Corriere della Sera - La Lettura
La capitale capitalista va dove la porta il gatto
L’esordiente Grigorij Služitel’ riesce con «Il mondo secondo Savelij» a rinnovare il genere, o sottogenere, dei romanzi dove il protagonista è un felino. Il risultato è uno sguardo penetrante su Mosca, città lontana dall’oleografia
Quando sei anche un editor e vagli un migliaio di manoscritti l’anno, ti accorgi di alcuni motivi ricorrenti: tra le tipologie di romanzo più spesso tentate dagli aspiranti con risultati adir poco ingenui, figura quella che vede protagonista un cane o un gatto (quando non maialini e gabbiani, chiari epigoni dei noti Babe e Jonathan). La verità, infatti, è che realizzare un buon libro con un protagonista non umano è difficile: per cominciare, si tratta un filone molto più antico del romanzo, visto che lo si può far risalire a Esopo; è poi un ambito in cui si deve restare in buon equilibrio tra la proiezione dell’io umano su quello animale e la necessità di rendere realisticamente quest’ultimo.
Questo senza dimenticare che l’animale, in quanto «altro» per eccellenza, e quindi specchio distorcente capace di rivelare dettagli inattesi sulla natura umana, conduce in campi quali il racconto morale (come in Esopo o nel suo emulo Fedro), l’allegoria ( La fattoria degli animali di George Orwell), la satira ( Cuore di cane di Michail Bulgakov) e il fantastico ( La collina dei conigli di Richard Adams), che pure vanno considerati.
Così, la «letteratura animale» resta un genere tentato da molti ma portato a buon compimento da pochissimi (se si dovesse trovare un esempio italiano recente, forse l’unico sarebbe Discorso fatto agli uomini dalla specie impermanente dei cammelli polari di Giuseppe Genna, Duepunti, 2010). Certo, c’è il catalogo Garzanti, dove Alfie, Il gatto che aggiustava i cuori (e che insegnava a essere felici) dell’inglese Rachel Wells pare aver rubato una bella fetta di palcoscenico a Pier Paolo Pasolini, ma se dalla narrativa di consumo ci si sposta alla dimensione prettamente letteraria, ecco che i titoli non abbondano, specie se si escludono le allegorie «pure».
Tocca tornare al 1905 di Io sono un gatto di Natsume Soseki o al 1906 dello Zanna bianca di Jack London per trovare una maestria sufficiente a realizzare il transfert nella mente animale senza finire nel mieloso. Questo, almeno, fino a oggi, dato che per la collana «Gli Altri» di Francesco Brioschi Editore arriva Il mondo secondo Savelij dello scrittore, attore e musicista russo Grigorij Služitel’, classe 1983, già finalista del Big Book Award.
Il protagonista, il cui nome scopriamo fin dal titolo, è infatti un gatto, e nelle 300 pagine del romanzo si raccontano, dal suo punto di vista (salvo una breve parentesi «umana»), quelli che possono plausibilmente essere gli eventi capitati a un felino domestico che ha avuto una vita un po’ più avventurosa della media: la nascita, l’adattamento a una nuova casa, l’im
previsto, la fuga, le sperimentazioni con erba gatta e valeriana, l’amore (nonostante il nostro sia castrato e, a quanto pare, felice di esserlo), la morte degli amici, fino alla scoperta di certe nuove fissazioni degli umani, come i cat cafè.
Siamo, quindi, in epoca moderna, e la Mosca «vista dal basso» del Mondo se
condo Savelij è quella capitalista, lontana sia dall’oleografia, sia dai memorabilia sovietici («a destra si ergeva il monastero di Sant’Andronico», racconta Savelij, e «in basso scorreva la Jauza; a sinistra, nella nebbia mattutina che copriva Mosca, si faceva avanti la famiglia, non ancora al completo, dei grattacieli della City. Refrattarie e ignifughe, le torri riflettevano colori cangianti come una pelle di serpente, si avvolgevano come spirali di Dna, sembravano tubetti giganteschi tesi verso il cielo») e tuttavia non priva di echi dai classici: «Mentre dava da mangiare agli uccelli — racconta il nostro gatto in un altro squarcio del volume — il signore recitava dei versi con voce nasale. Mi sembra che fosse Puškin: E a lungo mi amerà il popolo mio... Sul ponte sferragliava un treno regionale. Lampeggiavano nelle cornici dei finestrini le sagome scure di chi stava andando alla casa in campagna, quelle dei migranti, dei poliziotti, dei pensionati e dei semplici moscoviti tormentati dai postumi della sbornia e dall’insopportabile puzza di bruciato delle torbiere».
Non c’è del resto miglior flâneur di un gatto vagabondo, e Služitel’ è abile a utilizzare il punto di vista di Savelij per vagare per il nostro mondo e raccontarcelo con occhi dotati di rinnovata ingenuità. Un’urgenza probabilmente ancora più pressante per un narratore russo, sia pure molto dotato tecnicamente: se negli Stati Uniti, dopo i fasti romanzeschi del secondo Novecento, si comincia a virare verso una letteratura «a vocazione minoritaria», tale processo è in atto da tempo per la letteratura russa, che i suoi maggiori fasti li ha vissuti assai prima, e Il
mondo secondo Savelij ben si inserisce nel nuovo filone di «piccoli grandi romanzi russi», come La giornata di un
opricnik di Vladimir Sorokin o Il peccato di Zachar Prilepin, il cui capostipite ideale è lo stralunato Mosca- Petuškì di Venedikt Erofeev; e se l’uscita di un così buon romanzo a tema felino porterà a un ulteriore aumento dei manoscritti con animali protagonisti, ce ne faremo una ragione, ricordando con affetto le avventure del buon Savelij.