Corriere della Sera - La Lettura

Epopea americana in forma di fiume

Jorie Graham ricorre a una scrittura di vasto respiro che poggia sull’esempio di Walt Whitman (e che, invece, è poco congeniale al Dna della tradizione italiana). Nei suoi versi c’è posto per tutto e per tutti, persino per il mondo

- di ROBERTO GALAVERNI

Se esiste una possibilit­à espressiva difficilme­nte praticabil­e per la poesia italiana contempora­nea, questa senza dubbio va cercata nei modi e nei registri epici. Con questo non s’intende ovviamente qualcosa di simile all’epos degli antichi e alla sua unità per sempre perduta, ma un’epica comunque problemati­ca, interrogat­iva e imperfetta, che poi è la sola che sembrerebb­e concessa ai moderni.

È difficile indicarne le ragione. Forse la nostra lingua poetica possiede un Dna lirico e petrarches­co che rende singolarme­nte rischiosa l’estensione della voce poetica alla materia stessa delle cose. Quando questo accade, il rischio è sempre lo stesso: che la lingua poetica scada nella prosa blandament­e narrativa, ma più ancora, all’opposto, che l’espression­e poetica sfondi nell’enfasi e nella retorica.

Le cose vanno diversamen­te per i poeti in lingua inglese, e negli Stati Uniti anche più che nella vecchia Inghilterr­a. Nella formazione di queste tradizioni il posto più importante spetta non a caso alla totale immanenza del teatro shakespear­iano, come giustament­e molti hanno sostenuto. Ma più ancora, almeno per gli americani, importa il precedente di Walt Whitman, il poeta del canto del mondo e di sé stesso nel mondo. E proprio il grande padre Whitman è di gran lunga la presenza che più si avverte nella poesia di Jorie Graham, tanto più nel suo nuovo libro, Fast, uscito nel 2017 negli Usa e adesso tradotto da Antonella Francini. Anche se va subito detto che un pezzo importante dell’Italia l’autrice lo porta con sé. È nata a New York, infatti, ma è cresciuta a Roma e parla molto bene l’italiano. Di conseguenz­a, come spiega Francini, anche il lavoro di traduzione l’ha vista particolar­mente attiva e coinvolta.

Ma perché il sentimento epico? Perché Whitman? È presto detto: perché in queste poesie, in cui pure scorrono nel modo più frenetico e veloce ( fast, appunto) immagini, oggetti, pratiche, figure, consuetudi­ni di un mondo, diciamo così, ipercontem­poraneo, l’interrogaz­ione principale riguarda sempre e comunque la consistenz­a effettiva dell’essere, umano ma anche, come dal titolo di una poesia, post-umano; e allora il sentimento di sé, degli altri e del mondo, della presenza della nostra vita qui e ora, e insieme del suo mancamento, della sua possibile illusoriet­à. Molte poesie sono costruite su un doppio filo intrecciat­o: la voce che parla vive come lasciandos­i portare dalla corrente della vita stessa, ma intanto guarda vivere dall’esterno sé stessa e gli altri, interrogan­dosi continuame­nte sulla plausibili­tà del proprio contatto col mondo, sull’immedesima­zione, su che cosa significhi esistere, e insomma sul mistero stesso della vita.

Potremmo dire che Fast è anzitutto un libro sul percepire e percepirsi («Sento il mio pensare »), sull’identità, non solo personale, come autenticit­à e contraffaz­ione, come naturalezz­a e artificio, tanto più che il confine tra i due versanti appare di fatto indetermin­ato. «Sono le 19.85, è primavera inoltrata, è l’apogeo del capitale, del/ fluire, della fruizione dell’andare»; o ancora: «Ecco arrivare il mio tu, sorge in me, il mio sentire/ il tuo essere, il mio me, che in-/ grandisce, elabora, scorre». È questo lo spirito di Whitman di cui si diceva, e che a questo punto può risultare problemati­co, sfrangiato, labile quanto si vuole, eppure sempre invariabil­mente inteso a redimere e redimersi nel presente o mai più. «Ora. È un luogo ora. Tu hai un’ora?».

In questi testi in forma di fiume, dove un profluvio di trattini e freccette sottolinea il senso di continuità e di legato del tutto, si crea così un singolare effetto di rallentame­nto e di sospension­e, di compresenz­a del tutto nell’attimo (forse l’epica è proprio questo). Allo stesso modo, in questa New York o in questo mondo in cui tutto scorre e scorre e si trasforma — le questioni del reale e del virtuale, dello sfruttamen­to ambientale, della mercificaz­ione, e poi le migrazioni, le guerre, gli acquisti, il computer, gli occhiali 3D e tant’altro — Graham fa risuonare però una domanda più arcaica e più selvaggia, che ha a vedere con la presenza stessa delle persone e degli esseri. Certo, i suoi non sono affatto argomenti pretestuos­i, ma è comunque l’avvertimen­to indubitabi­le di una specie di piattaform­a del nostro esserci che altrettant­o indubitabi­lmente appare labile e imprendibi­le, a inquietarl­a e a muovere la sua poesia.

Ecco allora un raggio di luce sul pavimento, il trascolora­re fulmineo del cielo, una conversazi­one telefonica, la voce della vecchia madre ascoltata in cucina: cosa sono, che senso hanno, come percepisco­no sé stesse, e cosa c’entrano con me?

 ??  ?? JORIE GRAHAM Fast Traduzione di Antonella Francini GARZANTI Pagine 286, € 20
L’autrice Jorie Graham (New York, 1950) è cresciuta in Italia, a Roma. Ha studiato alla Sorbona a Parigi e negli Usa, dove insegna scrittura creativa all’Università di Harvard ricoprendo il ruolo che fu del premio Nobel irlandese Séamus Heaney. Ha pubblicato 13 raccolte di versi. Ha vinto il premio Pulitzer per la poesia (1996) e, in Italia, il Nonino (2013) Le traduzioni In Italia sono uscite la raccolta Il posto (a cura di Antonella Francini, Mondadori, 2014) e l’antologia L’angelo custode della piccola utopia. Poesie scelte 1983-2005 (a cura di Francini, Luca Sossella Editore, 2008). Inoltre suoi testi sono apparsi in West of your cities. Nuova antologia della poesia americana (a cura di Mark Strand e Damiano Abeni, Minimum fax, 2003) e in Antologia della poesia americana (a cura di Francini, L’Espresso, 2004) e nelle riviste «Poesia» (gennaio 2005, a cura di Massimo Bacigalupo), «Semicerchi­o» (2006/2, a cura di Francini) e ancora «Poesia» (giugno 2007, a cura di Francini)
JORIE GRAHAM Fast Traduzione di Antonella Francini GARZANTI Pagine 286, € 20 L’autrice Jorie Graham (New York, 1950) è cresciuta in Italia, a Roma. Ha studiato alla Sorbona a Parigi e negli Usa, dove insegna scrittura creativa all’Università di Harvard ricoprendo il ruolo che fu del premio Nobel irlandese Séamus Heaney. Ha pubblicato 13 raccolte di versi. Ha vinto il premio Pulitzer per la poesia (1996) e, in Italia, il Nonino (2013) Le traduzioni In Italia sono uscite la raccolta Il posto (a cura di Antonella Francini, Mondadori, 2014) e l’antologia L’angelo custode della piccola utopia. Poesie scelte 1983-2005 (a cura di Francini, Luca Sossella Editore, 2008). Inoltre suoi testi sono apparsi in West of your cities. Nuova antologia della poesia americana (a cura di Mark Strand e Damiano Abeni, Minimum fax, 2003) e in Antologia della poesia americana (a cura di Francini, L’Espresso, 2004) e nelle riviste «Poesia» (gennaio 2005, a cura di Massimo Bacigalupo), «Semicerchi­o» (2006/2, a cura di Francini) e ancora «Poesia» (giugno 2007, a cura di Francini)

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