Corriere della Sera - La Lettura
Non solo «del diavolo» Tutti gli altri trilli di Tartini
Il 26 febbraio di 250 anni fa moriva il grande compositore e violinista al quale Pirano, sua città natale (oggi in Slovenia), dedica una riscoperta e un lungo omaggio
La luce del sole invernale riflessa dalla superficie immobile dell’Adriatico, con le nuvole basse che pattugliano l’orizzonte, è accecante. Lasciamo Trieste, la abbandoniamo negli specchi retrovisori del pullman, per dirigerci oltreconfine, in Slovenia. A Pirano, antico borgo marino, sonnecchiante fuori stagione e sovraffollato nei mesi estivi. Ma Pirano per noi ha un significato diverso. È il luogo che l’8 aprile 1692 diede i natali a uno dei musicisti del nostro passato remoto più originali e misteriosi. È Giuseppe Tartini, noto (ingiustamente) quasi soltanto per Il trillo del diavolo, breve (dura circa 15 minuti) ma intensissima composizione virtuosistica, che secondo una leggenda gli sarebbe stata dettata da Belzebù in persona durante un sogno. Con questa partitura, che tecnicamente è una Sonata per violino e basso continuo in sol minore, si sono misurati in tanti, ma nell’immaginario la versione che ne diede Fritz Kreisler (1875-1962) rimane insuperata, per ispirazione e abbellimenti: un’interpretazione in grado di trasformare il brano in una vertigine sonora.
Tartini però è molto altro. Violinista virtuoso, compositore visionario, a modo suo geniale, sopraffino didatta, rincorso da studenti di mezza Europa (nel 1728 fondò a Padova la Scuola delle Nazioni), apristrada di Franz Joseph Haydn, accanito mangiatore di cioccolata, appassionato spadaccino al punto di voler diventare maestro d’armi, studioso della fisica del suono (in generale manifestò un grande interesse per le speculazioni teoriche), spesso assalito da pensieri sui debiti, infine un poco misogino e forse anche non amato troppo dai suoi ritrattisti che sembra non abbiano mai provato a renderlo almeno simpatico.
Viene da chiedersi: ma davvero si può chiudere un musicista soltanto dentro una composizione, come è accaduto per secoli con Tartini e Il trillo del diavolo? Sarebbe come dire che Ludwig van Beethoven è solo la sua quinta Sinfonia in do minore, Igor Stravinskij La sagra della primavera, Antonín Dvorák la nona Sinfonia «Dal nuovo mondo» in mi minore, Arnold Schoenberg la Verklärte Nacht, Claude Debussy La mer o Gustav Mahler l’Adagietto della quinta Sinfonia. La risposta ovviamente è: no, non si può.
È quello che, in sintesi, si sono detti e ripetuti gli ideatori dell’ampio e articolatissimo progetto discovertartini.eu (si snoderà fino al febbraio 2021, in più declinazioni, che dalla musica portano al turismo culturale), creato con grandi sinergie in occasione dei 250 anni dalla morte del compositore, sopraggiunta a Padova il 26 febbraio 1770 (nello stesso anno in cui nacque Beethoven) e che coinvolge la città veneta, poi Trieste e il suo Conservatorio (a lui intestato e che vanta il primato del maggior numero di studenti stranieri in Italia) e naturalmente la nativa Pirano, dove la comunità italiana si sta impegnando con contagioso entusiasmo. Il sito si chiama discovertartini.eu (scoprire Tartini) perché davvero, nonostante la fama che il musicista ebbe all’epoca (quanto Arcangelo Corelli e Antonio
Vivaldi) e postuma (pensiamo anche alla sua riscoperta nel corso dell’Ottocento, soprattutto dal punto di vista virtuosistico della sua scrittura, E. T. A. Hoffman gli dedicò fra l’altro uno splendido racconto, L’allievo di Tartini, pubblicato in Italia da Passigli) rimane un musicista enigmatico, ancora da scoprire.
A togliere metaforicamente le ragnatele, da un punto di vista musicologico, e a presentarlo sotto una luce nuova e soprattutto nella sua interezza e complessità, si sono messi due docenti del Conservatorio di Trieste, Margherita Canale e Paolo Da Col, che è anche musicista attivo su più fronti. Tartini scoprì e mise in evidenza anche il Terzo suono, che è un’illusione sonora, un fenomeno acustico naturale che riguarda la percezione degli armonici del suono. Detta molto semplicisticamente, suonando un bicordo a intervallo di quinta si ottiene allo stesso tempo un terzo suono, più grave. «Tartini stesso — spiega Canale a “la Lettura” — lo afferma in una lettera: “Nel 1714 lo scopersi e dal 1721 lo comunicai alle professioni musicali (...), dal 1742 ho cominciato a farne regola e uso generale per i miei scolari”». Ma a lui si deve anche la modifica della tecnica dell’archetto del violino. A Pirano il nome di Tartini è come un fantasma che si aggira e avvolge tutto, inerpicandosi giù per le vie, fino al mare. La piazza centrale dove domina la sua statua realizzata nel 1896 da Antonio Dal Zotto, porta il suo nome. A due passi ci si trova di fronte a Casa Tartini, museo con carteggi e altri documenti che attestano una febbrile attività. All’ultimo piano è conservato un suo violino, firmato dal bolognese Nicolò Amati tra il
1715 e il 1725, uno dei tre che Tartini lasciò con testamento alla famiglia. Viene fatto regolarmente suonare in concerto. Per tenerlo in vita e lasciare riecheggiare i suoni del maestro.