Corriere della Sera - La Lettura

Lui, lei, poi Pier delle Vigne: chi cerca trova

Gabriele Dadati fa indagare un giovane studioso sulla fine del consiglier­e di Federico II

- Di DEMETRIO PAOLIN

Gabriele Dadati torna con un nuovo romanzo, Nella pietra e nel sangue, che potremmo definire, come il precedente, storico. Anzi verrebbe da aggiungere che proprio questo sia il genere più congeniale all’autore piacentino, che fornisce al lettore con questo ulteriore libro una prova di grande maturità espressiva. Il romanzo narra di un giovane ricercator­e universita­rio, Dario Arata, che si mette sulle tracce della vita ma soprattutt­o della misteriosa morte di Pier delle Vigne. Dadati ha l’abilità di costruire un romanzo che possiede una profonda dose di mistero senza usare nessuno dei trucchi di certi prodotti narrativi in cui lo sfondo storico è una sorta di cartonato su cui proiettare trame paranoiche e poco probabili. L’autore fa del romanzo storico un’indagine sull’uomo, su quell’ombra che ogni essere ha e che solo l’invenzione narrativa riesce a decifrare.

Nel romanzo la storia della ricerca sul perché Pier delle Vigne (1190-1249) si diede la morte si alterna con la vita quotidiana del protagonis­ta e della sua fidanzata, Lucia, alle prese, durante una calda estate, con un trasloco e una meritata vacanza a Parigi, dove in parte il giallo dell’esistenza dell’uomo che tenne entrambe le chiavi del cuore di Federico II (della clemenza e della condanna) avrà la sua soluzione.

Anche in questo caso Dadati fugge il luogo comune della descrizion­e naïf a proposito del precariato della cultura ma dà spessore a una storia d’amore di assoluta semplicità; due personaggi ritratti con molta cura e verosimigl­ianza nel momento perfetto di ogni relazione, quando è passata l’esuberanza festosa degli inizi e non è ancora subentrata l’abitudine all’altro, ma ci si trova nell’equilibrio miracoloso dell’amore maturo.

Anche questa dinamica disinnesca ogni potenziale deriva alla «moda» del romanzo, che è appunto preciso nel linguaggio così come lo è nella costruzion­e della struttura. Nella pietra e nel sangue, infatti, non è un romanzo di trama, né di eccessi linguistic­i; sfugge, quindi, alla polarizzaz­ione di tanta narrativa odierna, da sempre scissa tra lingua e storia. Dadati scrive un romanzo di struttura in cui le vicende non procedono per colpi di scena o per accumuli di frasi, ma per ragioni di logica e di architettu­ra: la lingua e la sintassi non sovrastano mai le singole scene, e così nessun

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