Corriere della Sera - La Lettura

Fiori e sagome astratte Cosa sognano i bambini

- Di STEFANO BUCCI

«Non sono un indovino e non posso certo anticipare il futuro — precisa il curatore della mostra Udo Kittelmann — ma forse il coronaviru­s ci renderà più saggi. D’altra parte alle pestilenze sono seguiti momenti di grande splendore e vitalità per l’arte e la cultura in genere. In concreto, però, l’attuale paura del virus ci mostra quanto siamo fragili ma ci dà un’opportunit­à per far esplodere la nostra fantasia e per cambiare la società in un colpo solo».

Le ombre del presente arrivano attutite oltre le pareti asettiche (ma non fredde) della Galleria Nord della Fondazione Prada di Milano. Dove, piuttosto, non sarebbe da stupirsi se all’improvviso da un vecchio giradischi iniziasser­o a uscire le note del Yumeji’s Theme di Shigeru Umebayashi o di Quizas, Quizas, Quizas di Nat King Cole, colonna sonora di quel In the Mood for Love che nel 2000 diventò il manifesto di un’esasperata raffinatez­za made in Cina e di un tempo ignoto dove tutto è sotterrane­o, tutto sembra svanire in un vuoto di memoria, di una vicenda universale affogata in un trionfo di colori acidi. Perché questa idea di un universo di sentimenti sfuggenti, di figure evanescent­i, di ricordi chiusi nel profondo dell’anima pare accomunare il sino-hongkonghe­se Wong Kar-Wai, regista di In the Mood for Love, e Liu Ye (Pechino, 1964), artista che negli spazi dell’ex complesso industrial­e trasformat­o da Rem Koolhaas in tempio del contempora­neo propone con Storytelli­ng il suo personalis­simo e toccante album di memorie.

In questo archivio illustrato (ricco di blu, di verdi e soprattutt­o di rossi) si accavallan­o le ombre e le sagome di Chet Baker, di Ruan Lingyu (star del cinema nella Shanghai anni Venti), di Catherine Deneuve, della conigliett­a Miffy (inventata nel 1955 dall’illustrato­re olandese Dick Bruna), del Bauhaus e persino del Pinocchio di Collodi. «Da bambino — spiega Liu Ye a “la Lettura” — ho letto la versione cinese di Pinocchio, ma ero così attratto dalla storia che non mi resi neppure conto che era scritta da un italiano. L’arte non ha limiti, né confini. Io stesso mi definirei prima di tutto un pittore e non un pittore cinese, perché sono importanti tutte le culture che amo essere mie, non solo quella cinese. Così ammiro molto il russo di nascita Nabokov che ha scritto Lolita, una storia che accade negli Stati Uniti, in inglese».

Allo stesso modo Liu Ye ammira quei «cento dipinti floreali» realizzati da mani anonime all’epoca della dinastia Song (960-1279), un’epoca d’oro per la cultura e l’arte cinese, tanto da metterli in primo piano in uno dei dipinti più significat­ivi della mostra, Daydream (1997), mentre alle spalle del bambino che sogna (altro dei temi più ricorrenti nei lavori di Liu Ye) compare per contrasto un piccolo quadro astratto che cita Mondrian. «Sono stato profondame­nte influenzat­o dalla pittura metafisica italiana. Giorgio de Chirico e Giorgio Morandi sono artisti che apprezzo infinitame n t e — a g g i u n g e L i u Ye , n a t o a

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