo personale e di tutti gli stage di meditazion­e del mondo intero, bisogna dire che Jankélévit­ch è leggerissi­mo e si può portare ovunque, non è come Kant, molto più pesante e ingombrant­e, Jankélévit­ch non ingombra, è un buon compagno, spesso è con lui che passeggio nella cara città di Lione, discutiamo camminando lungo la «Penisola», diciamo piuttosto che io l’ascolto e lui parla, parla velocement­e e molto perché ha troppe idee, la sua intelligen­za è così vivace e luminosa che i passanti si scansano al no

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