Corriere della Sera - La Lettura
La vespa samurai sfida la terribile cimice cinese
Un parassitoide in campo nella lotta al flagello
Con l’arrivo in Italia della cimice marmorata asiatica si è ripetuto un noto copione. Stanchi dei pesticidi riversati a tappeto su campi e frutteti, si spera nella lotta biologica. Non c’è da contare sui predatori — uccelli insettivori, per esempio — per i quali neanche le cimici nostrane sono in testa alle preferenze, ma forse possiamo contare sull’aiuto di un parassita.
Ecco Trissolcus japonicus, la vespa samurai invocata da alcuni come il guerriero capace di liberarci dalla cimice marmorata, temuta però da altri perché capace di infliggere dolorose ferite con il suo pungiglione, o perché causa potenziale di sconvolgimenti ambientali. Come stanno le cose?
È detta samurai per ricordare la sua provenienza dal Giappone e perché speriamo che si comporti da guerriera nei confronti dell’insetto invasore, mentre è chiamata «vespa» solo per tradurre in linguaggio comune la sua appartenenza agli imenotteri: non è un insetto sociale e quello che in api e vespe è il pungiglione le serve solo per deporre le sue minuscole uova in quelle della cimice. Ogni uovo di cimice ne riceve uno di Trissolcus, dal quale si sviluppa una larva che cresce rapidamente a spese della vittima. Completata la metamorfosi, dal guscio ormai vuoto dell’uovo di cimice esce la vespina adulta, le cui dimensioni sono dell’ordine di un millimetro.
Non si tratta dunque di un predatore e nemmeno di un vero parassita. Il predatore uccide la preda per poi consumarla, tutta o in parte. Il parassita vive a spese della sua vittima, la indebolisce, ma non la uccide: domani potrà forse venire buona per la figliolanza del parassita. La vespina, invece, è un parassitoide: vive a spese di una vittima ancora viva, come farebbe un parassita, ma alla lunga finisce per distruggerla.
Sulla faccia della terra ci sono decine di migliaia di specie di parassitoidi, la maggior parte delle quali appartiene, come la vespa samurai, agli insetti imenotteri. Sono tante e diverse come tante e diverse sono le loro vittime: la maggior parte dei parassitoidi (non tutti però!) vive a spese di pochissime specie ospiti, a volte di una sola. Questa è una buona ragione per fidarsene, quando le impieghiamo nella lotta biologica, fiduciosi che non decideranno prima o poi di attaccare altre vittime, creando scompigli ambientali. Ma è anche la ragione per cui il parassitoide, da solo, non condurrà a totale scomparsa le popolazioni dell’insetto a spese del quale vive, perché — un samurai lo sa — portare all’estinzione la propria vittima sarebbe come fare harakiri.