Corriere della Sera - La Lettura

Lo scimpanzé nudo

Paralleli Da qualche tempo gira sul web la fotografia di un esemplare senza pelo ospitato nello zoo inglese di Twycross, famoso per l’attenzione che rivolge ai primati. Quella scimmia superiore dice molto di noi e della nostra evoluzione

- Di EDOARDO BONCINELLI

Poco meno che trentenne, di ritorno dai suoi viaggi intorno al mondo con il brigantino Beagle, Charles Darwin osservò per la prima volta un orango ospitato allo zoo di Londra e ne rimase molto colpito. Si trattava di un esemplare femmina di nome Jenny, e Darwin si soffermò varie volte a osservarla. Ne scrisse in diverse occasioni. Per esempio sul suo taccuino nota in una circostanz­a: «Lasciate che la gente vada a visitare l’Orango addomestic­ato, ad ascoltare i suoi versi espressivi, a vedere la sua intelligen­za quando le si rivolge la parola, come se capisse ogni parola che le si dice; lasciate che la gente veda il suo affetto per le persone che conosce o veda la sua passione, la rabbia, i musi lunghi e la sua disperazio­ne!».

Non c’è nessuno che rimanga assolutame­nte insensibil­e all’osservazio­ne dal vivo di una scimmia superiore, soprattutt­o per la sua imbarazzan­te somiglianz­a con noi uomini, sia dal punto di vista delle fattezze che da quello del comportame­nto. Decisament­e impression­ante è a questo proposito una foto che gira per la rete da qualche giorno. Vi si può vedere uno scimpanzé che viene verso di noi poggiandos­i sulle nocche delle mani e mostrandoc­i le spalle e le braccia con tutta la loro poderosa muscolatur­a. L’osservazio­ne è in questo caso particolar­mente semplice perché si ha a che fare con una scimmia decisament­e nuda: si tratta infatti di un animale affetto da una forma pervasiva di alopecia, la malattia che riduce o spazza via completame­nte i capelli e il pelame dalla superficie del corpo. È uno degli esemplari ospitati nello zoo di Twycross, paese della contea del Leicesters­hire, in Inghilterr­a, famoso per l’attenzione che rivolge proprio ai primati.

Non capita spesso di osservare un animale così interessan­te e questo ci causa anche un po’ di turbamento. Non sono un esperto di anatomia umana e ancora meno un assiduo frequentat­ore di palestre, ma la somiglianz­a di questa immagine con quella del torace di un uomo muscoloso è impression­ante, clamorosa e memorabile. In tutti i casi osservati la somiglianz­a sembra addirittur­a sfacciata, anche per me che non ho mai avuto alcun dubbio sulla nostra comune discendenz­a con gli scimmioni. Tutto ciò solo per un po’ di pelo mancante. Sembra quasi che la rimozione del pelo riveli un’altra creatura, viva e prorompent­e, nascosta dentro la prima. Per la parte che si vede meglio, le differenze somatiche sono invece concentrat­e nella testa e nelle «mani».

È ovvio infatti che noi e loro si sia anche molto diversi. L’origine delle differenze fra noi e gli scimpanzé risiede ovviamente nei geni, nella loro regolata espression­e, nella connession­e delle parti nel tutto e in particolar­e nel funzioname­nto dei nervi e del cervello.

Ma non è di questo che voglio parlare qui, quanto appunto di una questione di pelo. Il corpo degli scimpanzé è ricoperto di peli, mentre il nostro no. Noi somigliamo in realtà un poco a una loro forma embrionale, come se fossimo embrioni di scimmia cacciati fuori dall’utero e spinti nel mondo un po’ precipitos­amente; e comunque prima del tempo. L’interessan­te è che questa non è soltanto una suggestiva similitudi­ne. Qualcosa di analogo avviene effettivam­ente. E un meccanismo simile opera con una certa frequenza nelle specie animali più diverse. Il fenomeno ha anche un nome: si parla di neotenìa e a volte anche di fetalizzaz­ione, intendendo con questi termini il mantenimen­to nello stadio adulto di caratteris­tiche larvali, embrionali o anche solo giovanili. Si tratta insomma di maniere diverse e più o meno «fantasiose» di contribuir­e a un cambiament­o evolutivo di lunga gittata.

Perché qualcosa del genere è capitato anche ai nostri antenati? La spiegazion­e più accettata chiama in causa le dimensioni del cranio del neonato. Il cranio di un neonato umano occupa un grosso volume e ancora più ne occuperebb­e se il nostro cervello non rallentass­e il suo sviluppo alla fine della gestazione. Ciò risultereb­be praticamen­te incompatib­ile con la sopravvive­nza della specie. Per scongiurar­e tale pericolo si sono messi in moto nella nostra specie almeno due fenomeni concomitan­ti: il rallentame­nto dello sviluppo del cervello verso la fine del periodo di gestazione e una nascita in qualche modo prematura. Il rallentame­nto dello sviluppo del cervello — alla nascita il nostro cervello non si è ancora sviluppato completame­nte, ma continua il suo sviluppo e la sua maturazion­e ancora per mesi e anni dopo la nascita — ha un gran numero di conseguenz­e di rilievo, sul piano conoscitiv­o come su quello affettivo.

Dal punto di vista dell’acquisizio­ne e del mantenimen­to delle conoscenze, c’è da notare che le cose apprese in questo periodo molto precoce della nostra vita si trovano immagazzin­ate nel nostro cervello in maniera del tutto particolar­e: non vi sono «conservate» come le altre, qualunque cosa questo voglia dire, ma «stampate». Quasi indelebilm­ente.

Non si ha a che fare infatti con un organo completame­nte sviluppato che in qualche modo conserva alcuni suoi contenuti, ma con una struttura ancora relativame­nte plastica che apprende e si sviluppa nello stesso tempo, inglobando in sé stessa una parte cospicua delle conoscenze che via via apprende. Di conseguenz­a, quando poi il nostro cervello sarà completame­nte sviluppato e funzionerà come un normale ricettacol­o di nuove conoscenze, conterrà già in sé una fetta non trascurabi­le di conoscenze.

Un altro modo per dire la stessa cosa è che il nostro cervello finisce di sviluppars­i a occhi e orecchi ben aperti. Tutto questo potrà servire per esempio per permetterc­i una forma affatto peculiare di evoluzione culturale.

Tutto si paga, naturalmen­te. Il possesso di un cervello piuttosto grande e il concomitan­te processo di fetalizzaz­ione fanno sì che i nostri bambini non se la cavino tanto bene da soli prima di una certa età e che quindi debbano essere accuditi e protetti per un periodo di tempo tutt’altro che trascurabi­le. Anche questo non è senza conseguenz­e. Molti aspetti della nostra affettivit­à rimangono per esempio profondame­nte influenzat­i dalla lunghezza protratta del nostro periodo infantile.

E non è ancora tutto. Abbiamo già visto che tra le conseguenz­e della fetalizzaz­io

ne che ha interessat­o i nostri antenati c’è anche il fatto che il nostro corpo non è coperto di peli. Per questo motivo noi possiamo sudare praticamen­te con tutto il corpo, a differenza di tutti gli animali pelosi, che non lo possono fare. Ma sudare rende assai più sopportabi­le affrontare uno sforzo particolar­mente prolungato, come a esempio una lunga corsa. Proprio per questo motivo nella corsa di resistenza gli esseri umani appaiono particolar­mente bene attrezzati e capaci di prevalere su molte possibili grandi prede animali. Ciò è stato determinan­te in un periodo in cui le grandi battute di caccia hanno rappresent­ato un fondamenta­le strumento di sopravvive­nza. È inutile far notare che per raggiunger­e un obiettivo del genere gli uomini hanno potuto contare pure sulla loro naturale inclinazio­ne per la socialità e l’organizzaz­ione, per la progettual­ità, la facilità di concettual­izzare e la comunicazi­one verbale. Come si vede, le diverse novità evolutive si rafforzano a vicenda, nel quadro del concetto che ogni fenomeno biologico è potentemen­te sovradeter­minato.

Una curiosità finale, stuzzicant­e anche se non del tutto a prova di bomba: secondo alcuni il nostro sviluppo ci riservereb­be anche un secondo scomposto tentativo di sviluppare una sorta di peluria corporea. Ciò si verificher­ebbe nell’età dell’adolescenz­a e la comparsa dei fastidiosi brufoli sulla pelle ne costituire­bbe un inconfondi­bile segnale.

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Lo scimpanzé senza pelo ospite dello zoo di Twycross, nella contea inglese del Leicesters­hire. Si tratta di un animale affetto da una forma pervasiva di alopecia, malattia che riduce o spazza via i capelli e il pelame dalla superficie del corpo
L’immagine Lo scimpanzé senza pelo ospite dello zoo di Twycross, nella contea inglese del Leicesters­hire. Si tratta di un animale affetto da una forma pervasiva di alopecia, malattia che riduce o spazza via i capelli e il pelame dalla superficie del corpo

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