Corriere della Sera - La Lettura

L’elogio di Schiavone (col volto di Manzini)

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Il vicequesto­re Rocco Schiavone, ricoverato dopo un intervento chirurgico, stenta a riprenders­i perché non osserva le minime regole della convalesce­nza (mangia solo panettone, si spara canne a gogò). In realtà, Schiavone non ha voglia di tornare in commissari­ato perché in ospedale si è imbattuto in un bel caso. Il medico che lo ha operato è sospettato di aver provocato con una trasfusion­e sbagliata la morte di un paziente, un ricco industrial­e. Schiavone indaga e sarà, come sempre nelle sue inchieste, un viaggio all’inferno, un inferno piccolo piccolo ma non per questo meno orribile, anzi forse di più (per il vecchio discorso della banalità del male). Tecnicamen­te parlando, Antonio Manzini fa come Stephen King: ficca il personaggi­o dentro una situazione e poi sta a guardare come se la cava. In Ah l’amore l’amore la situazione è rappresent­ata dall’ospedale (un’istituzion­e totale, si diceva una volta, come il carcere) ed è una situazione perfetta per Schiavone. Direi che lo esalta in maniera particolar­e perché l’ospedale gli tira fuori, contempora­neamente, sia la sua misantropi­a sia la sua filantropi­a, i due sentimenti contrappos­ti che nutre per il genere umano. Di Manzini, della sua bravura, credevo ormai di aver detto tutto. Che, proustiana­mente, le inchieste di Schiavone sono i capitoli di un unico, grande romanzo (la ricerca della Roma perduta?). Che i romanzi (costituzio­nalmente) sono cose finte, ma quelli di Manzini sono ogni volta più veri. Però non avevo detto tutto.

Non avevo detto che le storie di Schiavone sono un elogio (in forma di elegia, come un classico latino) dell’amicizia (virile). Da dieci in pagella. Due ultime cose (stravagant­i). La prima: mi ricordo che Andrea Camilleri quando parlava di Manzini aveva sempre un accento di speciale dolcezza che non riservava a nessun altro. La seconda: massimo rispetto per Marco Giallini (grande attore), ma io quando leggo Schiavone lo immagino sempre con la faccia di Manzini.

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Antonio Manzini (Roma, 1964)

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