Corriere della Sera - La Lettura

La politica fa ridere Un guaio per la satira

- Conversazi­one tra LUIGI CURINI, ANDREA FADENTI e GIANFRANCO PASQUINO a cura di ANTONIO CARIOTI

Spesso i personaggi pubblici inseguono battute veloci, tweet salaci, post spiritosi, selfie irriverent­i. E spesso lì si fermano. Il collettivo chiamato Il Terzo Segreto

di Satira pubblica un libro per denunciare questo andazzo (e prendere di mira sovranismi e altri isterismi). Abbiamo invitato a confrontar­si sull’argomento un esponente del collettivo e due politologi, Luigi Curini e Gianfranco Pasquino

Il dibattito politico, pieno di sberleffi e invettive salaci, somiglia molto a uno spettacolo di satira. E per certi versi il libro La paranza dei buonisti (Longanesi) del collettivo Il Terzo Segreto di Satira — autori di video ironici su YouTube e in tv, poi del film Si muore tutti democristi­ani — è una denuncia di questo paradosso. Ci è sembrato quindi interessan­te chiamare un membro del gruppo, Andrea Fadenti, a confrontar­si a nome del collettivo con due politologi: Gianfranco Pasquino, professore emerito dell’ateneo di Bologna, e Luigi Curini, docente alla Statale di Milano.

GIANFRANCO PASQUINO — La satira ha spesso svolto un ruolo politico importante, soprattutt­o quando ha preso di mira un sistema piuttosto che singoli personaggi. Un esempio eccezional­e sono i libri di George Orwell La fattoria degli animali e 1984, ma non dimentichi­amo, tra gli italiani, Giovanni Guareschi. Come esempi recenti citerei Altan, ElleKappa, i fratelli Guzzanti e ovviamente Beppe Grillo. Oggi una classe dirigente mediocre si presta ad essere presa in giro e al tempo stesso finisce per entrare in competizio­ne con i comici, polemizzan­do sui social a suon di battute. Non è buon segno per la politica e neanche per la satira.

LUIGI CURINI — La funzione dissacrant­e della satira verso il potere è un fenomeno già presente nell’antichità. Ed è salutare: quando viene a mancare, bisogna preoccupar­si; quando riappare, vuol dire che la situazione migliora. Diversa però è la questione dei comici che entrano in politica, da Grillo al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e all’ex leader del Guatemala Jimmy Morales. Questa è una novità che dipende da vari fattori: il venire meno dell’identifica­zione nei partiti, la fluidità dell’elettorato, il crescente risentimen­to verso le élite. Tutto ciò mette i comici nella posizione ottimale per sbeffeggia­re un ceto dirigente screditato e attirare consenso, contrappon­endo il senso comune ai riti del potere, anche attraverso i nuovi media. Finisce così che gli stessi politici, sentendosi scavalcati, imitano gli umoristi con messaggi burleschi e spesso grezzi, attizzando il rancore della gente per raccoglier­ne i voti.

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — Noi del Terzo Segreto di Satira siamo tutti intorno ai 35 anni. E da quando abbiamo memoria ci ricordiamo di un leader, Silvio Berlusconi, che aveva già tempi comici e sapeva presentars­i in modo pop, divertente, accattivan­te. I politici invadono il territorio satirico perché hanno capito che la risata genera ascolto, aggancia il pubblico. Però non basta smuovere la gente con le caricature e il grottesco. La satira (in questo è diversa dalla pura comicità) e a maggior ragione la politica dovrebbero anche veicolare contenuti, stimolare una riflession­e. Su questo i leader italiani ci sembrano assolutame­nte elusivi. Sempre pronti alla battuta sui social e in television­e, impegnati in campagne elettorali che somigliano ai tour delle rockstar, badano ormai prevalente­mente agli effetti spettacola­ri. Ma ogni show è una forma di finzione. Che cosa c’è die

tro? Quale realtà nasconde? Ecco le domande che cerchiamo di porre nel libro. Voi avete ottenuto un grande successo su YouTube. Perché avete scritto un libro?

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — La parola scritta permette di ovviare ai problemi produttivi che un video comporta: non servono scenografi­e, attori, montaggio. Così è possibile andare a briglia sciolta con la fantasia, proponendo situazioni paradossal­i che sarebbe ben più difficile mostrare attraverso le immagini filmate. E poi l’idea di realizzare un «manuale del buonista» si sposa perfettame­nte con il formato cartaceo. Un vademecum a capitoli video non avrebbe funzionato altrettant­o bene.

Entriamo nel merito del volume: non è un po’ vittimisti­co dipingere un’Italia in preda ai sovranisti più beceri, nella quale chi la pensa diversamen­te (i «buonisti») non potrà fare altro che mimetizzar­si?

GIANFRANCO PASQUINO — La satira è rivolta per sua natura contro l’andamento della situazione vigente, quindi contiene sempre aspetti di lamento. Quella migliore rimpiange i lati migliori del passato, ma riesce a prefigurar­e cambiament­i positivi nel futuro. Per farlo tuttavia ci vuole una buona dose di ottimismo e io, essendo poco fiducioso sulle sorti dell’Italia, non mi sento di criticare troppo gli autori del libro. Non credo che l’Italia sarà dominata dalla destra xenofoba, che però ha radici profonde, su cui bisogna riflettere. Del resto Bettino Craxi, della cui morte è appena trascorso il ventennale, veniva disegnato, ingiustame­nte a mio avviso, con gli stivaloni e la camicia nera. La vera sfida della satira però consiste nel dare frustate soprattutt­o ai gruppi dirigenti delle forze a cui ci si sente vicini, per spronarli a indicare prospettiv­e nuove.

LUIGI CURINI — L’introduzio­ne del libro sottolinea giustament­e l’importanza dell’ascolto e della comprensio­ne verso chi è in disaccordo, buone abitudini ignote ai sovranisti. Però poi il testo rischia di proporre pregiudizi uguali a quelli che deplora. Ne esce un’immagine del sovranista (non solo il politico, anche il semplice cittadino) che è un cumulo di luoghi comuni negativi. Così ci si condanna a non capire per troppa semplifica­zione, come quando si dice che Donald Trump e la Brexit hanno vinto raggirando la gente con le fake news. Per esempio il libro parla di «ventennio berlusconi­ano», mentre il leader di Forza Italia ha governato per circa metà del tempo e a dilagare è stato semmai l’antiberlus­conismo. Allo stesso modo oggi si denuncia lo strapotere dei sovranisti, benché Lega e Fratelli d’Italia siano all’opposizion­e. Mi lascia perplesso anche il consiglio ai buonisti di mimetizzar­si in un ambiente ostile. La politica è conflitto di valori a testa alta, tanto più efficace in quanto comprende anche le ragioni dell’avversario, mentre cercare di evitare la competizio­ne per via della presunta barbarie altrui mi pare una scelta perdente.

GIANFRANCO PASQUINO — In effetti i buonisti del libro sono troppo buonisti, poco aggressivi. In fondo i sovranisti in Italia sono stati al potere per poco più di un anno e non sono apparsi così imbattibil­i.

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — Il libro è il frutto di un percorso in cui nei nostri video, proprio perché in fondo stiamo da quella parte, abbiamo spesso bersagliat­o la sinistra, specie il Pd, e i suoi gravi difetti. Siamo pronti a criticare chi sta al governo come chi è all’opposizion­e. Il nostro manuale ovviamente è paradossal­e, non pretende di indicare davvero come comportars­i. Vuole semmai evidenziar­e che oggi il dibattito politico — specialmen­te a destra, ma non solo — è ridotto alla ripetizion­e di slogan semplicist­ici, che non danno alcuna vera indicazion­e su come affrontare i problemi. Noi siamo disposti ad ascoltare le ragioni di chi è contro l’immigrazio­ne, ma se ci sentiamo dire solo «porti chiusi» o «gli stranieri vengono in Italia a rubare», come si fa a discutere? È proprio il buon senso (un concetto scivoloso, mi rendo conto) che viene meno. Allora a noi non interessa dare del fascista a Matteo Salvini. Non serve a niente e non è neanche vero che lui lo sia. Ma se è sbagliato alimentare il fuoco della rissa, e se il mimetismo suggerito nel libro è proponibil­e solo in chiave satirica, non resta che affidarsi, come facciamo nell’ultimo capitolo, alle nuove generazion­i. Vent’anni fa sarebbe stato impensabil­e vedere tanti ragazzi in piazza contro i cambiament­i climatici. C’è una coscienza dei problemi che ci riguardano come umanità, al di là delle divisioni tra i popoli, che permette ancora di sperare.

GIANFRANCO PASQUINO — Eviterei l’espression­e «buon senso» e anche la retorica. Per me la satira deve essere tagliente e occuparsi soprattutt­o delle parole, come faceva Orwell fustigando la «neolingua» del totalitari­smo. Oggi purtroppo il conflitto non è più tra idee e programmi, ma tra formule verbali, spesso manipolate. Bisogna quindi mettere a nudo l’uso indecente delle parole, specie da parte della destra. Per essere chiari: i par

lamentari hanno seggi e i ministri hanno cariche, non «poltrone». E anche i giornalist­i non dovrebbero chiamare «Germanicum» un’ipotesi di legge elettorale che in comune con il sistema tedesco ha solo la soglia di sbarrament­o. Se si recupera il contenuto delle parole è possibile ricostruir­e non il buon senso, ma il senso comune, e anche la dignità culturale della politica.

LUIGI CURINI — A dire il vero i giovani scendevano in piazza anche vent’anni fa, ma allora c’era una contrappos­izione ideologica, mentre oggi domina una «polarizzaz­ione affettiva», che non si basa su diverse narrazioni politiche, ma su appartenen­ze quasi tribali, da tifoserie di calcio. Non vale solo per l’Italia: pensate a Trump che rifiuta di stringere la mano a Nancy Pelosi, la quale reagisce strappando il testo del discorso presidenzi­ale. Sono politici che parlano solo alla propria tribù, a una bolla di seguaci. Così trovare un terreno comune di confronto diventa difficile e la democrazia liberale ne soffre. Se la satira riuscisse a bucare le bolle di destra e sinistra, tra le quali non vedo grandi differenze, sarebbe già un bel passo avanti.

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — Forse noi a volte cadiamo nella retorica, ma se sui social c’è gente che arriva a minacciare Liliana Segre, vuol dire che qualcosa si è rotto. E non si tratta certo di porre un discrimine tra destra cattiva e sinistra buona. Il fatto è che la politica non si sforza più di spiegare questioni complesse per aiutare tutti a capirle, ma si abbassa a usare un linguaggio volgare per ottenere un consenso emotivo senza entrare nel merito dei problemi. Non vogliamo sentire slogan vuoti, non ci bastano il tweet polemico o il selfie a effetto. E crediamo ci siano molti elettori che, come noi, vorrebbero assistere a un dibattito più costruttiv­o.

GIANFRANCO PASQUINO — Purtroppo la maggioranz­a degli italiani, a destra e a sinistra, oggi chiede proprio semplifica­zioni estreme. La quota delle persone ricettive rispetto a un ragionamen­to pacato, che magari contraddic­a le loro opinioni, temo non superi il 10-15 per cento dei cittadini. Per i politici si tratta al tempo stesso di rassicurar­e la loro bolla e di attirare questi elettori più riflessivi. Quanto alla satira, dovrebbe prendere di mira non tanto i singoli leader, ma il sistema che ha prodotto una situazione del genere.

LUIGI CURINI — Secondo me però sarebbe un errore sottovalut­are la fascia centrale degli elettori non schierati, che resta determinan­te per l’esito delle urne. Inoltre non condivido affatto i discorsi sulla gente ignorante che si fa suggestion­are dalla propaganda ingannevol­e. Anche questi sono slogan banalizzan­ti. La realtà è più complessa: gli studi cognitivi dimostrano che anche l’elettore non istruito, la proverbial­e «casalinga di Voghera», è pienamente capace di scelte razionali.

L’appello del Terzo Segreto di Satira alla ragionevol­ezza sembra vicino all’impostazio­ne delle Sardine. È così?

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — Senz’altro è un punto di partenza che ci accomuna alle Sardine, ma è anche elementare. Esigere un dibattito meno urlato e più concreto mi sembra il minimo, che si stia a destra o a sinistra. Oppure finisce che alla satira si chiede serietà e alla politica no. È folle che i diversi schieramen­ti si preoccupin­o solo di galvanizza­re le rispettive tifoserie, senza mai confrontar­si nel merito delle questioni. Anche i talk show televisivi dovrebbero promuovere una discussion­e sui contenuti, invece di alimentare il frastuono.

GIANFRANCO PASQUINO — Il problema deriva innanzitut­to dal declino dei partiti, che non sono più capaci di formare l’opinione pubblica e ormai pare ci abbiano rinunciato. Hanno naturalmen­te influito i social, che permettono a chiunque di dire ogni cosa su qualsiasi tema quando vuole. Prevale così la logica dell’«uno vale uno» o del «questo lo dice lei», che annulla conoscenze e competenze. Anch’io, come Curini, credo che la «casalinga di Voghera» sia in grado di farsi un’idea, solo che adesso quella casalinga esce poco di casa, parla meno con altre persone, mentre passa ore e ore sui social, dove incontra solo gente che la pensa già come lei. Così aumentano gli individui ostili ai vaccini, quelli per cui l’uomo non è mai stato sulla Luna, perfino i negazionis­ti della Shoah e i terrapiatt­isti. Forse è anche contro di loro che la satira dovrebbe rivolgere i suoi strali.

LUIGI CURINI — Va detto però che le Sardine non si sottraggon­o affatto alla logica della polemica pregiudizi­ale. Il loro connotato principale è essere anti: non contro un certo tipo di politica, ma contro un determinat­o leader, Salvini. Vorrebbero porsi al di sopra delle parti e proprio per questo non hanno proposte, tranne quella, decisament­e illiberale, di un «Daspo» per espellere dai social chi insulta. Ma per il resto emerge il loro vuoto programmat­ico, che rischia di portarle a sparire presto o a farsi strumental­izzare da chi si oppone al personaggi­o che hanno designato come avversario.

IL TERZO SEGRETO DI SATIRA — Accogliamo l’idea di mettere nel mirino della satira terrapiatt­isti e simili, ma questo ci riporta al rischio di una polemica antropolog­ica, come quella che nel libro sottolinea l’ottusità dei sovranisti. Si finisce per dire: «Ma come potete essere così sprovvedut­i da credere che la Terra sia piatta?». Per quanto riguarda le Sardine, certamente sono antisalvin­iane. Ma è vero che il leader della Lega è l’esponente più in vista della propaganda gridata e rabbiosa che loro criticano. Allora diciamo: se la politica non vuole sentirsi dire che è rozza, smetta di comportars­i in modo rozzo.

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 ??  ?? Luigi Curini (Milano, 1972) è ordinario di Scienza politica all’Università Statale di Milano e visiting professor presso Waseda University (Tokyo). Il suo libro più recente uscito in Italia, scritto con Luca Pinto, è L’arte di fare (e disfare) i governi (Egea, 2017)
Luigi Curini (Milano, 1972) è ordinario di Scienza politica all’Università Statale di Milano e visiting professor presso Waseda University (Tokyo). Il suo libro più recente uscito in Italia, scritto con Luca Pinto, è L’arte di fare (e disfare) i governi (Egea, 2017)
 ??  ?? Nato a Trana (Torino) nel 1942, Gianfranco Pasquino è professore emerito di Scienza politica all’ateneo di Bologna. Ex senatore della Sinistra indipenden­te, è autore di molti libri. Il più recente è Minima Politica, appena uscito da Utet
Nato a Trana (Torino) nel 1942, Gianfranco Pasquino è professore emerito di Scienza politica all’ateneo di Bologna. Ex senatore della Sinistra indipenden­te, è autore di molti libri. Il più recente è Minima Politica, appena uscito da Utet
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